In Pace Christi

Mencuccini Marcello

Mencuccini Marcello
Data di nascita : 04/05/1932
Luogo di nascita : Roma/I
Voti temporanei : 09/09/1957
Voti perpetui : 09/09/1960
Data ordinazione : 18/03/1961
Data decesso : 19/02/2018
Luogo decesso : Castel d'Azzano/I

Il 21 febbraio sono stati celebrati i funerali di P. Marcello Mencuccini, deceduto il 19, dopo una breve degenza ospedaliera. È morto nella sua comunità di Castel d’Azzano. Lascia un bel ricordo e la testimonianza di un missionario ben identificato con la sua vocazione comboniana. Nell’omelia, P. Renzo Piazza, superiore della comunità, lo ha ricordato così: “Marcello è morto all’inizio della Quaresima, nel giorno in cui la liturgia diceva: ‘Venite benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il Regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo perché… ero malato e mi avete visitato’. La conclusione terrena della vita di P. Marcello è stata vissuta, forse inconsapevolmente, in questo contesto di beatitudine e di benedizione. I nostri confratelli anziani hanno creato attorno a un confratello morente un piccolo ‘cammino di comunione’ secondo quanto abbiamo scelto come programma per questo sessennio”.

La formazione e i primi anni di missione

P. Marcello era nato a Roma il 4 maggio 1932. Dopo il noviziato a Gozzano, dove emise i primi voti il 9 settembre 1957, e lo scolasticato a Venegono, dove il 9 settembre 1960 emise i voti perpetui, fu ordinato sacerdote il 18 marzo 1961.

Poco più di un anno dopo fu destinato alla provincia del Brasil do Sul, dove passò circa quindici anni, prima a São Paulo, per lo studio della lingua, e poi in diverse comunità: São Mateus, São Gabriel da Palha, Vinhatico, Rio de Janeiro, Jerónimo Monteiro, Nova Venécia, di nuovo São Gabriel da Palha e São Mateus, Taguatinga e Campo Erê. Ricoprì diversi incarichi ma fu impegnato soprattutto nell’animazione missionaria, come formatore, insegnante e vice parroco. “Ho conosciuto P. Marcello in Brasile – ha scritto P. Pietro Bracelli nella sua testimonianza – dove arrivò due anni dopo di me. Il suo primo impegno fu quello di coadiutore nella parrocchia di São Mateus, sede della diocesi dove era vescovo Mons. Giuseppe Dalvit. Lavorava assieme a P. Egidio Melzani. I due erano molto affiatati sia nel lavoro che nella vita quotidiana tanto che erano chiamati ‘Cosma e Damiano’ nel ricordo dei due fratelli santi. Poi fu destinato alla formazione, nel seminario comboniano di São Gabriel da Palha. Lì lo incontrai nel 1967, per la festa dei 100 anni dell’Istituto che celebrammo assieme al seminario di Ibiraçu. Il suo rapporto con i ragazzi era di grande affabilità, favorito anche dalla capacità, che aveva, di usare espressioni giocose. È questa l’immagine che conservo di lui”.

Arriva ‘o Vigário’

