In Pace Christi

Marchetti Mario

Marchetti Mario
Data di nascita : 19/02/1922
Luogo di nascita : Pietrasanta
Voti temporanei : 07/10/1940
Voti perpetui : 07/10/1945
Data ordinazione : 20/04/1946
Data decesso : 26/12/2006
Luogo decesso : Paderno Dugnano (Milano)

P. Mario Marchetti (19.02.1922-26.12.2006)
P. Mario Marchetti, nato a Pietrasanta il 19 febbraio 1922, emise la prima professione il 7 ottobre 1940 e la professione perpetua il 7 ottobre 1945. Frequentò l’ultimo anno di studi a Roma dove fu ordinato sacerdote il 20 aprile 1946.
Subito dopo l’ordinazione fu destinato all’Uganda dove rimase fino al 1960. Trasferito alla provincia italiana per cinque anni, tornò in Uganda nel 1965, assegnato al seminario minore di Lacor. Nel 1969 fu nominato rettore del seminario e superiore della comunità. Nel 1970, divenne “superiore regionale”, un incarico che mantenne fino al 1976. Nel 1975, nonostante le difficoltà del momento, P. Mario aprì lo scolasticato di Kampala, che funzionò con successo fino al 1988, anno in cui venne trasferito a Nairobi.
Assegnato alla comunità della Curia nel 1980, fu direttore spirituale del Collegio Urbano. In quel periodo strinse rapporti di grande amicizia con alcuni sacerdoti e laici polacchi, preparando così il terreno alla decisione, che sarà presa dal Capitolo Generale del 1985, di aprire una comunità comboniana in Polonia.
Nel 1986, ritornò in Uganda, ma nel 1988 fu mandato nelle Filippine, come rappresentante del Superiore Generale, con l’incarico di aprirvi una comunità per assicurare una presenza dei Missionari Comboniani in Asia. La prima comunità fu aperta ufficialmente nel 1990 e P. Mario fu il primo superiore locale. Fu anche responsabile dei primi passi dell’Istituto per la fondazione di Macau. Nel 1993, il primo gruppo dei Missionari Comboniani divenne la delegazione dell’Asia.
Nel 1993 ritornò alla sua missione in Uganda, assegnato alla comunità di Layibi come cappellano del vicino “Layibi College”. Nel tempo libero amava approfondire la vita di Comboni e dei confratelli che erano stati i pionieri della missione in Uganda. Pubblicò numerosi articoli e una breve biografia di Fr. Clemente Schroer che aveva lavorato per molti anni nel nord Uganda ed era morto a Gulu nel 1942.
Nominato postulatore per la Causa di beatificazione di Daudi Okelo e Gildo Irwa, i due martiri di Paimol, P. Mario si impegnò con entusiasmo. Questi due eroici catechisti vennero beatificati il 20 ottobre 2002 a Roma da Giovanni Paolo II.
Nel 1998 andò come cappellano al Lacor Hospital, ma l’anno seguente, in seguito alla morte improvvisa di P. Vittorino Cona, ritornò a Layibi come superiore locale. P. Mario, però, incominciava a sentirsi stanco e bisognoso di un periodo di riposo e di cure. Nel 2004 P. Teresino Serra, Superiore Generale, lo assegnò alla provincia italiana con una lettera nella quale, tra l’altro, invitava P. Mario a vivere la sua sofferenza, portando nel cuore la missione.
Per quanto riguarda il suo carattere, bisogna dire che P. Mario ha sempre tenuto fede alle sue origini toscane: intelligente, spiritoso, dinamico, gentile e attento con tutti, era piuttosto critico verso coloro che non si impegnavano abbastanza nella missione e nella vita comunitaria. Gli piaceva giocare a carte con i confratelli, ma non amava perdere! Tutti apprezzavano le sue qualità di leader e organizzatore, ma soprattutto la sua discrezione per le cose di carattere confidenziale. Sapeva bene come realizzare i progetti, ma si spazientiva con chi tendeva sempre a rimandare le cose; doveva, in qualche modo, combattere con il suo carattere ansioso, ma nessuno ha mai dubitato delle sue buone intenzioni né della sua onestà.
Scrive ancora P. Glenday: “Dalle conversazioni avute con lui in qualità di Superiore Generale, posso testimoniare che aveva un profondo senso di Dio e una grande devozione al Cuore di Gesù. I missionari come P. Mario sono un dono prezioso per il nostro Istituto”. Ha vissuto la sua passione per la missione fino alla fine come un autentico figlio di Comboni, quel Comboni che ha profondamente amato.
La provincia dell’Uganda è grata a P. Mario per il lavoro che per tanti anni ha svolto in Uganda.  (P. Giuseppe Filippi)

