Martedì 1 luglio 2025
«A me sembra — scrive monsignor Christian Carlassare, vescovo di Bentiu (Sud Sudan) — che si voglia mantenere il paese in una dinamica permanente di conflitto e di emergenza umanitaria. Questa è la regola del potere. Poco importa la vita di tanta parte di umanità. In questa situazione si fa urgente una scelta: accogliere non la pace che ci propone il mondo e che viene ostentata dai potenti con i loro eserciti ma il dono della pace proposta dal Vangelo».

Le speranze del vescovo di Bentiu Christian Carlassare

In Sud Sudan serve la pace proposta dal Vangelo

Buone notizie (la costruzione di pozzi, di una casa per l’ospitalità, alcune classi per la scuola primaria) accanto a cattive notizie come i bombardamenti aerei su alcuni territori abitati da popolazione innocente «con la sola colpa di essere amministrati da rappresentanti dell’opposizione»: sono quelle che si leggono in un messaggio del vescovo di Bentiu, Christian Carlassare, missionario comboniano del Cuore di Gesù, nell’aprile 2021 vittima a Rumbek di un agguato nel quale fu ferito gravemente alle gambe. Il presule racconta di «un momento molto delicato» in Sud Sudan in vista delle elezioni del dicembre 2026: «C’è molta preoccupazione perché il pregiudizio viene preferito all’ascolto e la violenza alla conciliazione»; c’è la proliferazione delle armi e cresce la divisione.

«A me sembra — scrive monsignor Carlassare — che si voglia mantenere il paese in una dinamica permanente di conflitto e di emergenza umanitaria. Questa è la regola del potere. Poco importa la vita di tanta parte di umanità. In questa situazione si fa urgente una scelta: accogliere non la pace che ci propone il mondo e che viene ostentata dai potenti con i loro eserciti ma il dono della pace proposta dal Vangelo. Oggi si fa sempre più pressante osare la nonviolenza». Citando Papa Leone XIV che invita a valutare le cause dei conflitti smascherando la retorica, le bugie e gli interessi che vi si nascondono, il vescovo vicentino sottolinea che il Sud Sudan in conflitto «si paralizza: non c’è più cammino ma solo vagare in cerca di vita dove non c’è». Una paralisi nella quale ci sono vittime predestinate come i poveri che «il mondo odierno sta sempre più discriminando e condannando. Facile fare degli indigenti il capro espiatorio di un mondo che, persa la direzione, è sempre più privo di speranza. È illusorio pensare che la nostra speranza si fondi sulla sicurezza del potere e dell’avere. Siamo tutti poveri e non vogliamo riconoscerlo».

Il povero «che ho davanti a me», sottolinea il vescovo di Bentiu, «non è un rivale ma un fratello. A volte mi può imbrogliare perché anche lui è disperato quanto me. Ma spesso il fratello povero mi testimonia la speranza professata in una condizione di vita precaria, fatta di privazioni, fragilità ed emarginazione. Egli subisce violenza ma alza gli occhi e guarda a Dio e così rimane umano. In questo modo nasce la solidarietà dei poveri: nella speranza».

Per Carlassare, il popolo e la Chiesa sud sudanese hanno bisogno di “pastori di pace” capaci di creare relazioni all’insegna del perdono: «Per risolvere i conflitti occorre infatti superare le relazioni conflittuali a partire dalle nostre comunità. Per questo la Chiesa può svolgere un ruolo cruciale nell’educazione alla pace delle giovani generazioni». Come fare? «Parlare apertamente contro la proliferazione delle armi, l’arruolamento sconsiderato dei giovani, contro violenze e ingiustizie. E dare voce profeticamente a chi ha scelto la nonviolenza, soprattutto tra i giovani, come esempio per gli altri. Occorre usare i mezzi di comunicazione per trasmettere messaggi di speranza e storie in cui si è riusciti a superare il conflitto. È importante sostenere iniziative per lo sviluppo umano integrale e la giustizia sociale incoraggiando attività economiche e accesso a servizi essenziali come acqua e salute». Serve l’impegno della scuola che diventi luogo di speranza nel quale educare alla pace, ai diritti umani e alla cittadinanza responsabile. Serve l’impegno di catechisti che offrano una lettura diversa della realtà. «Il cammino è lungo», conclude il missionario comboniano, «ma quello della pace è l’unico percorso perseguibile che offra opportunità di vita alle future generazioni».

L’Osservatore Romano