P. Jakob era nato il 17 gennaio 1932 a Kortsch-Schlanders, diocesi di Bolzano-Bressanone. Entrò nel seminario minore diocesano di lingua tedesca, situato nel villaggio “Dorf-Tirol”, vicino a Merano, all’epoca ancora appartenente alla diocesi di Trento. Sentendosi chiamato alla vita missionaria, nel 1951 entrò nell’Istituto dei Missionari Comboniani, completando gli studi umanistici nel seminario diocesano di Bressanone.
Il 13 novembre 1953 iniziò il noviziato a Bamberg e l’8 settembre 1955, festa della Natività di Maria, emise i voti temporanei. Fu poi mandato nello scolasticato di Milland per iniziare la teologia nel seminario diocesano di Bressanone. Nella festa della presentazione del Bambino Gesù al Tempio, 2 febbraio 1959, pronunciò i voti perpetui e il 29 giugno dello stesso anno, festa dei SS. Pietro e Paolo, ricevette l’ordinazione sacerdotale. Dopo un paio d’anni dedicati all’animazione missionaria e vocazionale nel Sudtirolo, ricevette la sua destinazione per il Perù. Arrivò a Huánuco il 22 febbraio 1962 ed è rimasto nel paese fino alla fine della sua vita.
In Perù
Com’era consuetudine a quel tempo, cioè senza alcuna preparazione, fu inviato in Perù, a Llata, nella catena montuosa di Huánuco, per un anno (1962-1963). Nel 1964 fu mandato sulle alture di Cerro de Pasco, nella parrocchia di San Miguel (1963-1968), diocesi di Tarma. Successivamente si dedicò al lavoro missionario nelle comunità di Ninacaca, Ulcumayo e Carhuamayo e poi, per un anno, ad Arequipa, nella parrocchia dello Spirito Santo, fondata da Mons. Lorenzo Unfried, vescovo ausiliare dell’arcidiocesi. Nel 1982 ritornò nella diocesi di Huánuco come parroco delle parrocchie di Ambo e Huacar “dove esiste il miglior clima del mondo”, in un’eterna primavera, dopo gli anni trascorsi nelle gelide temperature di Cerro (4.380 m. sopra il livello del mare), Ninacaca e Carhuamayo, vicino al lago di Chinchaycocha.
Negli anni ’90 P. Jakob lavorò a Huariaca, nella diocesi di Tarma, dedicandosi molto ai malati, ma anche alla gente dei villaggi, assieme a P. Hilmar Gulba e, più tardi, con P. Lino Eccher che conserva di lui molti bei ricordi. P. Jakob – dice P. Lino – non era solo una figura carismatica, era anche un uomo dotato di senso pratico. In quest’ultima parrocchia, ad esempio, preoccupato per la chiesa vecchia, con le fondamenta a rischio, pensava di costruirne una nuova. Invece trovò il modo di rafforzarne le fondamenta così la chiesa si erge fino ad oggi nel suo antico splendore.
La parrocchia del Buon Pastore ad Arequipa è stata l’ultima comunità dove, dal 2000, P. Jakob ha svolto il suo ministero per dodici anni e mezzo. Qui ha sofferto per l’incomprensione di alcuni suoi confratelli della comunità per il suo ministero soprattutto verso gli infermi. Era responsabile di una parte della grande chiesa parrocchiale di Cristo Re. Nel gennaio 2012 si trovava a Lima per festeggiare il suo 80° compleanno.
Il mese successivo, al termine di una celebrazione eucaristica, ebbe un arresto cardiaco. Prontamente soccorso dal provinciale, si riprese, ma nei mesi successivi ebbe diversi attacchi cerebrali che lo lasciarono sempre più invalido fino a quando, nel mese di agosto del 2012, entrò in uno stato di coma permanente durato sei anni. Si prendevano cura di lui delle infermiere che lo assistevano 24 ore su 24. Il Signore lo ha chiamato nel suo Regno il 19 luglio 2018.
La sua figura di missionario
Per parlare della figura di questo grande missionario, dobbiamo iniziare con la sua infanzia tra le Alpi tirolesi. Era un ragazzo allegro per natura. E ha mantenuto questa allegria fino alla vecchiaia e anche nella malattia, fino a quando è stato cosciente. Non ha mai dimenticato le canzoni della sua terra natia. Questo dono della sua natura gioiosa lo ha aiutato molto nella vita di comunità. Chi lo ha conosciuto, lo ha apprezzato per la sua grande ospitalità e amicizia. Aveva ereditato dai suoi genitori un “sesto senso”, che negli anni era sfociato in una grande capacità carismatica. Nelle comunità di Ulcumayo, Carhuamayo e Huariaca fondò dei gruppi carismatici di grande vitalità e slancio missionario, alcuni dei quali tuttora attivi. Anche chi scrive queste righe ha potuto contare su questi gruppi nella sua attività di missionario itinerante negli anni 1990-1992, in pieno terrorismo da parte di “Sendero Luminoso”. Non lasciavano mai da solo il “padrecito”, per timore che potesse essere scambiato per un terrorista o, peggio ancora, per un “pishtaco”, cioè uno che, secondo le credenze degli indiani degli altipiani, veniva per uccidere gli indigeni e utilizzare i loro organi. Ci sono casi che sembrano confermare questa credenza fino ai nostri giorni.
