In Pace Christi

Tiepolo Lorenzo

Tiepolo Lorenzo
Data di nascita : 10/02/1924
Luogo di nascita : Santa Maria di Sala
Voti temporanei : 09/09/1947
Voti perpetui : 11/02/1953
Data ordinazione : 04/04/1953
Data decesso : 02/01/2009
Luogo decesso : Verona

Era nato il 10 febbraio 1924 a Santa Maria di Sala, provincia di Venezia, diocesi di Padova. Nel 1937 entrò nella scuola apostolica dei Comboniani di Padova, poi fu a Brescia e l’8 settembre 1945 passò al noviziato di Venegono dove il 9 settembre 1947 emise i primi voti. Dal 1948 al 1952 studiò teologia a Venegono. Fece i voti perpetui l’11 febbraio 1953 a Verona dove fu ordinato sacerdote il 4 aprile dello stesso anno.

Destinazione: El Obeid
Nel mese di ottobre partì per Khartoum e a novembre per El Obeid. A quel tempo, l’introduzione alla missione, dopo la formazione, avveniva sul posto attraverso il lavoro. Arrivò in Sudan senza sapere né inglese né arabo, ma non ne fece un problema: si mise subito a studiarle entrambe e imparò l’arabo molto bene.

Per 17 anni restò nella zona di El Obeid (che a quel tempo non era ancora diocesi), svolgendo il suo ministero tra Kadugli (Monti Nuba) e El Fasher (Darfur). Erano tempi pionieristici. Non c’erano ancora le grandi comunità cristiane che si sarebbero formate dopo, con l’emigrazione forzata dal Sud. A El Fasher esisteva da tempo una comunità di rito greco cattolico, formata da commercianti siriani. Ne parlava già P. Giuseppe Orwalder ai suoi tempi. Nel 1938 la comunità aveva costruito anche una chiesa in muratura, l’unica in tutto il Darfur.

Nel 1954 la parrocchia diventò di rito latino e un Missionario Comboniano sostituì il sacerdote greco cattolico siriano. El Fasher rimase l’unica parrocchia del Darfur fino a quando non fu aperta Nyala nel 1961. P. Lorenzo fu tra i primi a risiedervi stabilmente. La comunità cristiana era costituita da poche famiglie del Medio Oriente e il lavoro pastorale non era molto: P. Lorenzo se ne prese cura. Era sempre molto attento ai dettagli, soprattutto nella liturgia.

E con la stessa attenzione curava anche tante altre piccole cose che amava fare, come coltivare i fiori e allevare conigli e galline.

Scrive di lui P. Giancarlo Ramanzini: “Anche se per natura era piuttosto solitario, devo dire che per P. Lorenzo non deve essere stata una cosa facile vivere da solo per molti anni a Nyala, El Fasher, En-Nahud e Kadugli. Erano lunghi periodi di isolamento. Comunque, il fatto che sia rimasto a lungo in quei luoghi è stata una vera provvidenza: in questo modo ha potuto dare inizio e poi continuazione ad una presenza comboniana che in seguito si è rivelata molto positiva, perché ha aperto le porte a missionari come P. Silvano Gottardi, P. Alberto Modonesi, P. Davide Ferraboschi, ecc. Se oggi, in quei luoghi, c’è una comunità cristiana, è perché P. Lorenzo ha saputo tener duro”.

Khartoum
Nel 1970 passò a Khartoum e qui la situazione era molto diversa. Dopo nove anni dalla richiesta, il governo aveva dato il permesso di costruire una nuova chiesa, la prima dopo la cattedrale di Omdurman. Così, nel 1970, fu aperta la parrocchia dei Santi Pietro e Paolo. P. Benini ne divenne il parroco, prima ancora che la costruzione (opera di Fr. Angelo Crivello e di P. B. Agostino Galli) fosse terminata. P. Lorenzo diventò il suo assistente. Dal Sud la gente arrivava sempre più numerosa e trovava nei missionari l’unico punto di riferimento in un ambiente sconosciuto e spesso ostile. E la Chiesa impegnò tutte le sue risorse per rispondere alla situazione. S’improvvisarono centri di accoglienza e si aprirono centri di preghiera un po’ dovunque nelle periferie della città, dove questi rifugiati si accampavano come potevano.