Scrivendo alcuni pensieri sulla vita di P. Mario Marchetti mi viene spontaneo ricordare come era attento verso i confratelli che arrivavano in Uganda, la “perla dell’Africa”. Più di una volta mi disse: “So tante cose di te e sul tuo lavoro specialmente riguardo all’Azione Cattolica, alla tua attività per la preparazione dei giovani alla vita familiare e pubblica, ai canti che insegnavi, al lavoro pastorale, al viaggio di Paolo VI nel 1969 e di Giovanni Paolo II nel 1993 in Uganda”. Si riferiva soprattutto ai dieci anni circa passati assieme nel seminario minore e maggiore della diocesi di Gulu, a Lacor. Nel seminario maggiore, fino al 1956, abbiamo ospitato anche i seminaristi del Sudan. Nel 1946 P. Mario, P. Giovanni Marengoni ed io siamo stati ordinati sacerdoti a Roma da un vescovo missionario Barnabita.

Provvidenza volle che al decesso di P. Mario a Milano fossimo di nuovo assieme. Il 28 dicembre 2006, due giorni dopo la sua morte, avvenuta il giorno di Santo Stefano, fui incaricato di presiedere alla concelebrazione della Messa del suo funerale, ma sentivo che il sacerdote principale di quel giorno era lui, P. Mario. La sua morte non fu improvvisa, ma, dopo la sua caduta dalla carrozzella e la conseguente rottura del femore, il suo declino fu rapido.

Negli ultimi anni di vita P. Mario fu colpito da una strana malattia: per giorni la sua mente era spenta, poi ogni tanto riprendeva il suo normale interesse per ciò che lo circondava. Un giorno cominciai a ripetergli delle date e degli eventi importanti della sua vita: “Sei nato in febbraio 1922; ci siamo incontrati per la prima volta nella scuola apostolica di Brescia nel 1935; eravamo assieme nel noviziato a Venegono (1938-1940), a Verona (1940-1942), a Roma per i nostri studi di teologia, e poi, dopo l’Inghilterra, nel 1948, sei andato in Uganda dove ci siamo trovati nel 1951...”. E finii ricordandogli che il 20 aprile del 2006 ricorreva il 60° anniversario della nostra ordinazione sacerdotale. Infatti, lo abbiamo celebrato nella cappella del nostro Centro Anziani e Ammalati di Milano.

La vita di P. Mario fu molto varia, anche per quanto riguarda uffici e responsabilità, affidatigli sia dai superiori sia dai vescovi che avevano grande fiducia in lui; fiducia che ricambiava con un continuo desiderio di vivere a fondo la sua vita missionaria comboniana e la sua consacrazione religiosa.

Carattere
Nell’ammettere P. Mario alla prima professione del 7 ottobre 1940, il padre maestro, P. Antonio Todesco, poi Superiore Generale (1947-1959), scriveva: “C’è stato fin da principio un continuo progresso nel suo lavoro spirituale e nonostante la salute un po’ deboluccia ha sempre mostrato generosità e grande attaccamento alla preghiera ed al sacrificio. Ama assai la sua vocazione ed agisce con convinzione e comprensione”. Positivo pure il giudizio di P. Agostino Capovilla per l’ammissione ai voti perpetui (7 ottobre 1945) e agli ordini maggiori: “I suoi superiori precedenti ne diedero sempre buone informazioni. Pietà distinta, costumi illibati, docile, di buone capacità e giusto criterio, diligente. Ha risoluta volontà di diventare sacerdote nel nostro Istituto”.

Un simile giudizio fu ripetuto da P. Gabriele Bevilacqua, rettore del seminario di Lacor: “P. Mario è un religioso veramente esemplare in tutto, nella pietà, obbedienza e dipendenza dai superiori, nella carità, povertà, ecc. È di compagnia piacevole ed è gradito a tutti i confratelli. Si presta a fare volentieri tutto ciò che gli si chiede. Ama e riesce assai bene nell’insegnamento, molto diligente nella preparazione delle lezioni, gli piace assai il ministero, ed egli stesso chiede di farne nei momenti liberi e nei giorni di vacanza. È molto intelligente, prudente e potrebbe assumere in futuro qualsiasi ufficio di responsabilità, salvo che la salute lo permetta. Difatti è di salute cagionevole, tuttavia non si lamenta di nulla, anzi bisogna obbligarlo ad avere cura della salute”.

