Sabato 18 ottobre 2025
XXXIV Rapporto immigrazione Caritas italiana e Fondazione Migrantes. In un’Italia che si trasforma, in maniera silenziosa, ci sono dei “testimoni di speranza”. Per l’edizione del 2025 del Rapporto immigrazione di Caritas italiana e Fondazione Migrantes sono le ragazze e i ragazzi di origine straniera, quelli a cui è dedicato il 34esimo report annuale. Portatrici e portatori di identità plurali e di un futuro da costruire insieme. [Rapporto immigrazione. Nigrizia]

Oltre 5,4 milioni delle persone che risiedono nel nostro paese sono di origine straniera, rappresentando circa il 9,2% del totale. Per lo più arrivano da Romania, Marocco, Albania, Ucraina e Cina. Con una crescita di presenze di persone nate in Perù e Bangladesh. Queste ultime in particolare rappresentano la terza nazionalità nel rilascio di permessi di soggiorno. Permessi richiesti nella maggioranza dei casi per motivi familiari (43,7%) e lavoro (40,7%). Un dato che conferma la stanzialità di questo pezzo di popolazione che sceglie di costruire un legame duraturo con l’Italia, tanto da far arrivare i componenti della famiglia di origine e di scegliere di acquisire la cittadinanza italiana (oltre 217mila le registrazioni nel 2024).

Donne e uomini che fanno parte da tempo del mondo del lavoro nel nostro paese, rappresentando il 10,5% delle persone occupate, 2,5 milioni su 24, con un tasso di occupazione del 61,3%. Una presenza importante, diventata indispensabile in alcuni settori come l’industria, i servizi e il welfare, ma che mostra al suo interno diverse criticità, rispetto alla ghettizzazione delle mansioni, alla diffusione del caporalato.

E poi il focus sulle presenze giovanili nel paese che nelle classi rappresentano l’11.5% della popolazione scolastica, con oltre 910mila alunne e alunni con cittadinanza non italiana, i cosiddetti italiani di fatto ma non di diritto. Quelle ragazze e ragazzi che Giuseppe Baturi, arcivescovo di Cagliari e segretario generale della CEI, racconta nella prefazione come minori che «frequentano le stesse scuole dei loro coetanei italiani, parlano i dialetti locali, tifano per le squadre del cuore, ma spesso continuano a sentirsi – e ad essere percepiti – come “ospiti permanenti”, non pienamente parte della comunità».

E sia rispetto a chi nasce e cresce in Italia, sia a chi arriva nel nostro paese minorenne, l’obiettivo deve essere sempre il medesimo: «riconoscere e dare dignità. Non si tratta di “integrare” per rendere tutti uguali, ma di creare un tessuto comune dove le differenze diventano possibilità di crescita. Una scuola, una parrocchia, un’associazione che offre a un giovane di origine straniera un ruolo di responsabilità, un microfono, un compito, non fa solo un gesto educativo: costruisce cittadinanza e semina futuro».

Nigrizia