P. Mario Castagnetti e P. Igino Benini, che avevano lavorato in Sud Sudan, furono particolarmente impegnati in questo ministero di accoglienza e di sostegno. Molti confratelli lasciarono l’insegnamento per dedicarsi a tempo pieno all’apostolato.

Era una parrocchia molto impegnativa. Dal centro, P. Benini si spingeva sempre più in là, aprendo altri centri e altri catecumenati. Il lavoro cresceva di giorno in giorno, ma i sacerdoti rimasero sempre solo due, con l’aiuto di alcune suore comboniane. Quando sembrava che avessero ormai sfondato, P. Benini dovette andare ad aprire un’altra parrocchia e P. Lorenzo, per qualche anno, fu fatto parroco della cattedrale. Quando arrivarono i missionari delle missioni estere canadesi, P. Lorenzo fu ben contento di andare a fare il vice parroco nella parrocchia di Khartoum North. Fu in quel periodo che, con la sua diplomazia e la sua pazienza, riuscì a costruire una cappella all’interno delle prigioni di Kobar. Vi aprì anche un catecumenato e iniziò a celebrarvi la Messa tutte le domeniche.

Ultimi anni a El Obeid e rientro in Italia
Gli ultimi anni in Sudan li passò ad El Obeid. Dava una mano nel ministero e si occupava dei piccoli servizi come le spese per la casa, il giardino, il pollaio. Gli acciacchi si facevano più frequenti ed era spesso ammalato. Talora doveva mettersi a letto per parecchi giorni. Fu in questa situazione che i superiori pensarono di farlo tornare in Italia. Così nel 2001, dopo 48 anni di lavoro missionario in Sudan, si arrese. Arco diventò la sua nuova comunità, finché una caduta lo costrinse a spostarsi a Verona.

È stato un missionario fedele e impegnato. Disponibile a servire dove l’obbedienza lo mandava e adeguandosi con facilità alla situazione in cui si trovava. Si sentiva missionario tanto nel deserto del Darfur quanto nella cattedrale di Khartoum, e prestava il suo servizio con naturalezza e senza problemi. La buona conoscenza dell’arabo lo aiutava molto ad instaurare buoni rapporti con la gente.

Testimonianze
Mons. Antonio Menegazzo ha scritto: “P. Lorenzo ha passato quasi 50 anni nel Nord Sudan, una terra con poche soddisfazioni pastorali, soprattutto nei primi anni di missione. Era sempre disposto a trasferirsi da una parrocchia all’altra, secondo le necessità e la richiesta dei superiori: Kadugli ancora in costruzione, El Fasher, Kadugli di nuovo, cattedrale di Khartoum, Khartoum Nord... sempre nel lavoro pastorale. Esperto di giardinaggio e orticoltura, lasciava la sua impronta in qualsiasi posto si trovava a lavorare. Di salute piuttosto fragile, soffriva di continui disturbi allo stomaco, ma non lo faceva pesare sugli altri. Aveva una buona memoria e gli piaceva ricordare ai confratelli avvenimenti, incontri e fatti avvenuti tanti anni prima. Faceva amicizia facilmente e manteneva questi contatti anche dopo tanti anni. Amava molto il Sudan e sperava sempre di tornarvi, nonostante le sue condizioni fisiche facessero prevedere che non gli sarebbe stato più possibile realizzare questo desiderio. Ora, spetta a noi pregare per il suo riposo eterno e perchè il Signore lo ricompensi per tutti i suoi meriti e, a lui, intercedere presso il buon Dio per il bene e la pace in Sudan”.

Scrive Mons. Camillo Ballin: “P. Lorenzo era buono, semplice e sapeva accogliere le persone con calore umano. La sua umiltà e la sua semplicità lo rendevano bene accetto in comunità: con lui si poteva vivere bene. Non aveva nessuna ambizione particolare, né ha mai aspirato a cariche. Ha vissuto la sua vita missionaria nell’umile e quotidiana donazione totale. Il Signore lo accolga tra i suoi santi”.
P. Salvatore Pacifico, mccj

Da Mccj Bulletin n. 241 suppl. In Memoriam, luglio 2009, pp. 24-29.