P. Angelo Confalonieri era nato a Seregno, cittadina della cintura milanese. Alla grande fede assorbita dalla famiglia e dalla comunità cristiana, seppe unire anche la tipica intraprendenza di quella gente. Questa sarà la sua carta vincente come uomo e come missionario. Quando Angelo entrò dai Comboniani, papà Francesco era falegname e lo erano anche i cinque figli maschi, mentre le due sorelle erano una operaia e l’altra studentessa. La mamma, Giuseppina Tremolada si dedicava totalmente alla famiglia.
Lasciato il paese dopo la quinta elementare, Angelo andò a Crema dove c’era un seminario minore per futuri missionari. Poi passò a Brescia per concludere il ginnasio. P. Diego Parodi, suo superiore, scrisse di lui: “Sempre allegro, espansivo, entusiasta e costantemente uguale a se stesso. Difetta qualche volta della dovuta riflessione, ma bisogna capirlo perché è ancora un ragazzo. Nel complesso è un ottimo elemento. Ha sostenuto gli esami pubblici all’Arnaldo di Brescia”.
Nella domanda di ammissione al noviziato sottolineò che “dopo aver desiderato per cinque anni di far parte della Congregazione dei Figli del Sacro Cuore di Gesù, dopo aver lottato per togliere dalla mia vita i difetti con l’aiuto dei superiori e specialmente del padre spirituale, è giunto il momento di effettuare i miei santi desideri: entrare in noviziato per diventare sacerdote missionario”.
Con questi sentimenti il 29 settembre 1949 entrò nel noviziato di Gozzano e, due anni dopo, si consacrò con la professione religiosa a Dio per la missione.
P. Giovanni Giordani, maestro dei novizi, disse: “Dopo i primi mesi di indecisione, si è messo di vero proposito. Ha uno spiccato orientamento verso la S.S. Eucaristia. In essa trova forza per resistere all’orgoglio ereditato da natura in abbondante dose. Nella preghiera trova energia nel lavoro e nello studio. Bel carattere, aperto, inclinato all’ottimismo. È di iniziativa, padrone di sé, intraprendente. Intelligenza vivace”.
Dopo la professione Angelo passò a Rebbio per la filosofia, ma vi rimase un anno perché, nel 1951, andò a Verona per terminare il liceo, quindi si spostò a Venegono Superiore per la teologia. Fu ordinato sacerdote il 31 maggio 1958 a Milano dal Cardinale Giovanni Battista Montini, futuro Paolo VI.
A Barolo via Sudan
Appena ordinato sacerdote venne mandato a Sunningdale, in Inghilterra, per lo studio dell’inglese. Infatti era destinato al Sudan meridionale. Nel 1959 lo troviamo, come vice parroco, nella missione di Tonj (Sudan). In sei mesi apprese la lingua locale tanto da poter essere mandato nel seminario minore del Bussere come formatore e insegnante. Il suo tirocinio durò tre anni, fino al 1963, data in cui dovette lasciare il Sudan. Poco dopo anche gli altri confratelli e le suore subirono la stessa sorte.
Giunto in Italia, fu mandato a Barolo, Asti, dove, in un vecchio maniero, c’era un piccolo seminario comboniano che raccoglieva i ragazzi del Piemonte e quelli di Carraia. P. Angelo fu insegnante ed economo.
Vista la provvisorietà della scuola apostolica di Barolo, le ricerche dei Comboniani per un nuovo seminario approdarono ad Asti. Nell’Astigiano erano state fatte tante giornate missionarie con buoni frutti, riscuotendo la simpatia dei sacerdoti e del vescovo. Sembrava che Asti fosse l’ideale per una nuova scuola apostolica per i ragazzi del Piemonte e della Liguria.
