Nereo, quinto di dieci figli, proveniva da una famiglia profondamente cristiana di Pianezze San Lorenzo, Vicenza, dove era nato l’11 gennaio 1927. Il papà era collettore esattoriale e, pur essendo esonerato dal pagare le tasse avendo una famiglia numerosa, in considerazione della povertà del comune, ha sempre voluto pagarle.
Al sabato, sotto il pergolato del cortile davanti a casa, arrivavano verso mezzogiorno dei mendicanti per chiedere l’elemosina e la mamma faceva trovare loro un abbondante piatto di minestrone al quale aggiungeva una bella fetta di pane. Le porte di questa famiglia erano sempre aperte per dare aiuto a chi ne avesse bisogno.
A questa scuola i ragazzi crescevano e si formavano allo spirito di solidarietà, di carità e di amore verso i più deboli e i più poveri. Il primo venerdì e sabato di ogni mese, alle ore 5,30, la squadra, guidata dalla sorella più grande, partiva verso la chiesa, che distava un chilometro e mezzo dall’abitazione, per non mancare all’incontro col Signore nell’Eucarestia.
Dopo le elementari Nereo incontrò un missionario che periodicamente visitava le parrocchie della zona e la scintilla missionaria che questi fece scoccare nel cuore di Nereo alimentò un bel fuoco.
Dal 1939 al 1943 frequentò le medie e il ginnasio nell’Istituto Comboniano di Padova. Nel 1944, mentre si trovava a Santa Giustina in Colle, avendo i partigiani ucciso alcuni tedeschi, anche Nereo fu messo al muro con altri 40 compagni per essere fucilato. Il parroco e il cappellano, che si misero davanti al plotone d’esecuzione per intercedere per la grazia, furono uccisi e caddero nel loro stesso sangue. Solo 20 furono risparmiati e fra questi Nereo perché indossava un paio di sandali. Infatti il capitano delle SS disse: "Se non hai le scarpe, non sei certamente un partigiano!". Purtroppo Nereo vide cadere con gli altri anche il cugino Valentino Fiscon.
Cambio di direzione
Tra il 1945 e il 1946 frequentò il primo anno del liceo classico al Brocchi di Bassano del Grappa, ma, a causa del "greco" che non riusciva proprio a digerire, dovette interrompere gli studi e la strada del sacerdozio, dato che per questo era necessaria la maturità classica. Non venne meno, però, la sua vocazione missionaria. "Se non posso diventare sacerdote, vuol dire che sarò Fratello", disse. Nel suo intimo, però, ha sempre sperato di arrivare, un giorno o l’altro, ad essere sacerdote. Trascorse un periodo nella scuola apostolica di Brescia. Suo superiore era P. Giambattista Cesana, il quale lo scartò “per insufficienza negli studi”, come dice la nota.
In attesa di entrare in noviziato, trascorse qualche tempo in Casa Madre a Verona, come aiutante in tipografia facendo, nel frattempo, il suo postulato. Qui imparò il mestiere di tipografo. Fu proprio durante il lavoro che riuscì, con un urlo, a salvare la mano del confratello che stava maneggiando la taglierina.
Il 12 ottobre del 1948, a 21 anni di età, entrò nel noviziato di Gozzano, “proveniente – dice la nota scritta da P. Giovanni Giordani – dalla scuola apostolica di Brescia e da Casa Madre”.
In una delle prime osservazioni, il suo padre maestro, P. Giordani, scrive: “Forse la permanenza di Nereo a Verona non gli è servita di preparazione al noviziato. È al suo primo mese di noviziato; ma tutto fa prevedere non grande profitto. L’entrata in noviziato non l’ha scosso di più di quello che l’avrebbe fatto l’entrata in una qualsiasi delle nostre case”. Una “etichetta” che con tanta umiltà e sofferenza si è portato nel cuore molto a lungo.
