In Pace Christi

Cattaneo Giovanni

Cattaneo Giovanni
Data di nascita : 18/04/1930
Luogo di nascita : Milano/Italia
Voti temporanei : 08/12/1953
Voti perpetui : 08/12/1959
Data decesso : 06/12/2010
Luogo decesso : Milano/Italia

Fr. Giovanni Cattaneo era nato a Milano il 18 aprile 1930. Indicativo quello che scrive dei suoi anni di gioventù: “Già fin dal 1948, mentre ero a Milano, studiavo e lavoravo da costruttore edile. Ero formato in un’educazione salesiana e nutrivo il desiderio di essere sempre più del Signore. Nel 1957, avendo conosciuto l’Istituto Comboniano e l’Africa, decisi di abbandonare l’impresa edile di mio papà e tutti i guadagni che mi avrebbe portato, per seguire Cristo e costruire in terra di missione, solo per amore”.

Entrato in noviziato a Gozzano nel 1951, fece i primi voti nel 1953. La sua esperienza nel settore edile, gli fu molto utile. Infatti, nei vari luoghi di missione, è stato principalmente addetto ai lavori di costruzione. In Sud Sudan, dove fu mandato nel 1955 e rimase fino all’espulsione di tutti i missionari nel 1964, in Spagna (sette anni), in Congo (Bamokandi), in Portogallo, a Parigi (tre anni) e poi in Italia. In alcune di queste missioni, ha avuto anche l’incarico dell’animazione missionaria. A Parigi e a Limone è stato anche economo locale (sette anni). È stato poi mandato a Verona, a Padova e infine a Milano, soprattutto per cure.

Scriveva Fr. Giovanni: “Come Fratello Comboniano posso dire che mi sento realizzato e che ho vissuto la mia missionarietà completando con i confratelli sacerdoti ciò che la Chiesa svolge nel mondo con la sua missione di evangelizzazione e di promozione umana. Nel mio servizio, il Signore mi ha dato la possibilità di servire i fratelli sia come costruttore (chiese, pozzi d’acqua, ospedali), sia come infermiere, sia nell’apostolato tra i giovani e i ragazzi”.

Potremmo riassumere la sua esistenza come una persona che ha amato la missione e gli altri con le mani, con il cuore e con la vita.

Riportiamo, qui sotto, la bella testimonianza che Fr. Duilio Plazzotta ha scritto riguardo a questo nostro confratello.

A Parigi
Ho incontrato per la prima volta Fr. Giovanni a Parigi, alla fine del 1979. Mi stavo preparando per andare in Congo, imparando un po’ di francese. Fr. Giovanni, al contrario, aveva dovuto lasciare il Congo a causa di un infarto. Rimessosi abbastanza bene, era stato inviato dai superiori nello scolasticato di Issy les Moulineaux per rimettersi in salute e dare una mano ai giovani prendendosi l’incarico della cucina. Di carattere estroverso, legò immediatamente con gli scolastici e i formatori, e portò subito un bel miglioramento nell’alimentazione: sapeva preparare bene il cibo, sapeva fare dolci e gelati e sapeva anche come riciclare bene tutto quello che restava, ripresentandolo in maniera appetitosa. Noi che ci preparavamo alla missione eravamo ospiti dei Cappuccini di Rue Boissonade. Quando gli impegni ce lo permettevano, andavamo volentieri dai nostri a “Issy”: Fr. Giovanni ci accoglieva a braccia aperte e ci offriva quanto il suo genio culinario aveva prodotto.

A volte uscivamo assieme per una passeggiata con lo scopo di visitare qualche chiesa. Ricordo che un giorno andammo a Montmartre nella Basilica del Sacro Cuore, dove c’è l’adorazione perpetua. Il rientro da Montmartre a Issy les Moulineaux lo facemmo a piedi in un paio d’ore di cammino. Lungo la strada volle comperarmi un giubbino leggero dicendo che mi sarebbe stato utile in missione. Solo quando fummo giunti a casa e si fu riposato, mi disse che lungo la strada aveva avuto forti dolori d’angina cardiaca. Lo sgridai, perché mi resi conto che aveva rischiato grosso. Penso che tutti gli scolastici di quel periodo lo ricordino, come lo ricordo io, con simpatia e riconoscenza, anche per la sua testimonianza di vita, di attenzione alle persone e di preghiera.

In Congo
Partito per la missione, persi il contatto con lui, ma ebbi modo di vedere le opere che aveva fatto (in particolare la bella e originale chiesa di Ngilima; bisogna dire che il mestiere del costruttore lo conosceva bene, essendo figlio di un impresario e avendo lavorato alle dipendenze del papà che, nei suoi confronti, era ancora più esigente che con gli altri operai) e di sentire le testimonianze dei confratelli. Fr. Santo Bonzi mi raccontò quanto avesse temuto per lui nei giorni in cui aveva avuto l’infarto ed era stato portato a Dungu, dove Fr. Santo stava lavorando.

In Italia
Nel 1992 ci ritrovammo nella comunità di Casa Madre a Verona e restammo assieme per dodici anni. Un primo aspetto che già conoscevo e che mi ha sempre molto colpito, era l’attenzione che aveva per i confratelli ammalati. Si era fatto carico di seguirne qualcuno in particolare, dando tutto il tempo di cui c’era bisogno, senza risparmiarsi, nemmeno a causa del suo cuore malandato. Si fece carico di Fr. Bruno Barbiero, seriamente colpito da Alzheimer. Lo vestiva, lavava, imboccava, con un’attenzione che aveva, direi, del materno. Lo portava in chiesa quando si ritirava in preghiera, lo portava a passeggio per la città e anche in campagna o in montagna. Fr. Bruno riconosceva il suo viso e la sua voce e, quando era impaurito o agitato dai fantasmi della malattia, la sua presenza lo tranquillizzava.