La casa, nata per iniziativa (sarebbe meglio dire per testardaggine) di qualcuno, per qualche anno accolse i ragazzi di Barolo e le vocazioni adulte che venivano da Crema, ma poi fu chiusa per mancanza di vocazioni. Sta di fatto che anche P. Angelo, come economo, dovette battere i paesi e le città per raccogliere fondi allo scopo di completare i lavori e pagare i debiti.
Nel 1969 P. Angelo lasciò Asti, mentre P. Giovanni Battista Zanardi, nuovo superiore, si dedicava alle giornate missionarie e cercava di vendere la casa, cosa che avverrà nel 1974.
In Canada
Nel 1969 P. Angelo lasciò Asti e andò a Brossard, Quebec, in Canada, come superiore locale. I Comboniani erano arrivati in Canada nel 1962 con lo scopo di fare animazione missionaria e vocazionale. Avevano dato vita a Baobab una rivista per ragazzi simile al Piccolo Missionario. Inoltre c’era un’altra rivista, intitolata Echo Missionnaire da mandare avanti.
P. Angelo si adoperò in tutti i modi per diffondere queste riviste facendo giornate missionarie e incontri di giovani. Lavorò bene riuscendo a mettere insieme un notevole numero di amici e benefattori che gli saranno preziosi per realizzare, in Ghana, molte opere di promozione sociale. Oggi diremmo che era un libero battitore, ma lo scopo per lui era chiaro: si trattava di aiutare i più poveri.
Nel 1973 scrisse ai superiori: “In Canada possibilità di sviluppo ce ne sono, purché ci sia un minimo di personale disponibile”. E aggiunse: “Riguardo alla rivista Baobab, sono ancora indeciso se chiuderla o no”. Evidentemente, c’era un po’ di crisi. Il Superiore Generale gli promise di cercare qualche confratello che si dedicasse alle riviste.
Intanto P. Angelo ribadiva la sua richiesta di essere mandato in missione. Nel 1974 gli si aprirono finalmente le porte dell’Uganda. Era però necessario trovare un confratello che prendesse in mano le due riviste, in modo che egli potesse partire senza danneggiare il lavoro fatto con tanto sacrificio. Così, fece il nome di P. Lorenzo Gaiga “che potrebbe prendersi cura a tempo pieno di Baobab e di Echo. Avrei così risolto il problema delle riviste. Nei primi tempi P. Giulio Mariani lo potrebbe instradare nel nuovo lavoro”.
P. Ernesto Malugani, provinciale d’Italia, gli rispose: “Personalmente devo in coscienza avanzare qualche riserva per la scelta di P. Gaiga, perché non vedo garantita a sufficienza la continuità del suo lavoro in Italia al Piccolo Missionario, inoltre può fare solo un lavoro a tavolino per la sua salute. P. Gaiga è solo nel suo lavoro al Piccolo Missionario che ha una tiratura molto alta. Farlo partire con il rischio di veder crollare la tiratura del P. M. non è certo una buona prospettiva”. Non trovando personale adatto, P. Angelo dovette tirare avanti lasciando perdere la possibilità di andare in Uganda.
Togo e Ghana
Dopo qualche tempo, per P. Angelo si aprì una nuova porta. Nel 1977 il Superiore Generale gli scrisse: “L’espulsione dei nostri padri dal Burundi mi permette di fare subito qualche cambiamento. È arrivato per te il tempo di partire per la missione. Dato che tu conosci il francese e l’inglese ho pensato di destinarti al Togo. Sono sicuro che farai molto bene anche in questa nuova missione e che il Signore che ha benedetto i tuoi sforzi nel passato potrà benedire anche gli sforzi che farai per inserirti nella tua nuova missione. Ti ringrazio in nome di Dio, della Chiesa e della Congregazione per il lavoro che hai fatto in questi anni…”.
Dal Togo, dove i Comboniani erano arrivati nel 1964, verso la fine del 1974 si spinsero nel Ghana per gestire la missione di Abor, nella diocesi di Keta-Ho (regione sud orientale del paese). P. Angelo vi giunse nel 1978 diventando subito parroco di Abor e poi direttore delle scuole. Vi rimase fino al 2000.