Nereo si fermò a Gozzano solo qualche mese, poi fu mandato in Inghilterra a continuare il noviziato e ad imparare l’inglese. Tuttavia ebbe a dire: “Da P. Giordani ho imparato la sapienza del cuore, cioè la capacità di leggere gli avvenimenti della vita alla luce di Dio”. A Gozzano cominciò a far pratica anche come cuoco.
In Inghilterra
Nereo concluse il noviziato in Inghilterra, a Sunningdale, ed emise i voti temporanei l’8 dicembre 1950. Si fermò poi nel Regno Unito per altri 2 anni. In Inghilterra, alla scuola di P. Vittorio Albertini, Fr. Nereo fece un buon progresso spirituale. “Ha dato prova delle sue buone qualità: spirito di sacrificio, docilità, massima apertura con i superiori e buon disimpegno del suo ufficio di cuoco. In particolare è sempre contento della sua condizione di Fratello e non ha sofferto crisi per essere passato dalla categoria studenti a quella di Fratelli. Progredisce in modo soddisfacente nello studio dell’inglese, riconosce umilmente i suoi difetti e non ha mai dimostrato permalosità per osservazioni ricevute. Essendo molto docile, si lascia aiutare con spirito di sottomissione. Ama la preghiera ed è particolarmente devoto della Madonna e dei Santi, specialmente di Santa Teresa del Bambin Gesù”.
Dato che in Inghilterra c’erano molti lavori da portare avanti, i superiori decisero di trattenerlo anche dopo i voti e lo inviarono a Stillington. Fr. Nereo non deluse le aspettative dei superiori. P. Agostino Baroni scriveva di lui: “Ha dato piena soddisfazione perché si è dimostrato un religioso costante, serio, rispettoso e sempre contento”. P. Renato Bresciani, suo provinciale, aggiungeva: “È sempre stato visibile il suo progresso nella vita religiosa, si è mostrato puntuale e diligente nell’osservanza delle Regole, ottimo nella carità fraterna e nello spirito di preghiera, sempre impegnato e responsabile nel suo ufficio. Lo raccomando per la rinnovazione dei voti”. Con queste credenziali, Fr. Nereo poteva spiccare il volo per la missione.
In Uganda
Nel 1952 andò in Uganda, prima a Pabò e poi ad Aduku, tra gli Acholi. Il suo ufficio scritto sulla carta era quello di “addetto alla casa”. Da altre fonti sappiamo che divenne formidabile impastatore di mattoni e un abile costruttore di chiese. In queste sue incombenze realizzò il Piano di Comboni: salvare l’Africa con l’Africa. Infatti fu maestro di arti e mestieri per un buon numero di giovani.
La sua impresa non era facile dato che i giovani del posto non erano preparati al lavoro come noi lo intendiamo. Infatti Fr. Nereo, in una lettera scritta ai familiari, descriveva un episodio a lui capitato. Una mattina nessuno si presentò al lavoro: difficile sapere il perché, dato che il telefono in quei posti non esisteva. Nella tarda mattinata arrivò il “capomastro” e raccontò il motivo di quell’assenza generale. Gli era stata rubata una gallina e, scoperto in quale famiglia era stata mangiata durante una festa, aveva avvertito le guardie: ora, però, non poteva andare a lavorare fino alla fine del processo. Cosa che avvenne due mesi più tardi. Ma la pazienza e la costanza di Fr. Nereo venivano sempre premiate e i lavori sempre ultimati nel tempo previsto.
La sua paziente e costante attesa fu premiata anche quando scrisse ai familiari chiedendo un aiuto per poter acquistare una motocicletta per la missione. Dal 1955, dopo molti scambi di lettere fra parenti, amici e benefattori e vari contatti con le case costruttrici, nel 1958, finalmente, poté mettere insieme la cifra necessaria per acquistare la tanto desiderata motocicletta.
Durante un lavoro di carpenteria, si tagliò quattro dita di una mano. Senza scomporsi più di tanto, fasciò la ferita e percorse da solo settanta chilometri in moto per arrivare al primo ospedale e farsi medicare. Il commento di Fr. Nereo rispecchia la semplicità e la serenità del suo cuore. Disse: “Questa è la mano che io avevo offerto a Dio perché fosse salvata dalla taglierina quella del mio confratello durante il periodo di postulato a Verona. Dio non ha dimenticato la mia offerta. Questa è la conferma che l’ha gradita”.
