In Pace Christi

Calvia Salvatore

Calvia Salvatore
Data di nascita : 23/08/1924
Luogo di nascita : Berchidda
Voti temporanei : 07/10/1943
Voti perpetui : 24/09/1948
Data ordinazione : 16/04/1949
Data decesso : 13/02/2009
Luogo decesso : Milano CAA/I

La vita di P. Salvatore Calvia (che qui riportiamo, basandoci principalmente sulle note di P. Pietro Ravasio) si può riassumere in due grandi capitoli: uno, si riferisce al suo ministero sacerdotale e missionario in ambito di popoli musulmani e l’altro, riguarda il suo ruolo nell’Istituto dei Missionari Comboniani del Cuore di Gesù. In questa comunità religiosa, nella quale scelse di vivere e si formò, da giovane membro impegnato nell’insegnamento, divenne superiore di comunità, responsabile a livello provinciale, poi Assistente e Segretario generale e infine Superiore Generale.

Nato a Berchidda, in Sardegna (diocesi di Ozieri e provincia di Sassari), il 23 agosto 1924, manifestò ben presto l’intenzione di dedicare la sua vita a servizio della Chiesa. Entrato nel seminario di Ozieri, vi frequentò le prime quattro classi ginnasiali. Intanto era maturata la sua vocazione definitiva: chiese ed ottenne di entrare nella scuola apostolica dei Comboniani a Brescia.

Con i Comboniani
Ammesso al noviziato di Venegono Superiore (Varese) nell’ottobre del 1941, emise i voti religiosi il 7 ottobre 1943. A causa della guerra rimase a Venegono con i suoi compagni per proseguire gli studi liceali (1943-1945). Fu in questo periodo che, come lui stesso confiderà, si decise la vera specializzazione della sua vita. Trovò, infatti, un professore, P. Giuseppe Bertinazzo che, conoscendo un po’ di arabo, propose agli studenti di insegnarlo loro nei momenti liberi”. Così Salvatore iniziò lo studio di quella lingua difficile che lo introdurrà alla storia e alla cultura del mondo islamico. Risale a quel periodo uno dei ricordi che P. Pietro Chiocchetta ha raccontato in occasione della morte di P. Salvatore: “Nel settembre 1944 ero nella stanza di P. Bertinazzo, a Venegono Superiore, per concordare quali studi di Filosofia Scolastica mi sarebbero stati necessari in vista della teologia, quando qualcuno bussò sommessamente alla porta e, dopo aver ricevuto il permesso, entrò un giovane studente che veniva per restituire una grammatica di lingua araba.

Dopo che se ne fu andato, P. Bertinazzo mi disse: ‘È un sardo, una bella mente e una grande promessa per la missione’... Infatti sia per doti naturali che per formazione ed esperienze concrete, “Tore” si propose come uomo del dialogo. Lo riconobbe Roma, quando il Santo Padre Paolo VI, con biglietto della Segreteria di Stato, lo nominò consultore della Pontificia Commissione per il Dialogo Interreligioso… Trattando con lui, soprattutto in situazioni delicate e difficili, veniva in mente il modello del Buon Pastore: colui che non alza la voce, non spezza la canna incrinata, non spegne il lucignolo fumigante, ma accoglie e conforta chi è ferito e intende guidare anche le pecore che non appartengono all’ovile in modo che si abbia un solo gregge e un solo pastore”.

A Roma
Nell’ottobre del 1945 passò a Roma per lo studio della teologia presso la Pontificia Università Urbaniana. Per la sua intelligenza, i superiori lo avevano scelto per proseguire gli studi in questo prestigioso ateneo pontificio, dove, oltre a conseguire la licenza in teologia, poté continuare lo studio dell’arabo con mons. Pietro Sfair, libanese. Per cui, quando venne mandato in Libano per uno studio più approfondito dell’arabo, disse: “fu una scoperta meravigliosa accorgermi di avere già immagazzinato una conoscenza tale della lingua che mi permise in sei mesi di imparare quello che normalmente e con difficoltà si impara in due anni e mezzo”.

Il 16 aprile 1949 fu ordinato sacerdote nella chiesa di San Carlo ai Catinari, a Roma. Stava per iniziare la sua vita missionaria.

In Libano e in Sud Sudan
Nel settembre dello stesso anno P. Salvatore fu inviato in Libano, a Zahle. In questa comunità comboniana, sorta per facilitare la preparazione dei missionari destinati al mondo arabo, si trovò a suo agio. Vi rimase sei anni e ben presto divenne superiore della comunità, responsabile del ministero parrocchiale, mentre aiutava i confratelli nello studio della lingua.