Risale al tempo della sua permanenza nella comunità di São Gabriel da Palha (nello stato di Espírito Santo), l’articolo pubblicato su Nigrizia (ottobre 1967), intitolato Arriva ‘o Vigário’, in cui P. Marcello descrive la sua visita alla cappella di Campo Grande. È interessante perché dal racconto emergono i disagi, i pericoli e le fatiche della vita missionaria e la volontà di superarli per rispondere all’attesa della gente: “alcune famiglie vivono isolate, lontane da ogni via di comunicazione. Ho trovato una donna che impiega, con quattro bambini piccoli, otto ore di marcia per venire alla cappella”. Infatti, nonostante le strade pessime e i nugoli di zanzare: “i fedeli sopportano stoicamente il supplizio, picchiandosi in continuazione le gambe, le braccia, il collo e il viso. Vedono il sacerdote tre o quattro volte all’anno e sono perciò disposti a fare dei sacrifici”. Dopo la messa e i primi “contrattempi”, P. Marcello può iniziare la visita a tutte le famiglie dell’isola: “procediamo cauti per via dei cobra di cui la zona è piena… la notizia che ‘o vigário’ passerà a benedire le case si è diffusa in un baleno. Tutti hanno riordinato le loro abitazioni… Alle tre del pomeriggio cambiamo direzione, verso l’altra metà dell’isola. Ho fame, finora non ho bevuto che un po’ d’acqua di cocco… Giungo a casa che è già notte. La mia guida, molto ospitale, mi ha preparato la cena. Sono poveri ma danno di cuore tutto quello che hanno. Faccio i piani per il giorno seguente… Al mattino presto celebro la S. Messa e mi rimetto in sella. Mi attendono 12 ore di cavallo. Non mi tolgo la veste bianca, così la gente che non ha mai visto un prete in vita sua non farà fatica a riconoscermi… Incontro un uomo con una bambina in braccio. Sono almeno dodici anni che non passa un sacerdote da queste parti e l’uomo mi supplica di battezzargli subito la figlia. Lo invito a venire alla cappella. So che è per lui un grande sacrificio: deve attraversare il torrente e camminare, fra andata e ritorno, per circa 14 ore. In ogni casa si ripete la stessa scena: giovani da battezzare, cristiani che hanno dimenticato tutto. Visito tutte le case e faccio un rapido censimento: 350 persone circa. Ovunque sono accolto con gioia. Hanno ripulito le capanne e indossano i vestiti migliori. Hanno una fede primordiale, quasi palpabile, che commuove. Se si chiede a un contadino di queste parti di chi è la terra che sta lavorando, si avrà la seguente risposta: ‘di Dio e mia’… La sera mi trova stanco morto. La gente mi saluta. Non immagina che questa sarà l’ultima volta che li vedrò, perché una malattia m’impedirà in seguito d’intraprendere questi viaggi”.

Alla provincia dell’Italia

Nel 1979 fu chiamato a Roma, come parroco della cappella della Curia Generalizia; poi andò a Verona in Casa Madre, come promotore vocazionale e di nuovo a Roma, nell’animazione missionaria presso l’ACSE.

Nel 1988 fu destinato al Portogallo e assegnato alla comunità di Viseu, sempre come animatore missionario, un’esperienza che durò un anno e mezzo e che P. Marcello considerò piuttosto faticosa. Così, il 28 ottobre 1989, P. Francesco Pierli, Superiore Generale, gli scriveva per assegnarlo alla provincia d’Italia: “So che la presente lettera ti trova in notevoli angustie spirituali e fisiche per le difficoltà in cui sei incorso durante i mesi in Portogallo. Mi piace far notare che la gente ti ha voluto bene e ha apprezzato il tuo lavoro… La tua presenza è stata positiva”. Da quel momento P. Marcello ha passato il resto della sua vita in Italia.

“Non è andato in cerca di opere grandi, superiori alle sue forze – ha scritto un confratello che ha vissuto in Brasile con lui gli anni della sua giovinezza missionaria – ma ha vissuto una vita semplice, di disponibilità e di servizio, trasmettendo serenità e allegria a quelli che vivevano con lui. Non inventava, ma faceva con semplicità quello che doveva fare. Aiutava in comunità ed era servizievole; molto trasparente, legato a Roma, la sua città, contento di fare il suo dovere. Era una presenza di serenità”.

A P. Marcello piaceva scherzare, raccontare qualche barzelletta, tenere allegra la gente. Gli piaceva anche scrivere e abbiamo diverse sue poesie. Era profondamente legato all’Istituto e ai superiori ai quali scriveva spesso lunghe lettere, desideroso di metterli al corrente delle sue attività, del suo cammino spirituale e della sua vita, nell’obbedienza e nella ricerca di concordia.

