Martedì, 9 settembre 2025
Con le Lodi di lunedì 8 settembre è iniziata l’Assemblea intercapitolare presso la Casa generalizia a Roma. Saranno tre settimane (8-27 settembre) di riflessione, condivisione e incontro. Partecipano i superiori delle 27 circoscrizioni, il consiglio generale (5), i segretari generali (5) e i fratelli (3) rappresentanti dei continenti. Ad aprire ufficialmente i lavori in sala capitolare è stato il superiore generale, padre Luigi Codianni (nella foto).
Ad aprire ufficialmente i lavori in sala capitolare è stato il superiore generale, padre Luigi Codianni, con le seguenti parole:
«Carissimi confratelli, buongiorno. A nome del Consiglio Generale vi do il più caloroso benvenuto e vi ringrazio per essere qui, presenti e disponibili, a vivere insieme questa Assemblea Intercapitolare.
Questi giorni non sono un appuntamento qualsiasi. Sono un tempo di grazia e di responsabilità, un momento decisivo per il nostro Istituto e per la Chiesa. Se ne siamo consapevoli fino in fondo, sapremo dare il meglio di noi stessi, con coraggio, passione e speranza.
Siete qui come testimoni e rappresentanti dei vostri confratelli, dei laici che camminano con voi, e delle comunità che servite. Portate con voi storie, sfide, sogni e attese: è questa la ricchezza che renderà la nostra Assemblea viva e feconda. Non abbiate timore di condividere tutto ciò che portate nel cuore: è da questa sincerità che nasceranno scelte vere e frutti duraturi.
Nei prossimi giorni ci attendono ascolto, discernimento e decisioni. Avremo il compito di immaginare e costruire insieme il futuro dell’Istituto, nel solco del carisma comboniano. Non accontentiamoci di poco: abbiamo la responsabilità di pensare in grande, di sognare in grande, per il bene della missione che ci è affidata.
Ogni segretariato generale ha predisposto sussidi e materiali utili ad aiutarci a mettere a fuoco dinamiche, impegni e sforzi indispensabili per raggiungere gli obiettivi che ci attendono. È essenziale svolgere questo lavoro con spirito di discernimento, obiettività e verità. Se è fondamentale, allora facciamolo, e facciamolo bene.
Le relazioni della Direzione Generale e quelle continentali ci offriranno orientamenti preziosi per pianificare un cammino unitario dell’Istituto e compiere scelte comuni per il bene di tutti.
Ringrazio di cuore la commissione che ha preparato questa Assemblea e affido i nostri lavori all’intercessione di San Daniele Comboni. Che il suo esempio ci sproni a vivere questo tempo con audacia, unità e fiducia.
Con entusiasmo, vi auguro buon lavoro!».
Per la presentazione dei partecipanti è stata scelta un’attività all’aperto: il “gioco degli appuntamenti”, adattato da fratel Alberto Parise alle circostanze. Questa dinamica ha permesso ai presenti di incontrarsi per brevi periodi di tempo, conoscersi meglio, presentarsi e condividere le proprie aspettative riguardo all’assemblea intercapitolare, al futuro delle circoscrizioni e dell’Istituto.
Rientrati in sala capitolare, sono state fornite alcune indicazioni pratiche e logistiche da tenere presenti, assieme alla presentazione degli aspetti organizzativi dell’assemblea: il programma, la metodologia da seguire e i diversi servizi (moderatori, antenne, liturgia, ecc.).
È stato ricordato che lo scopo dell’assemblea intercapitolare (cf. RV 144) è verificare l’attuazione delle decisioni dell’ultimo capitolo generale e individuare nuove vie per la loro realizzazione e completamento entro i prossimi tre anni.
Sono stati quindi definiti sei obiettivi principali, con le relative aspettative:
In un clima libero e aperto, i partecipanti hanno elaborato un “patto di lavoro” riguardante atteggiamenti e comportamenti utili al raggiungimento degli obiettivi dell’assemblea, e altri che invece sarebbe meglio evitare.
La prima mattinata, di carattere soprattutto organizzativo, si è conclusa con l’intervento di padre David Domingues, vicario generale, che ha ricordato il tema dell’assemblea: “Nell’ascolto dello Spirito Santo come missionari della speranza”, in continuità con il tema del Giubileo che la Chiesa sta celebrando. In questo contesto, il 20 settembre si terrà un pellegrinaggio di speranza: in gruppo, i partecipanti varcheranno la Porta Santa nella Basilica di San Pietro per commemorare l’ispirazione ricevuta all’alto dal Fondatore e che ha generato il suo Piano per la Rigenerazione dell’Africa del 1864. Il pellegrinaggio si concluderà con una celebrazione eucaristica presieduta dal Card. Baldo Reina in Vaticano.