Annunciando al regionale, P. Nazareno Gaetano Contran, il suo prossimo arrivo, scrisse: “Mi è stato detto che andrò ad Abor. Sono contento (non so se lo saranno anche gli altri!). Farò comunque del mio meglio. Da una parte mi è dispiaciuto lasciare il Canada, dall’altra no… È meglio che conservi del Canada il ricordo positivo”. Chiese a P. Contran di mandargli notizie sulla missione di Abor e sul Ghana in generale: “Situazione religiosa, politica, sociale, poveri, ecc. Prima di partire, vorrei scrivere due righe sul giornale locale di Seregno. Se vuoi farmi tu l’articolo (due colonne circa di giornale) te ne sarei grato… Lo sai che non sono giornalista!”.
Il 20 settembre 1978 arrivò in Regione. Lavorò in Ghana, dato che conosceva l’inglese (oltre al francese). Al Ghana, soprattutto ad Abor, consacrò gli anni più belli della sua vita missionaria. Il Ghana gli permetteva di realizzare il suo sogno missionario. Si buttò nel lavoro di evangelizzazione con grande dedizione e zelo apostolico occupandosi dei catecumenati, della formazione dei catechisti, visitando le comunità nella ricerca continua del contatto con la gente. Un modo di far missione tradizionale, si direbbe, ma che ha portato i suoi frutti spirituali (con la nascita e la crescita di nuove comunità) e materiali (cappelle, scuole e altre costruzioni). Era un lavoratore instancabile, con una creatività e uno spirito di iniziativa non comuni, sempre con i piedi per terra e la testa sulle spalle. Voleva le cose fatte bene e curava molto anche i dettagli.
Nel 2000 passò nella missione di Adidome come superiore locale e parroco. A lui si deve l’inizio, in questi ultimi anni, delle strutture per una futura parrocchia a Mafi Kumasi, comunità dipendente da Adidome. Era sempre disponibile ad accogliere e ad ascoltare, facendo in modo che la gente si sentisse a suo agio. Tutto questo, nonostante le forti nevralgie che per anni sono state per lui un vero calvario.
L’amore per gli handicappati
I dolori al trigemino, infatti, gli procuravano un terribile mal di testa, la cosiddetta cefalea a grappolo. Quando il dolore diventava insopportabile, P. Angelo lasciava tutto e si chiudeva nella sua stanza aspettando che la crisi passasse. Questa esperienza di sofferenza gli consentì di guardare con particolare attenzione ai più sfortunati nella vita, gli handicappati. Spesso, dopo giornate di intenso lavoro, passava la notte a scrivere ad amici e benefattori chiedendo aiuti per un’opera che gli stava grandemente a cuore: un centro per ragazzi handicappati.
Con la sua volontà di ferro e l’aiuto dello Spirito Santo riuscì a realizzare il St. Theresa Centre for the Handicapped. In quest’opera si è donato tutto, con occhi particolarmente attenti ai più poveri e bisognosi. Seguiva i ragazzi fino ad assicurare loro una certa autosufficienza e autonomia. Saranno i Guanelliani, da lui stesso sollecitati, a sostituirlo in questo lavoro. Ciò rivela il senso di distacco dalle cose che avrebbe potuto considerare “sue”. Il 2 giugno 1993 il Presidente della Repubblica italiana gli conferì l’onorificenza di Cavaliere della Repubblica per i suoi meriti in terra africana.