P. Longino Urbani nota però: “P. Mario è irascibile, scatta spesso. L’eccessivo lavoro incide molto sulla sua salute e i suoi nervi. Cerca di correggersi molto. Con un lavoro moderato penso possa fare molto bene sia in seminario come in missione”. Quando qualcosa lo faceva inquietare, diventava rosso come un gambero ma dopo un attimo dimenticava tutto, il volto tornava sereno e tutto spariva anche dalla mente e dal cuore. Appena seppe comunicare in acholi, la lingua locale, P. Mario si prese cura (fino al 1952) della chiesa e della direzione della scuola che erano state costruite da P. Bevilacqua vicino a Lacor. Quella chiesa divenne poi parrocchia.

Al suo ritorno in Uganda dalle vacanze del 1957, fu nominato dal vescovo rettore del seminario sia minore che maggiore, ufficio che tenne fino al 1960, quando venne assegnato all’Italia come superiore del liceo di Carraia (Lucca), dove rimase fino al 1962.

In Italia
Nel luglio 1962 fu nominato superiore della Casa Madre e come tale anche degli scolastici. Oltre al Superiore Generale e al provinciale, vi era anche il superiore di un’altra comunità, quella del Centro Nigrizia con undici padri e dieci fratelli. Erano gli anni del Concilio Vaticano II (1962-1965) e tra i giovani apparivano già i sintomi del disagio per i vecchi metodi di formazione. Però P. Mario, che viveva con i giovani, sapeva comprenderli. L’allora Superiore Generale, P. Gaetano Briani (1959-1969), lo sostenne nelle difficoltà e nel 1964 lo nominò primo consigliere della Regione di Verona. Nel 1970, su sua richiesta, fu di nuovo assegnato all’Uganda.

Di ritorno in Uganda
In Uganda fu nominato prima superiore della comunità e responsabile della cattedrale di Gulu (1965-1970), poi provinciale dell’Uganda (1970-1976) con residenza a Kampala.

Per tre anni (1976-1979) fu membro del segretariato della Conferenza Episcopale dell’Uganda, come coordinatore pastorale. Dopo alcuni mesi iniziò a pubblicare un Bollettino, come palestra di esperienze pastorali che venivano dalle diverse diocesi. Ospitava anche articoli di liturgia post-conciliare e di commenti biblici. L’avvenimento principale di quegli anni fu la celebrazione del centesimo anniversario dell’arrivo dei primi missionari in Uganda, i Missionari d’Africa (Padri Bianchi). Erano arrivati dalla Tanzania nel febbraio 1879, attraversando il lago Vittoria, e si erano stabiliti a Kampala.

P. Mario capì l’importanza di quell’anniversario e fece tutto il possibile per animare la cristianità. Dalle Suore di San Pietro Claver di Roma ottenne 200 casule con l’emblema del centenario, fece coniare in Italia migliaia di distintivi, medaglie e calendari. Però, come coordinatore pastorale, diede priorità alla preparazione spirituale. Scrisse per i vescovi una Lettera Pastorale per sensibilizzare il clero, affinché facessero altrettanto con i loro fedeli. Organizzò anche un Congresso Eucaristico di tre giorni. La preparazione fu molto disturbata dalla guerra che la Tanzania e i soldati ugandesi fuoriusciti muovevano contro Amin. Il 3 aprile, appena due mesi prima delle celebrazioni (3 giugno), la guerra era arrivata alla missione di Lweza, a sud di Kampala. P. Mario scriveva: “Nel pomeriggio abbiamo cercato scampo dalle cannonate insistenti e precise (dopo che erano apparsi nel nostro cortile dei soldati ugandesi). Con Fr. Giuseppe Coppini stavo cercando di raggiungere la chiesa, quando si è sentito il tipico fischio della cannonata venire verso di noi. Fr. Coppini, che era un po’ più avanti, è corso entrando in chiesa attraverso la porta laterale, mentre io, accorgendomi che non ce l’avrei fatta, mi sono diretto verso la porta della sacrestia. Ma sentivo che il fischio mi stava raggiungendo perciò, con molto sangue freddo, mi sono buttato per terra coprendomi la testa con il breviario: la granata è esplosa a quindici metri dalla chiesa e ad una ventina da me. Mi sono rialzato con indosso la polvere e il terriccio del cortile e niente altro. Fosse stata almeno l’ultima volta! Durante quei giorni l’unica consolazione sono stati i salmi (quelli della prima settimana dell’anno): ‘Dio è il mio scudo, Dio mi protegge dai miei nemici, con in fondo al cuore la fiducia in Dio, nella Madonna e nei Martiri ugandesi’”.