P. Angelo Fiocco scrisse di lui: “È un Fratello di buon cuore. Vuole bene a tutti. È un po’ insistente nelle sue idee, però se non si accondiscende non mostra di aversene a male”. Dato questo suo carattere fortunato, Fr. Nereo seppe radunare attorno a sé un bel gruppo di giovani e di ragazzi con i quali si intratteneva spiegando loro i fatti della Bibbia e in particolare del vangelo. Al termine della catechesi, li portava in chiesa e pregava con loro. Insomma, anche se era Fratello, aveva in sé qualche cosa che richiamava il sacerdozio. I superiori lo apprezzarono anche per il suo spirito di povertà e lo scrissero nelle loro relazioni: Fr. Nereo si accontentava di ciò che la missione passava ed era sempre contento. Parlava volentieri e parlava bene. Se sentiva qualche critica, tagliava subito l’aria inserendosi con una barzelletta o una battuta umoristica. I confratelli sono concordi nel dire che non lo hanno mai sentito criticare qualcuno o qualcosa. La sua umiltà lo manteneva un passo indietro.
P. Mario Casella, per tanti anni suo compagno di missione, scrive: “Fr. Nereo è molto servizievole; si presta ad aiutare i confratelli con buona volontà; cerca di tener presenti le necessità dei membri della comunità, con buon intuito. Non è capace di rancori e non è propenso a scoraggiamenti”.
Nel 1951 fu mandato nuovamente a Sunningdale, dove si fermò come tipografo; poi andò nuovamente in Uganda. Fu nelle missioni di Anaka, di Aber e di Aduku.
Già in Uganda Fr. Nereo cominciò ad accusare disturbi di stomaco per cui non mangiava mai carne, preferendo il latte. Anche come abitazione, specie quando si trovava nelle cappelle di periferia per lavori, si accontentava di condividere lo spazio con i sacchi di cemento o gli attrezzi da lavoro nel magazzino.
Sacerdote
La Divina Provvidenza che avrebbe aperto le porte del sacerdozio a Fr. Nereo arrivò con il Concilio Vaticano II. La Chiesa, nella sua apertura al mondo, tolse l’ostacolo degli studi classici a coloro che volevano accedere al sacerdozio. La prima lettera che Fr. Nereo scrisse ai superiori chiedendo di poter diventare sacerdote è stata scritta da Molino di Altissimo, dove si trovava in vacanza nella parrocchia del fratello sacerdote, Don Vittorino Farina, il 26 maggio 1970.
“Reverendo P. Agostoni, ho appreso con piacere che anche ai Fratelli è aperta la via del sacerdozio. Ne sono molto contento anche perché spero, finalmente, di poter attuare questo desiderio che coltivo dalla mia infanzia. È per questo che ho fatto gli studi fino alla prima liceo con esami pubblici di quinta ginnasio (promosso) presso il Reale Liceo G. B. Brocchi di Bassano del Grappa. Il greco per me è sempre stato uno scoglio insormontabile, cosicché in prima liceo ne riportai una solenne bocciatura. Ne aumentò la dose il mio carattere troppo timido, sicché non seppi affrontare la situazione e mi lasciai trascinare dagli eventi che mi portarono a Gozzano prima e poi in Inghilterra come aspirante Fratello...”.
Dopo uno scambio di lettere, di incontri e di confronti con coloro che avevano lavorato con lui in missione (e molti – dobbiamo dirlo – erano contrari alla sua scelta presbiterale), i superiori mandarono Fr. Nereo a Carraia, dove cominciò ad affrontare gli studi di filosofia, di italiano e di storia civile. Non fu un anno facile se il professore di filosofia, un cappuccino di Lucca, scrisse: “Fr. Nereo non è portato alla speculazione, invece va al pratico e all’essenziale; tuttavia si è impegnato seriamente, prova ne è il fatto che si è visto un buon miglioramento verso la fine dell’anno. È probabile che gli anni di teologia lo aiutino a penetrare meglio nella comprensione di ciò che studia”.