Nel 1955 fu mandato in Inghilterra per completare la preparazione linguistica: con l’inglese e l’arabo era pronto per il Sudan. Fu assegnato alla circoscrizione del Bahr-el-Gebel, corrispondente al medesimo Vicariato Apostolico, allora affidato alle cure del vescovo comboniano Mons. Sisto Mazzoldi. P. Salvatore fu mandato a Palotaka e successivamente a Torit e al seminario di Okaru. Tutto questo, in attesa di realizzare il progetto di una scuola superore a Juba, capitale della regione, un “Comboni College” per il Sud del paese, corrispondente a quello, già esistente e molto noto, di Khartoum. Sfortunatamente i disordini politici e la nazionalizzazione delle scuole fatta dal governo di Khartoum ne impedirono la realizzazione.

In Egitto
Viste le circostanze e considerata la sua conoscenza dell’arabo, i superiori lo mandarono in Egitto, dove prestò servizio per 11 anni, prima ad Assuan e poi ad Hélouan, nella scuola e nella parrocchia. Furono anni intensi, in cui l’insegnamento si univa all’impegno del ministero e della comunità religiosa.

Nel 1969 partecipò al Capitolo Generale dell’Istituto come membro eletto della sua delegazione. Fu nominato Segretario Generale e, più tardi, Assistente Generale. “Quando era Segretario Generale - afferma P. Giuseppe-Zeno Picotti - scriveva le note in arabo e poi le trascriveva in lingua italiana per il Superiore Generale”. Rimase a Roma sei anni, partecipando al successivo Capitolo Generale (1975). Rientrò quindi in Egitto come superiore di delegazione e per quattro anni lavorò ad Hélouan, nella parrocchia e nella scuola cattolica. Questa istituzione, fondata e diretta dai Comboniani, al suo tempo, aveva una settantina di insegnanti egiziani e 1750 alunni, il 70% dei quali di religione musulmana; comprendeva l’arco scolastico dalla scuola materna a tutte le secondarie. In quegli anni P. Salvatore fu anche segretario nazionale delle Pontificie Opere Missionarie.

Superiore Generale
Il Capitolo Generale del 1979 è stato uno dei più importanti nella storia dell’Istituto. Iniziato il 22 giugno, solennità del Sacro Cuore, con la riunione dei due rami in cui era divisa la Famiglia Comboniana - quello italiano e quello tedesco -, proseguì con la preparazione della nuova Regola di Vita. P. Salvatore fu eletto, dai 79 membri del Capitolo, Superiore Generale e rimase in carica dal 1979 al 1985. Allora l’Istituto aveva 1766 membri, suddivisi in 403 comunità. Di questi, 15 erano vescovi, 1247 sacerdoti, 360 fratelli e 136 studenti di teologia professi. A questi vanno aggiunti 100 novizi. Nei sei anni, come Superiore Generale, visitò le missioni, organizzò il centenario della morte del Fondatore, Daniele Comboni, e si adoperò in ogni modo per far vivere la Regola di Vita. Oltre all’italiano, l’arabo e l’inglese, P. Salvatore conosceva anche il francese, lo spagnolo e il tedesco, così poté comunicare direttamente con i confratelli e con molte personalità del mondo ecclesiale e civile.

Racconta P. Chiocchetta: “A me, come Postulatore della Causa di Beatificazione e di Canonizzazione di Daniele Comboni, fu particolarmente vicino soprattutto per rimuovere l’ostacolo che da anni impediva di procedere. Fu a P. Salvatore, Superiore Generale, che il 22 aprile 1982, il cardinale Pietro Palazzini comunicò il decreto papale in base al quale tale ostacolo, reponatur, era stato rimosso: ma quanti studi, incontri, pazienti attese per raggiungere tale meta che apriva la via alla Beatificazione e Canonizzazione del grande Servo di Dio”.

Nel 1983 P. Stanislao Klimasrewki, della Congregazione dei Marianisti aveva tradotto in polacco il libro “Un uomo inutile” (biografia di Fr. Guido Giudici, scritta da P. Lorenzo Gaiga). L’anno successivo seguì la stampa di una breve biografia del Comboni. Queste pubblicazioni suscitarono l’interesse dei polacchi per i Missionari Comboniani. Nel 1985 si decise anche l’apertura in Asia (attuata nel 1988). In quel periodo vennero anche pubblicati gli Scritti del Fondatore in dieci volumi, raggruppati poi in un unico volume nel 1991.

Nel 1984, di ritorno da una visita al Congo, P. Salvatore giunse ad Hélouan con febbre alta e senso di malessere, che cercava di curare prendendo semplicemente delle aspirine. Il medico consultato diagnosticò il tifo, ma dopo due o tre giorni, fu portato all’ospedale italiano dove finalmente gli furono riscontrati i sintomi della malaria cerebrale, appena in tempo per poterlo salvare.