Nel 1980 P. Mario fu chiamato ad essere direttore spirituale degli alunni del Collegio Urbano della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli (SCEP). Nel 1985 ritornò in Uganda, ma poco dopo il Superiore Generale lo richiamò per la fondazione dell’Istituto nelle Filippine (1987-1993). Era ritornato in Uganda da appena 14 mesi ed aveva da poco iniziato una nuova esperienza al Comboni College di Lira, questa volta non con i seminaristi, ma con i giovani studenti. Quando ricevette l’obbedienza, era molto teso per il lavoro e prostrato per la prematura morte, avvenuta quasi tra le sue braccia, di P. Giuseppe Ambrosoli. Nonostante il suo stato d’animo, rispondeva così alla lettera del Superiore Generale: “Ti dico subito che credo fermamente nell’obbedienza e se ritieni di richiamarmi per utilizzarmi altrove, io, nonostante tutto, resto a disposizione della santa obbedienza. Ciò premesso, non nascondo che resto sorpreso della tua proposta; mi sentirei inclinato a pensare che forse non siano state soppesate bene le mie reali e concrete possibilità per una missione del genere. Certamente umanamene parlando, dovrei spaventarmi; ma anche qui devo dire che sento di dovermi rimettere al Cuore di Gesù, che saprà utilizzare a bene della nostra Famiglia Comboniana la mia pochezza e forse anche un’eventuale non riuscita del mio contributo. Mi rimetto al tuo giudizio ed alle tue direttive”.

Nel vivere la sua consacrazione perpetua per le missioni, P. Mario non era secondo a nessuno. P. Rafael González Ponce, che fu con lui nelle Filippine, scrive: “Il Cardinale Sin e altre personalità lo stimavano per la sua ‘caparbietà’ missionaria. Mi affidò tutti i progetti e problemi e tornò nuovamente in Africa. Con la stessa passione fino alla morte”.

Dopo quattro anni intensi di lavoro nelle Filippine e di inevitabili difficoltà, P. Mario chiedeva al Superiore Generale di essere sostituito come rappresentante del Superiore Generale in Asia, prima del Capitolo Generale del 1991, quando scadevano i suoi sei anni d’ufficio. P. Francesco Pierli, Superiore Generale, gli rispondeva rassicurandolo che non aveva deluso la fiducia che l’Istituto aveva posto in lui per la fondazione e ringraziava il Signore di avere ispirato la sua scelta. Inoltre, lo nominava presidente della commissione pre-capitolare, incaricata di preparare un documento per la “revisione e qualificazione degli impegni” e gli prometteva di assegnarlo all’Uganda. Cosa che fece il suo successore, il 3 luglio 1993.

Obbedienza responsabile
L’obbedienza i P. Mario non era passiva né puramente esecutiva, ma responsabile, cercava cioè di comprendere bene lo scopo dell’obbedienza e non aveva timore di esprimere il suo pensiero ai superiori per una migliore riuscita della responsabilità a lui affidata. Così infatti fece con il Segretario della SCEP, Mons. Simon D. Lourdusamy, riguardo al suo incarico di padre spirituale. Nel Collegio Urbano, in quegli anni, non erano ancora stati introdotti i metodi post-conciliari di piccoli gruppi seguiti da formatori preparati, come era avvenuto nel nostro e in altri Istituti. Allora P. Mario suggerì che il direttore spirituale fosse coinvolto negli avvenimenti del collegio in modo da avere maggiori informazioni sui candidati. Fece anche osservare che non sapeva nulla, ad esempio, del modo in cui i seminaristi trascorrevano i tre mesi di vacanze. Occorreva anche avere adeguate informazioni sulla loro vita prima dell’entrata in collegio e conoscere, almeno in parte, le culture dei paesi da dove provenivano. Per questo chiese l’autorizzazione, sia alla SCEP sia al Superiore Generale, di visitare durante le vacanze scolastiche i paesi che non conosceva, come le Filippine, la Cina, la Corea del Sud, il Messico, la Polonia. Poi diede resoconto al Superiore Generale con copia al rettore del Collegio Urbano.