“Al termine della vita era diventato scrupoloso – ha detto P. Renzo nell’omelia – era entrato in lui un certo timore, un’inquietudine, un’esagerata paura di sbagliare, di peccare, che lo accompagnava e lo angustiava. Non ha manifestato nessuna paura davanti alla malattia, alla sofferenza o alla prospettiva della morte, ma aveva paura di offendere Dio, di perdere la sua amicizia. Gentilezza, delicatezza, spirito di servizio e riconoscenza sono atteggiamenti che lo hanno accompagnato anche negli ultimi anni trascorsi in Casa Madre e a Castel d’Azzano. Era molto legato al Comboni e alla Vergine Maria”.

Gesù ci ascolta e ci esaudisce sempre

La semplicità della fede di P. Marcello si può vedere anche in questo articoletto, scritto da lui nel 2014, in cui ricorda un piccolo fatto avvenuto tanti anni prima: “Foggia, 17 maggio 1995. Da un anno seguivo i ragazzi cresimandi della parrocchia di San Pio X. Ero conosciuto in parrocchia e i bambini che si preparavano alla Prima Comunione chiedevano ogni tanto alla catechista ‘perché P. Marcello non viene anche da noi?’. Quel giorno vado in parrocchia per seguire i cresimandi ma don Michele mi avvisa che il gruppo non è venuto. Bene... penso... torno a casa, pazienza... Però, mentre sto per andarmene, mi viene in mente di passare dai bimbi della prima comunione che tante volte hanno chiesto di me. Detto fatto! Busso alla porta della classe ed entro. Dopo un attimo di sorpresa, mi accoglie un coro di esclamazioni: P. Marcello è venuto! Incredibile! Che bello! Noto che tutti sono pieni di gioia e stupore... e la catechista si rivolge a uno di loro: hai visto Gian Marco? Tu hai chiesto a Gesù che oggi ti facesse incontrare P. Marcello e Gesù ti ha ascoltato! Ma che è successo? chiedo perplesso. Vede P. Marcello – mi risponde Anna Maria, la catechista – Gian Marco qualche minuto fa ha ripetuto con la classe che voleva incontrare P. Marcello. Allora, gli ho suggerito di chiederlo a Gesù! E lui così ha fatto. Guardo Gian Marco che ha gli occhi che brillano di soddisfazione. Colgo l'occasione e, visto che eravamo vicini all'anniversario delle apparizioni di Fatima, inizio a raccontare loro di quei fatti. Parlo anche della mia vocazione e mostro il fazzoletto della mia ordinazione, con impresso il sacro crisma. Mi accorgo che mi seguono con un'attenzione particolare, e avverto in me una specie di turbamento... Percepisco che mi trovo dinanzi a qualcosa di assai delicato che non posso sciupare... mi commuove la semplicità di questi bambini che si sono rivolti a Gesù sicuri di essere esauditi... Infine, faccio loro la proposta del Papa, che ha chiesto di pregare per il ‘mondo unito’.

Tornando, porto con me la dolcezza di questo incontro e rifletto che, forse, quanto è avvenuto va al di là del normale. D'accordo, questo è un piccolo episodio, qualcosa di assai semplice... ma del resto Dio è semplice! Siamo noi, eventualmente, che lo rendiamo complicato con le nostre teorie costruite a tavolino. Non lo so se questo è un piccolo fatto straordinario. Non sono un teologo, ma un semplice missionario... Mi viene in mente però che Gesù ci ascolta e ci esaudisce sempre, ogni volta che chiediamo ‘bene’. Quando poi è un bambino che ha ancora il cuore puro e limpido a rivolgersi a Lui, come farebbe Gesù a dirgli di no?! Forse qualcuno sorriderà di fronte a questo ragionamento... a me, tuttavia, viene in mente l'espressione di Gesù: ti rendo lode, Padre, che hai tenuto nascoste queste cose ai dotti e ai sapienti e le hai rivelate ai piccoli.

D'altra parte, era il mese di maggio. E se la Madonna venne inviata un giorno in Portogallo a tre pastorelli, se ogni giorno è inviata da Dio a parlare al cuore di bambini e adulti, perché non potrebbe essere stata mandata da Gesù, quel 17 maggio, a portare una risposta d'amore anche al cuore di un bambino di Foggia?”.
Da Mccj Bulletin n. 278 Suppl. In Memoriam, gennaio 2019, pp.24-29.