P. Angelo era capace di farsi da parte, convinto che altre forze ecclesiali potevano subentrare al suo posto e fare meglio di lui. P. Petrogalli ha scritto: “Quando vedevo lo stato di salute di P. Angelo e quello della cinquantina di ragazzi che aveva raccolto attorno a sé e che manteneva, istruiva, educava e portava in ospedale quando ce n’era bisogno, mi veniva spontaneo pensare a Gesù che ha condiviso la situazione umana nel dolore e nella sofferenza. Pensavo anche a Comboni che si era consumato per i più poveri e bisognosi. L’ho ammirato anche quando, spontaneamente, ha saputo ritirarsi dalla sua opera consegnandola nelle mani esperte dei Guanelliani. Non solo, ma ha saputo realizzare la promozione umana fondando la scuola artigianale di Saint Agnes, aiutando gli studenti più bisognosi e gli apprendisti e collaborando con i servizi sociali (scuola e sanità)”.
P. Aurelio Boscaini precisa:“È lui che ha avuto l’idea di avere una presenza comboniana nella capitale, Accra. Acquistò una casetta a Kaneshie, facilitando l’accoglienza e il riposo dei confratelli che venivano dal Volta Region per gli acquisti, senza contare che, proprio a Kaneshie, diede vita al Centro di Animazione Missionaria dei Comboniani in Ghana”.
Collaborava col vescovo e con i sacerdoti diocesani
Pur essendo a servizio della diocesi, del vescovo e dei sacerdoti africani, partecipava assiduamente agli incontri comboniani di zona dando un valido contributo di idee, grazie alla sua esperienza. Ogni volta che gli è stata chiesta la sua collaborazione finanziaria per la realizzazione di alcune opere della provincia comboniana, non si è mai tirato indietro, come ad esempio per l’acquisto del terreno a Cacaveli dove è sorta la casa provinciale con il postulato per i Fratelli. Ma la lista di queste collaborazioni sarebbe lunga.
Frutto delle sue questue “epistolari”, che gli sottraevano parte della notte e del sonno, sono state la costruzione della cattedrale della diocesi di Akatsi, dell’episcopio e di altre opere della diocesi, realizzate anche grazie alla perizia architettonica di Fr. Virginio Negrin. Il vescovo aveva nominato suo amministratore P. Angelo il quale, proprio per questo, molte volte, si fermava in una casetta vicino all’episcopio in modo da essere pronto ad ogni chiamata del vescovo.
Non mancava di mezzi perché aveva saputo tessere un’intensa rete di amicizie, sia in Italia che in Canada. Rispondeva personalmente a tutti gli amici e benefattori, ringraziandoli per ogni gesto di generosità, senza tardare. È riuscito in questo modo a coinvolgere tantissime persone nel suo lavoro missionario che sapeva mettere in risalto con vivacità. Aveva ereditato anche gli amici di P. Cuniberto Zeziola che lo aveva preceduto ad Abor e che sono diventati benefattori dei Comboniani e amici della Chiesa locale. Non aveva paura di stendere la mano, sull’esempio del nostro santo Fondatore, quando si trattava di aiutare chi era nel bisogno.
Quando gli fu chiesto il suo contributo per l’economato diocesano, soprattutto alla nascita della diocesi di Keta-Akatsi, mise la sua competenza e la sua borsa a servizio del vescovo Anthony Adanuty e di tutta la diocesi. Questo stesso vescovo gli farà visita al Centro Ambrosoli di Milano, durante il suo ricovero, e resterà accanto a lui per cinque giorni prima della sua morte. Sentiva come suoi fratelli i sacerdoti diocesani: era consapevole di essere là per dare loro una mano.
Non assistenzialismo, ma promozione umana
Era dotato di un’intelligenza creativa che lo portava a prevedere e ad organizzare gradualmente l’autosufficienza delle opere che metteva in atto con un’attenzione particolare alle persone perché potessero, con i loro mezzi, realizzarsi autonomamente, senza bisogno di ricorrere continuamente alla carità del “bianco”.
Aveva uno stile di fare missione che, forse, oggi non è più in voga, ma le testimonianze dei confratelli africani sono unanimi nel tessere l’elogio di un uomo particolarmente attento alle persone. Così, si era facilmente lasciato coinvolgere nella promozione vocazionale comboniana e in quella di tutte le vocazioni sacerdotali e religiose, maschili e femminili, in vista di una Chiesa africana.