Apertura in Polonia
Le esperienze su accennate lo resero molto attento e rispettoso dell’autorità della Chiesa. Fu la sua familiarità con i vescovi degli alunni del Collegio Urbano, che gli fece suggerire al Consiglio Generale, nel 1984, di prendere in considerazione la possibilità di aprire una comunità comboniana in Polonia. P. Mario fu incaricato, quindi, di visitare la Polonia e di fare un rapporto. Il Superiore Generale, P. Salvatore Calvia, lo ringraziò della lucida e dettagliata relazione e lo incaricò, nello stesso anno, di ritornare in Polonia per la pubblicazione in polacco della vita del Fondatore. Più tardi, nel marzo 1986, fu sempre P. Calvia a pregarlo “per lo spirito missionario che ti caratterizza” di accompagnare in Polonia P. Mario Piotti e P. Pietro Cozza per aprire una comunità comboniana.

Beatificazione di due catechisti martiri
P. Mario ha avuto un ruolo decisivo nella ripresa, dopo anni di oblio, del processo per la beatificazione dei due catechisti martiri di Paimol, Davide Okelo e Gildo Irwa. Si assunse tutto il peso e l’onere di risvegliare la Chiesa locale riguardo alla vicenda accaduta nel 1918, coinvolgendo anche i Comboniani e, in particolare, il Superiore Generale di quel tempo, P. David Kinnear Glenday. Dopo reiterati tentativi, ottenne che l’Istituto si facesse carico delle molteplici implicazioni giuridiche e dell’onere pecuniario di tutto l’iter processuale per iniziare la causa, portata poi a buon fine dal postulatore generale, P. Arnaldo Baritussio. Il 20 ottobre 2002, infatti, Davide e Gildo furono dichiarati beati in piazza San Pietro da Giovanni Paolo II.

Il Signore, quindi, metteva il suo sigillo all’opera di P. Mario, il quale del resto si era già attivato per mettere in luce altre figure di Comboniani che avevano reso grande la storia missionaria comboniana nel Nord Uganda. Così prese a cuore le cause di due confratelli, i cui processi sono stati avviati proprio per il suo interessamento: quello di P. Bernardo Sartori, iniziato ad Arua il 23 marzo 1998 e conclusosi nella sua fase diocesana il 14 marzo 1999, e quello di P. Giuseppe Ambrosoli, aperto a Kalongo il 22 agosto 1999 e conclusosi nella sua fase diocesana il 4 febbraio 2001.
Secondo la testimonianza di P. Baritussio, P. Mario, su richiesta delle Suore di Maria Immacolata di Gulu, aveva iniziato anche il processo di beatificazione di Mons. Angelo Negri, vescovo di Gulu (1935-1949) e loro fondatore.

Provinciale
Il lavoro a livello provinciale non gli era nuovo. Infatti, mentre era rettore del seminario di Lacor-Gulu, P. Mario fu nominato da P. Briani rappresentante del regionale dell’Uganda per tutto il 1959. Era appena cominciata la costruzione della nuova residenza di Kampala e P. Mario si interessò subito di come procedevano i preparativi.

Fu provinciale d’Uganda dal 1970 al 1976, anni difficili, di disordine politico e sociale dovuto al regime dittatoriale e crudele di Amin Dada, andato al governo con un colpo di stato. Il ministro degli interni era anticattolico e, attraverso Amin, fece radunare tutti i Comboniani nell’episcopato di Gulu. Immediatamente si pensò che sarebbero stati tutti rimpatriati e fu il panico. La voce arrivò al Consiglio Generale: vi fu uno scambio frenetico di telefonate e messaggi tra il Consiglio Generale e P. Mario, il quale senza scoraggiarsi, affrontò la difficile situazione con la preghiera e la fiducia nel Signore. Quello che tutti temevano non accadde, ma da quel giorno il governo cominciò a rifiutare il rinnovo dei permessi ai missionari e per P. Mario si aggiunse il compito, gravoso, di cercare di mantenere un numero sufficiente di confratelli nelle numerose comunità della provincia.

Apertura in Kenya
Il Capitolo Generale del 1969 aveva suggerito di aprire una nuova missione in una nazione di lingua inglese. Questa decisione si mostrò provvidenziale per risistemare chi non poteva tornare in Uganda. Fu naturale affidare al provinciale d’Uganda quest’impresa, soprattutto dopo la visita del Superiore Generale ai vescovi del Kenya e ad alcune missioni, comprese Moyale e Sololo. P. Mario curò i dettagli per aprire sei comunità in Kenya, iniziando da quella di Ngong-Road a Nairobi.