P. Jakob non era solo un grande pastore di anime: si è dedicato anche a migliorare l’infrastruttura delle parrocchie e delle chiese. Per esempio, a Ulcumayo si procurò terreni per costruire un centro con dormitori, sale da pranzo, sala di riunione per gli incontri dei catechisti e dei gruppi carismatici e un piccolo centro sportivo per i giovani.
P. Jakob divenne noto per il dono delle guarigioni, tanto che, appena arrivava nella casa provinciale di Lima per qualche giorno, il telefono cominciava a squillare. Erano persone che chiedevano di incontrarlo perché imponesse loro le mani e le guarisse o addirittura le liberasse dalle forze del maligno. Si diceva che P. Jakob sentiva la presenza del demonio. Allo stesso tempo continuava a servire la comunità cristiana a lui affidata. Pur avendo un temperamento allegro, conduceva una vita austera, adempiendo la parola di Gesù secondo la quale per guarire certi mali bisogna pregare e digiunare.
Un ricordo personale
Personalmente voglio ricordare questi sei anni di coma e l’apparente stato di incoscienza di P. Jakob che a volte apriva gli occhi e sembrava aver compreso. Alla luce di quanto dice san Paolo – “offri il tuo corpo come un ospite vivente, santo, gradito a Dio” – possiamo comprendere il significato di quegli anni in qualche modo misteriosi. E se si definisce il sacerdote come un altro Cristo, “sacerdote, vittima e altare”, si capisce anche perché, al momento della sua morte, si è potuto dire che P. Jakob è stato “un parafulmine” per la nostra provincia. Mi riferisco a quanto si è pregato nella sua stanza, sia con i confratelli che con le persone che venivano a trovarlo. Personalmente, posso dire che molte volte ho recitato il rosario ad alta voce, sapendo che l’orecchio è l’ultimo senso a scomparire. Una sera, mentre pregavo accanto a lui e cantavo in tedesco e in spagnolo (P. Jakob aveva un talento musicale e quando era studente dirigeva il coro), ad un tratto mi afferrò la mano con tanta forza che, arrivato il momento di andarmene (erano le 22.00), dovetti dirgli “Jakob lasciami andare a riposare”. Sono esperienze che ci aiutano a capire qualcosa di quegli anni che a volte possono sembrare anni “senza senso”. I confratelli della provincia mi hanno detto che è stato un sacerdote “santo”, anche se non credo si intenda promuovere la sua causa di beatificazione.
P Angelo D’Apice in occasione del 50° di sacerdozio di P. Jakob
Mi piace chiamare P. Jakob il “Missionario delle Ande”. Chi non si è commosso leggendo il racconto di Edmondo De Amicis, “Dagli Appennini alle Ande”, la storia di un bambino che intraprende un lungo viaggio in cerca della sua mamma. P. Jakob si è imbarcato per un lungo viaggio in cerca dei figli, i tanti figli che avevano bisogno di lui. Con la sua vita spesa con la gente avrebbe potuto scrivere non un romanzo ma un Vangelo, vissuto e praticato, dal titolo “Dalle Alpi alle Ande”. Mi è capitato di trascorrere a Roma con lui alcuni mesi nell’inverno e nella primavera del 1995, prendendo parte ad un corso di aggiornamento. Uomo di poche parole – e dire che l’italiano lo conosceva benissimo – preferiva i fatti, la vita concreta. Ha detto di lui un confratello che è stato suo superiore provinciale, P. Angel Lafita: “P Jakob si è sempre distinto per la sua amabilità e vicinanza alla gente, che aiutava in vari modi con i tanti aiuti economici che riceveva dalla sua terra d’origine. A questa dimensione umana e missionaria, bisogna unire la capacità che aveva di sintonizzarsi con lo Spirito Santo e la sua azione nei cuori”. Sono tante le persone che gli fanno visita e chiedono il suo servizio mediante la preghiera di liberazione. È tanta la gente che lo cerca e lui consola e orienta tutti. Forse è questo il motivo per cui chi vede P. Jakob, alla sua bella età, vede una persona serena, gioviale, sempre pronta e aperta ad ascoltare”.
(Fr. Alois Weiss, mccj).
Da Mccj Bulletin n. 278 Suppl. In Memoriam, gennaio 2019, pp.73-77.