Mezza giornata di ritiro
Il pomeriggio è stato dedicato alla riflessione e alla preghiera, guidate da padre Teresino Serra, che ha invitato tutti a “guardare al futuro con lo spirito di Comboni”.
Della meditazione, offerta da padre Teresino, superiore generale dal 2003 al 2009, riportiamo alcuni spunti principali.
Comboni affermava che la missione che portava avanti era opera di Dio. Tuttavia, è vero che i confratelli che si identificano più profondamente con il carisma dell’Istituto risultano essere anche i più efficaci nell’implementare il Piano. Lo spirito di preghiera è il nutrimento del missionario, soprattutto nelle missioni più difficili.
Comboni visse e morì per la missione (RV 13), stimolandoci alla perseveranza, alla sopportazione delle fatiche, all’intraprendenza e alla profezia, con attenzione ai problemi del nostro tempo.
I tre “grazie” di Comboni – Comboni ringraziava per la vocazione ricevuta, nonostante il sacrificio di lasciare la famiglia e le opportunità in patria; ringraziava per i collaboratori nella sua missione pronti ad affrontare le tribolazioni che la missione comportava e ringraziava per le croci.
Nella croce Comboni non vedeva tanto la sofferenza, quanto l’amore espresso nella disponibilità a soffrire. La croce era per lui realtà da condividere, segno di comunione.
I tre amori di Comboni – Tra i suoi amori spiccano la vocazione, a cui si consacrò a 17 anni rinnovando più volte la sua promessa e confermandola definitivamente nel 1873 al suo rientro a Khartoum come vescovo;
Comboni amava la comunione e la vita in comune, perché davano visibilità al Vangelo ed erano antidoto all’individualismo e all’autoreferenzialità; e amava Chiesa, che incoraggiava a restare sempre aperta alla missione.
Per Comboni la missione è più un popolo che un luogo geografico. Pur riconoscendo le sofferenze degli africani, intravedeva per loro un futuro. Anche noi oggi siamo chiamati a denunciare le ingiustizie, ma anche a mostrare le speranze e le potenzialità della missione.
Padre Teresino ha messo in guardia anche da alcuni pericoli: sta emergendo uno stile di vita troppo clericale, in cui molti missionari si limitano al ruolo di parroci. Già padre Paolo Manna, membro del Pontificio Istituto Missioni Estere (Pime) e fondatore dell’Unione Missionaria del Clero, notava il rischio di un’eccessiva assimilazione dello stile missionario a quello diocesano.
I tre “monti” di Comboni – Essi sono il monte Moria, simbolo della fede con cui Comboni affrontò prove, fatiche, solitudine e la tentazione di arrendersi; il monte Tabor, che rappresentava la gioia e la consolazione per la sua vocazione e per l’aiuto di Dio nelle fatiche missionarie; e il monte Calvario, che riassumeva le sue numerose croci e la sua morte di crepacuore.
Dopo una pausa, l’assemblea si è ritrovata per un momento di condivisione personale: ognuno ha scelto uno dei “monti” che ha avvertito come più vicino e ha espresso i propri sentimenti con una preghiera.
In conclusione, padre Teresino ha aggiunto una riflessione sul Sacro Cuore. Richiamandosi a padre Francesco Pierli, superiore generale dal 1985 al 1991, ha detto che in Comboni il Cuore di Cristo diventa “il cuore del Buon Pastore”. Pertanto, la devozione al Sacro Cuore si traduce in azione missionaria. Il buon pastore dà la vita per le pecore, le conosce profondamente e le riunisce in solo gregge. Conoscere i popoli a noi affidati significa conoscerne cultura, situazione, spiritualità e lingua, condividendo la loro vita. Guidare significa esplorare nuovi pascoli e promuovere il progresso umano integrale. Difendere significa affrontare i poteri oppressivi e i “mercenari”. Dare la vita, infine, è la radicalità del dono di sé che Comboni ha saputo vivere fino in fondo.
La giornata si è conclusa con la celebrazione eucaristica presieduta da padre Teresino.