Poi passò a Roma al Pontificio Collegio Beda. Fu un lavoro impegnativo, difficile e non privo di qualche umiliazione, specie da parte di quegli “intellettuali” che vedevano nei Fratelli sacerdoti una diminuzione del livello culturale nei nuovi presbiteri. Qualche sofferenza gli fu causata anche da parte di qualche “Fratello” che gli rimproverò di essere “uno che diventa prete perché è stanco di lavorare” (la stessa cosa, comunque, veniva detta agli altri Fratelli che volevano diventare sacerdoti). L’ideale del sacerdozio, gli dava forza e gli accresceva la volontà.
Non si sa se fu soltanto coincidenza o un dono che Santa Teresa gli fece (secondo lui), intercedendo presso Dio, quello di essere ordinato diacono nello stesso giorno del decimo anniversario della morte del tanto amato papà, cioè il 19 aprile 1974.
Fu ordinato diacono nella chiesa di Molino di Altissimo, dove suo fratello era parroco ed aveva con sé la mamma. Ordinante fu il vescovo di Vicenza Mons. Arnoldo Onisto. La mamma morirà nel novembre seguente.
Il 15 marzo 1975 poté finalmente coronare il suo sogno ricevendo l’ordinazione sacerdotale, nella bella chiesa di San Antonio Abate in Marostica, dalle mani dello stesso Mons. Arnoldo Onisto.
In Messico
Nel frattempo le porte dell’Uganda si erano chiuse per lui, ma si aprirono subito quelle del Messico. P. Nereo fu a San Francisco del Rincón, Sahuayo, La Paz, Ciudad Constitución, Mulegé, Bahía Tortugas, Las Pocitas (dove condivise la missione con il suo maestro di noviziato, P. Giordani) e nuovamente a Ciudad Constitución (sempre in Bassa California).
Quando il vescovo gli propose di andare a Bahía Tortugas, P. Nereo, sapendo che in quella zona poteva resistere solo chi era nato in quel luogo, rifletté a lungo e dopo sei mesi accettò l’invito come volontà di Dio. Questa nuova parrocchia era isolata e lontana dalle abitazioni. Fu lì che, probabilmente per la puntura di un insetto, si sentì mancare e cominciò a pregare raccomandandosi a Dio, l’unica compagnia che in quel momento era con lui. Cadde in coma e al suo risveglio non riuscì a sapere quanti giorni fossero passati.
Era zelantissimo nel ministero. Non vedendo arrivare alcun parrocchiano in chiesa, senza sgomentarsi più di tanto, prendeva l’occorrente per la messa e si avvicinava lui al gruppo di quei cristiani poco fervorosi, pensando fra sé: “Se non possono venire loro da me, perché non posso andare io da loro?”. E così, con semplicità e umiltà, portava avanti il suo ministero sacerdotale.
I confratelli che sono stati con lui attestano lo spirito di accoglienza che ha sempre caratterizzato il comportamento di P. Nereo. Quando qualcuno di loro arrivava alla sua missione, lo accoglieva con gioia, gli apriva la portiera della macchina e lo accompagnava in casa. Apriva il frigo e metteva a disposizione tutto ciò che aveva di fresco da bere e intanto preparava il caffè. “Non si deve mai lavare la moka – diceva – altrimenti il caffè perde un poco del suo aroma”.
Il suo animo servizievole, rafforzato dal lungo periodo di missione come Fratello, si rallegrava facilmente, anche per un piccolo omaggio che gli veniva portato, magari una cosa che agli altri sembrava di poco conto, come un tubo di scappamento. P. Nereo, invece, subito pensava a come poterlo utilizzare. Per lui, tutto poteva essere riciclato. Vissuto a lungo nelle difficoltà, il suo ingegno lo portava a risolvere ogni piccolo problema che si presentava nella missione.