Sappiamo quante attenzioni ci vogliono per seguire e aiutare gli ammalati di Alzheimer, quindi, per noi che eravamo impegnati a seguire i confratelli ammalati del secondo piano, l’aiuto di Fr. Giovanni era provvidenziale e preziosissimo. Si rendeva anche disponibile per assistere confratelli in ospedale.

Un altro aspetto caratteristico di Fr. Giovanni è l’abbandono nelle mani di Dio Padre di fronte alla sofferenza e alla morte. I suoi continui e gravi problemi cardiaci, benché gli impedissero di ritornare in missione e di svolgere tutte le attività che avrebbe voluto, non lo scoraggiavano e si è mantenuto sempre sereno anche di fronte al rischio della vita. I dolori lo accompagnavano sempre, aveva un continuo mal di testa dovuto ai farmaci vasodilatatori che prendeva per il cuore, ma non se ne lamentava mai, come non si lamentava dei dolori anginosi. Ricordo bene quel giorno in cui la comunità era in ritiro e, dopo l’omelia, Fr. Giovanni chiamò in stanza un padre per la confessione. Alla fine gli chiese di venirmi a chiamare perché stava male. Sapevo che quando ci chiamava, la cosa era seria e ci andai di volata. Mi disse che aveva una fortissima angina e che aveva preso più volte la trinitrina (vasodilatatore ad azione immediata) ma senza risultato. Chiamai “Verona Emergenza” e l’ambulanza arrivò in un batter d’occhio. Mentre veniva caricato sull’ambulanza ebbe un arresto cardiaco, gli diedero più scariche elettriche con il defibrillatore, finché si riprese. Durante la notte ebbe altre volte l’arresto cardiaco.

Al mattino il cardiochirurgo dott. Peranzoni ci disse che essendo, quella, la quarta volta che interveniva sugli stessi tre bypass coronarici, il rischio era elevato e temeva che Fr. Giovanni non ce l’avrebbe fatta. Invece superò bene l’intervento e si ristabilì tanto da poter riprendere i suoi ritmi di vita.

Queste sue doti, le attingeva abbondantemente nell’incontro con il Signore nella preghiera a cui da molti anni dedicava almeno tre ore al giorno. Bella anche la sua devozione a Maria, la nostra mamma.

Ai tempi di Verona, nel periodo natalizio, diventava il “presepista” della comunità. Desiderava che il presepio fosse grande e bello, per essere un richiamo forte all’amore di Dio che si rivela in Gesù, per la comunità e per tutti i visitatori: Ci lavorava a lungo e con pazienza, cercando delle belle statuine e mettendoci diversi “movimenti”, con richiami alla missione perché diventasse anche mezzo di animazione missionaria.

Quando gli fu chiesto di partire da Verona per andare nella comunità del Postulato di Padova, rispose con entusiasmo e disponibilità, felice di ritrovarsi tra i giovani in formazione. Immagino facilmente che si sia trovato subito a suo agio e che la sua presenza sia stata per loro una bella testimonianza di fede e di vita.

Fr. Giovanni era una persona semplice, gioviale, di una grande ricchezza interiore e amava la compagnia dei confratelli, sempre attento a coloro che in comunità avevano problemi. Stava allo scherzo e alla battuta. Mi faceva piacere ascoltarlo nei suoi racconti di missione in Sudan e in Congo. Per me è stato un grande amico, con cui ho condiviso gioie e sofferenze, che ha saputo sostenermi nei momenti di buio, che mi è stato di grande esempio per l’attenzione alle persone e di amore a Gesù Crocifisso, presente nei confratelli ammalati.

A Milano
Fr. Giovanni è deceduto a Milano il 6 dicembre 2010.

P. Lino Spezia, durante l’omelia del funerale, ha parlato di Fr. Giovanni come di un uomo di Dio per la sua semplicità, perché sapeva parlare al cuore di tutti con le sue battute, i piccoli pensieri ma soprattutto con l’esempio silenzioso. È stato amato e apprezzato. Offriva la sua amicizia come dono e sapeva condividere con le persone, specialmente con gli ammalati dei vari reparti di cardiologia, una parola buona e di speranza.

Fr. Giovanni era l’uomo dalla fede essenziale che gli derivava non solo dalla famiglia ma anche da quella “ambrosianità” che lo portava a vivere e a pregare in modo indispensabile e sobrio: poche cose ma profonde, che rivelavano un amore per la Parola di Dio (i salmi), per la devozione a Maria e a quelle pratiche di pietà che con lui diventavano momenti di grande bellezza e intensità, segno di un rapporto profondo con Dio.

Fr. Giovanni era l’uomo dell’attenzione a Dio e all’altro, uno che sa farsi prossimo a chi è solo perché non capito e apprezzato, nei limiti dovuti dalla malattia.

Fr. Giovanni era uno che era legato a Cristo con il Comboni. Era orgoglioso e fiero di essere Fratello missionario perché testimoniava una vocazione piena e completamente realizzata anche con un cuore affaticato e segnato da diversi interventi e lunghe degenze in ospedale.

Fr. Giovanni era uno che amava appartenere alla comunità e per essa offriva la sua preghiera e la sua sofferenza, mascherando quest’ultima con la bontà e la bellezza di un cuore comboniano.
Da Mccj Bulletin n. 247 suppl. In Memoriam, gennaio 2011, pp. 100-105.