In Egitto e in Italia
Terminato il suo mandato come Superiore Generale, ritornò in Egitto, dove per diversi anni ricoprì ancora cariche di responsabilità. Dopo tre anni nella residenza della delegazione, fu assegnato alla parrocchia di Hélouan (1988-1999) e poi a quella di Zamalek (Cairo). Nel 2001 andò al CAA di Milano per controlli e, dopo un altro anno a Zamalek, si trasferì definitivamente a Milano per motivi di salute. Qui si è spento il 13 febbraio 2009.

I funerali di P. Salvatore si sono svolti a Milano il 16 febbraio, presenziati da P. Teresino Serra, Superiore Generale, che ha poi accompagnato la salma al paese nativo di Berchidda, in Sardegna. Qui, la celebrazione funebre si è svolta alla presenza di una grande folla di fedeli, delle autorità locali e di una decina di sacerdoti diocesani. Ha presieduto il vescovo di Ozieri, Mons. Sergio Pintor.

Le parole del parroco di Berchidda
Riportiamo il commovente saluto di Don Gianfranco Pala, parroco di Berchidda, durante i funerali. “Grazie, P. Salvatore. Grazie per aver così generosamente donato e offerto la vita alla Chiesa e all’evangelizzazione. P. Salvatore, anche in questo, è stato di grande esempio: amava la cultura e il mondo arabo, di cui era un profondo e intelligente conoscitore. Nutriva grande rispetto per le religioni diverse dalla nostra, in particolare la religione mussulmana. Lo ripeteva sempre, anche nelle omelie: “abbiamo molto da imparare da quella cultura e da quella fede...”. Ha sempre coltivato una grande devozione al Sacro Cuore, su cui ha scritto anche un bellissimo libro. Insieme piangemmo, a Pompei, dove ci trovavamo in pellegrinaggio, la morte dell’amatissimo mons. Giovanni Pisanu; una notizia che ci riempì il cuore di tanta tristezza e amarezza, anche per il fatto di essere lontani, in quel momento, da un uomo da me e da lui profondamente amato. Giorni di grande gioia e ringraziamento quando a Berchidda celebrò il 50° anniversario della sua ordinazione sacerdotale. Schivo e lontano da ogni pretesa che somigliasse a una ‘inutile festa’, accettò solo dopo mie insistenze che l’occasione potesse essere un momento ‘missionario’ e di ‘ringraziamento’ per lui e per la comunità.

A nome di tutti, di quanti ti hanno conosciuto e amato, stimato e apprezzato, ricevi ancora il mio grazie, per la tua vita, tanto generosa e donata. Grazie per i tanti esempi di semplicità, di preghiera e di indiscusso amore alla tua vocazione. Ora vivi nel mistero della Vita che ha guidato e alimentato il tuo pellegrinaggio terreno; ora raccogli la corona di chi non ha camminato invano sulle strade del mondo; ora, nel Volto luminoso del Padre Celeste, rivedi i tuoi genitori che tanto amavi, i tuoi cari e tuo fratello Piero, in modo speciale. Prega per noi, che restiamo quaggiù, in attesa di poterci rincontrare un giorno nell’eterna gioia del Paradiso. Grazie”.

Da un’intervista di Pierluigi Sini a P. Teresino Serra
Chi era P. Calvia? “Un missionario di poche parole e di grandi talenti che, per amore alla missione sapeva superare ogni ostacolo. Ed è vero, quando si ama veramente, gli ostacoli scompaiono. L’amore alla missione gli permetteva di essere l’uomo che dava importanza alle cose importanti. Non esisteva niente di complicato per lui. Bastava amare la gente. E per amore, per chi ama, spostare le montagne diventa un gioco da niente”.

Può tracciare un profilo spirituale di P. Calvia? “P. Salvatore era un missionario povero di spirito. E Dio semina la vocazione missionaria nel cuore dei poveri, perché il povero ha un cuore libero che può essere abitato dai piani di Dio. Il cuore del povero non si lascia distrarre da cose. È sempre attento allo spirito dell’amore, alle lacrime e sofferenze degli altri. Così era P. Salvatore: attento alle necessità degli altri. E per poter aiutare, dimenticava se stesso. Il vero amore, come dice l’Apostolo Paolo, ‘non si vanta, non si gonfia, non cerca il suo interesse, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia, ma si compiace della verità. Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta’. P. Salvatore vive nel cuore di molti e sarà difficile dimenticarlo. Sarà difficile dimenticare il suo grande amore per la Missione”.
Da Mccj Bulletin n. 241 suppl. In Memoriam, luglio 2009, pp. 35-41.