Inoltre, sapeva usufruire dei rimedi naturali che il buon Dio ci regala attraverso le erbe.
Un giorno si presentò alla missione una ragazzina nera, implorando aiuto per i suoi occhi dolenti, forse per qualche forma di infezione. P. Nereo rivolse il pensiero a Dio, quasi a chiedere il suo consenso, e mise alcune gocce di una soluzione di verderame negli occhi della ragazzina, la quale se ne andò urlando per il bruciore. P. Nereo, dispiaciuto e pensando di aver definitivamente compromesso la vista a quella poveretta, si mise in preghiera, confidando nell’aiuto di Dio e di Santa Teresa. Dopo qualche settimana la ragazzina si presentò nuovamente alla missione con un piccolo contenitore, per chiedere ancora un po’ di quella soluzione considerata da lei miracolosa. Inutile dire la gioia provata in quel momento da P. Nereo che, con un grazie profondo a Dio, continuò il suo quotidiano lavoro, aggiungendo ulteriore forza alla sua fede.
A Verona
Nel 1999 la salute cominciò a farlo soffrire: difficoltà di digestione, primi sintomi del morbo di Parkinson e altri disturbi. Rientrò in Italia e visse un po’ di tempo con la sorella maggiore a Pianezze; poi andò a Thiene, ad Arco e, infine, a Verona. Anche se era in convalescenza, non smise mai di rendersi utile per il ministero sacerdotale.
Nella comunità degli ammalati fu elemento di concordia e di pace. Ogni tanto rallegrava l’atmosfera con le sue battute umoristiche. Riceveva molte visite dai parenti, ai quali era molto attaccato, specie dalla sorella minore, che passava il sabato o la domenica con lui accudendolo nelle sue necessità. In quel periodo, la sorella chiedeva a P. Nereo di scrivere qualche suo pensiero di fede, perché potesse rimanere di esempio per tutti, ma la sua risposta era sempre la stessa: “Io sono poca cosa; è Dio che sa. Pregate e Lui vi ascolterà; io pregherò con voi e per voi”.
P. Nereo avrebbe potuto tirare avanti ancora per molto tempo, se non fosse intervenuta una caduta con la conseguente rottura di un femore, che lo costrinse al ricovero in ospedale. In un primo tempo, superò la broncopolmonite, poi il male riprese vigore. Consapevole che la sua ora si avvicinava, intensificò la preghiera e gli atti di offerta della vita per la missione e per le vocazioni, ma sempre in un clima di pace e di serenità. Diceva sempre di essere pronto e di non aver paura di morire.
Il 14 febbraio 2004 sorella morte venne a prenderlo. Dopo i funerali in Casa Madre, che hanno visto una grande partecipazione di confratelli, parenti e amici, la salma, per suo desiderio, è stata traslata al paese natale, Pianezze San Lorenzo (Vicenza), dove riposano anche i suoi parenti.
Forse, nel profondo, desiderava essere sepolto a Pianezze per essere nuovamente vicino alla sorella Maria, che era stata la sua seconda mamma.
Quando P. Nereo aveva lasciato il Messico per l’Italia, il Superiore Generale gli scrisse una lettera nella quale metteva in risalto il suo zelo per la salvezza delle anime sia in Uganda che in Messico e lo ringraziava per la sua vita donata alla missione.
P. Lorenzo Gaiga, mccj
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Fr. Nereo Farina, the fifth of 10 children, was born into a deeply Christian and well-to-do family of Pianezze San Lorenzo, Vicenza, on 11 January 1927. His father was a tax collector and, even though he himself was exempt from taxes because of his 10 children, considering the poverty of his town, always paid them anyway.
On Saturdays, the mother gathered the town’s poorest people under the grape vines in front of the house and fed them minestrone soup and a thick slice of bread. The children grew up and learned in such a school the meaning of solidarity, charity and love for the less privileged. Every morning, at 5:30, the whole bunch, led by the eldest sister, marched a mile to church in order not to miss the appointment with the Lord.