Molti confratelli africani gli devono la fede ricevuta attraverso il battesimo ed è guardando a lui che hanno sentito nascere in loro la vocazione missionaria. Sapeva accogliere i candidati comboniani e valorizzarli nel modo migliore per il lavoro di evangelizzazione. I novizi che hanno fatto con lui il loro stage comunitario non lo dimenticheranno facilmente. Sapeva scherzare sui propri limiti e su quelli degli altri, con molta schiettezza, e se aveva qualcosa da dire non si faceva pregare.
Dal cielo non potrà non intercedere perché il Padrone della messe mandi Comboniani, originari del Ghana, santi e capaci.
P. Angelo è stato per tutti un esempio di uomo fedele alla missione, che si è donato tutto per l’evangelizzazione. Negli ultimi tempi, la malattia è venuta a purificarlo di quei difetti e limiti umani che hanno anche gli evangelizzatori, i prediletti dell’amore misericordioso del Padre.
A 65 anni il dolore alla testa è sparito, ma un tumore lo ha aggredito. Nel dicembre 2004 gli è stato diagnosticato un cancro alla vescica. Operato nel febbraio 2005, ha sempre portato con sé l’handicap della sua situazione. Altri interventi lo hanno costretto diverse volte a rientrare in Italia ma ogni volta, subito dopo, tornava alla sua missione, sostenuto dal suo ottimismo e buon umore.
Accompagnato al Centro Ambrosoli di Milano da un Guanelliano che tornava in Italia, ha affrontato con coraggio, serenità e fede l’ultima battaglia. Martedì 1 agosto 2006, alle 2 di notte ha consegnato la sua anima a Dio. Dopo il funerale nella chiesa “Madonna di Fatima”, la salma è stata traslata nella Basilica di Seregno per una seconda cerimonia funebre che ha visto una grande partecipazione di sacerdoti e di popolo. P. Saverio Perego, P. Eugenio Petrogalli, P. Eugenio Ziliani e Fr. Silvano Saladini hanno rappresentato la provincia del Togo. P. Angelo è stato tumulato nella tomba di famiglia a Seregno.
Testimonianze
Il provinciale del Togo, P. Manuel João Pereira Correia, si è dato molto da fare per cercare testimonianze su P. Angelo da parte di sacerdoti, seminaristi, catechisti e laici. Visto che è stato raccolto molto materiale (conservato in archivio a Roma), ne presentiamo qui un breve riassunto.
Tutte le testimonianze insistono sull’amore di P. Angelo per i poveri, sulla sua capacità di fare amicizia con i sacerdoti diocesani, sulla sua semplicità di vita, sul suo zelo nell’indirizzare vocazioni al sacerdozio e alla vita religiosa, sulla sua tenacia nel lavoro fino all’estremo delle forze, sulla preoccupazione perché tutti potessero frequentare la scuola e, soprattutto, perché avessero la possibilità di curarsi dalle malattie.
Alcune poi, mettono in risalto il suo amore per la pastorale e per la formazione dei catechisti, la sua fede genuina, la sua testimonianza di sacerdote integro, la sua capacità di analizzare gli eventi e trovare soluzioni adeguate, la sua capacità di mettersi allo stesso livello delle persone con cui trattava, specie i poveri.
I confratelli, in particolare, hanno sottolineato la sua generosità nel dare e la collaborazione con le opere della provincia e della diocesi, le sue iniziative volte al bene della gente e anche il suo spirito artistico, la sua creatività, oltre che la capacità di allargare la cerchia degli amici e dei benefattori delle missioni.
Il Superiore Generale ha concluso scrivendo che “Comboni è orgoglioso di questo missionario”. Non rimane che augurarci che altri seguano le sue orme per il bene della Chiesa e della missione.
(P. Lorenzo Gaiga, mccj)
Da Mccj Bulletin n. 232 suppl. In Memoriam, ottobre 2006, pp. 107-116.