Relazione con il Consiglio Generale
P. Mario ebbe anche l’incarico, dal Consiglio Generale, di preparare una sintesi di tutte le Consulte tenute dal 1985 al 1991. Scriveva P. Venanzio Milani: “A livello di Direzione Generale è stato prezioso il suo aiuto nel fare una sintesi delle maggiori decisioni della Consulta dal 1979 al 1985. Questo lavoro ha aiutato il Consiglio Generale, nel 1990, nella stesura del Vademecum del superiore provinciale e suo consiglio, uno strumento assai utile per affrontare, tra l’altro, i non pochi casi dal punto di vista giuridico”. Il successivo Consiglio Generale (1991-1997) poi chiese a P. Mario di rivedere il Vademecum preparato dalla Direzione precedente.

P. Mario aveva dato anche la sua collaborazione nel Capitolo Generale del 1979, quando, dopo la riunificazione dei FSCJ e MFSC, si preparò il nuovo testo della Regola di Vita. Ne parla in una lettera dalle Filippine al Cardinale Jozef Tomko, allora Prefetto della SCEP: “Ho visto con gioia il decreto di approvazione definitiva delle nostre Costituzioni, dato che anch’io ho lavorato non poco alla loro stesura. Ringrazio con tutto il cuore Vostra Eminenza ed il Sacro Dicastero”.

Testimonianze
P. Mario Cisternino, che ha conosciuto P. Mario sia come superiore degli scolastici che come provinciale d’Uganda, scrive: “È certamente una delle grandi figure dei Missionari Comboniani. In questo momento gli siamo troppo vicini nel tempo e ci sfuggono l’armonia dei molti fatti e delle loro proporzioni. Di sicuro, P. Mario sarà un punto di riferimento e sarà rivisto, apprezzato e venerato come un vero padre”.

Concludo con il messaggio che il Superiore Generale, P. Teresino Serra, ha inviato il 26 dicembre 2006 a Milano per le esequie: “P. Mario Marchetti, 1922-2006: una vita per... Stavo per scrivere ‘per l’Uganda’, dove ha lavorato per ben 38 anni, ma l’Uganda non è l’unico paese che l’ha visto all’opera come bonus miles Christi. Anche l’Italia e le Filippine sono state per lui terreno di semina, per cui dovremmo più correttamente dire: una vita per la missione. Con P. Mario scompare una delle figure più significative del nostro Istituto, al quale era profondamente attaccato. Il suo nome è legato soprattutto all’Uganda dove, come dicevo, ha lavorato per quasi 40 anni ricoprendo gli incarichi più vari: da rettore del seminario di Gulu, a superiore provinciale, a insegnante, a parroco e coadiutore, ecc. Ma non è possibile parlare del Kenya, della Polonia e dell’Asia senza nominare P. Mario che, di queste aperture, è stato un protagonista di primo piano, anche perché sapeva comportarsi da vero gentleman con le autorità religiose e civili. Ne sono testimonianza i suoi preziosi diari, scritti con una costanza e una meticolosità ammirevoli, ora conservati nell’Archivio della Curia Generalizia. Chi lo ha avuto come provinciale in Uganda e nelle Filippine, come superiore nel liceo di Carraia e nello scolasticato di Verona, come padre spirituale al Collegio Urbano di Roma... sa bene che P. Mario non amava il compromesso. Stimava ed amava le persone a lui affidate ma, al momento giusto, sapeva dire parole amare che, se accolte, diventavano dolci, punti di riferimento importanti, perché pronunciate per amore. Missionario a tempo pieno, P. Mario sapeva sfruttare anche le vacanze in Italia per un’animazione missionaria incisiva e per fare tanti “lavoretti”, come li chiamava lui, che corrispondevano ad altrettante richieste di confratelli ed amici. Di lui si possono dire tante cose, ma non che amava restare “con le mani in mano”. Gli ultimi anni passati in Uganda l’hanno visto impegnatissimo nella raccolta di documenti e testimonianze per introdurre le cause di beatificazione di P. Giuseppe Ambrosoli, P. Bernardo Sartori e, soprattutto, dei Martiri di Paimol, alla cui beatificazione ha avuto la gioia di assistere. È anche a loro, oltre che a San Daniele Comboni, che affidiamo la sua anima, nella certezza che in Paradiso troverà il tempo di intercedere presso il Padre affinché il nostro Istituto possa sempre contare su tanti missionari “santi e capaci”.
P. Tarcisio Agostoni, mccj

Da Mccj Bulletin n. 234 suppl. In Memoriam, aprile 2007, pp. 61-69.