When he finished grade school, Nereo met a missionary who used to periodically visit the neighbouring parishes, and the spark of a missionary vocation turned into a healthy fire. From 1939 to 1943 he attended secondary school in Comboni minor seminary of Padua. In 1944, while he was in Santa Giustina al Colle, the partisans killed five German soldiers. Nereo was also arrested and lined up with 20 other men to be executed by a firing squad in retaliation. The parish priest and his associate, who had placed themselves in front of the soldiers to beg for mercy, were shot dead and fell to the ground in a pool of blood. All of a sudden the captain of the SS, seeing that Nereo was only wearing sandals, said: “If you are not wearing shoes, you cannot be a partisan. Get out of line!” His life was thus spared, but unfortunately he had to witness the death of the other people taken prisoners, including his cousin Valentino Fiscon.
Between 1945 and 1946 he studied at the Brocchi School in Bassano del Grappa, but because he could not manage to learn Greek, he had to drop out. His missionary vocation, however, was still alive in him. “If I can’t become a priest, I will be happy to become a Brother,” he said, and immediately he applied to enter the novitiate. It must be said, however, that deep down he always hoped that one day he would become a priest.
In 1948, he was then 21, he entered the novitiate in Gozzano under the wise guidance of Fr. Giovanni Giordani from whom he learned - as he would say later - the wisdom of the heart, namely the ability to read the events of life in the light of God’s wisdom. While in Gozzano, in as much as his duties as a novice allowed it, he learned to be a printer. During a practical demonstration he saved the hand of a confrere who was working on the cutter.
Bro. Nereo finished the novitiate in England where he stayed for two years after his first profession, which he made on 8 December 1950. As a Comboni Brother, in 1952 he went to Uganda where he worked first in Aduku and then in Gulu, among the Acholi people. Bro. Nereo became renowned as a brick maker and a builder of churches. In these assignments he turned into reality Comboni’s dream: to save Africa with Africa. In fact, he taught a trade to many young people. While working in the carpentry shop one day he cut off four of his fingers. Without too much ado he bandaged his hand and rode the 70 km to the mission on his motorcycle. His comment over this fact revealed his simplicity and the serenity of his heart: “The fingers I have lost is to make up for the hand I helped my confrere to save when I was in the novitiate.”
Divine Providence finally arrived with Vatican II that lifted the obligation of classical studies for candidates to the priesthood. From 1971 to 1975 we find Bro. Nereo back in school, first in Rome and then in Lucca. It was a demanding and difficult effort, not without a degree of humiliation especially from those “intellectuals” who were seeing in those Brothers who wanted to become priests a lowering of the cultural level of the studies to the priesthood. The ideal of the priesthood, however, gave him strength and increased his determination. In 1974 he was ordained a deacon in the church of Molino di Altissimo, where his brother was parish priest. His mother, who would die the following November, attended the ceremony. Then, on 15 March 1975 he finally saw the realisation of his dream as he celebrated his first Mass in the beautiful church of Marostica.
Meanwhile, Uganda closed its borders to him as Bro. Nereo, but Mexico welcomed him as Fr. Nereo. He was stationed first in Mexico City, then in Sahuayo and then always in Baja California: La Paz, Bahía Tortugas, Las Pocitas (where he shared his missionary life with his former novice master Fr. Giovanni Giordani) and Ciudad Constitución.
In the year 2000 Fr. Nereo began to have serious health problems: digestive difficulties, the onset of Parkinson disease and other setbacks. He returned to Italy and at first he stayed with his eldest sister in Pianezze, then he moved to Thiene, Arco and finally Verona. Even when convalescing, he never stopped helping out in ministry. A femur fracture was the determining factor that eventually led him to his death on 17 February 2004. Following the funeral at the Mother House, the body was taken to and buried in his native town, Pianezze San Lorenzo.
Da Mccj Bulletin n. 224 suppl. In Memoriam, ottobre 2004, pp. 6-15