Gli anni della formazione
P. Luigi Crotti era nato ad Albinea, Reggio Emilia, il 21 aprile 1920. Entrò presto nel seminario vescovile di Reggio Emilia, dove completò il ginnasio e il liceo. Passato nel noviziato comboniano di Venegono nell’autunno 1940, emise la prima professione il 7 ottobre 1942. Fece lo scolasticato a Rebbio, dove fu ordinato sacerdote il 29 maggio 1945. Per tre anni, fu insegnante e prefetto a Carraia, oltre che – soprattutto negli anni 1946 e 1947 – propagandista e reclutatore.
Nella NAP
Nel 1948 fu destinato alla NAP. Iniziò il suo ministero in California, a Pala, una riserva indiana affidata ai Comboniani. Appassionato di cinematografia, frequentò un corso a Los Angeles e, al suo ritorno a Pala, realizzò il documentario omonimo. Mentre era a Pala, scrive P. Joseph Bragotti, P. Luigi aveva sviluppato un grande interesse nell’uso degli audiovisivi per l’apostolato e la promozione missionaria. Il suo talento in questo settore di avanguardia non passò inosservato e nel settembre del 1951 P. Giulio Rizzi, provinciale della NAP, e P. Angelo Barbisotti, parroco della missione di Pala, decisero che P. Luigi avrebbe dovuto accettare l’invito di andare a Los Angeles per studiare cinematografia, sotto l’egida di Mons. Anthony Brouwers, direttore dell’ufficio missionario dell’Arcidiocesi e fondatore della Missione aiutanti laici, per produrre film missionari. Durante il periodo degli studi, P. Luigi apparteneva alla comunità comboniana di Holy Cross, una parrocchia prevalentemente afro-americana, ma alloggiava nella parrocchia dell’arcidiocesi del Precious Blood a Los Angeles e più tardi in quella di All Souls ad Alhambra, CA. Completati i corsi, ritornò a Pala, ben intenzionato a mettere a buon uso il suo talento.
Molti personaggi di spicco di Hollywood possedevano dei ranch nei pressi di Pala e quelli che erano cattolici la domenica vi si recavano per la Messa. Fu così che P. Luigi strinse amicizia con il regista Frank Capra, tre volte premio Oscar e uno dei più grandi nomi della storia del cinema. Fu una combinazione molto fruttuosa, perché insieme produssero vari documentari sulla vita e la storia della missione di Pala e dei suoi parrocchiani che erano, appunto, nativi americani. L’interesse di P. Luigi per i media, che ha mantenuto per tutta la vita, non avrebbe potuto avere un inizio più favorevole! Nel marzo 1953 andò a Cincinnati per girarvi La voce di Dio.
Italia
Nel 1956 ritornò in Italia e fu assegnato per tre anni a San Pancrazio, Roma, soprattutto come responsabile degli audiovisivi. In quel periodo, racconta P. Luigi, fu mandato anche in America per cercare di vendere il film Okiba, non vendermi e in Africa – “allo sbaraglio” – per il suo lavoro, che era principalmente quello di preparare materiale missionario. Dal 1959 al 1960 andò a Carraia come reclutatore e superiore della casa.
Nel 1961 fu mandato a Londra, per dirigere la rivista “Missions” e lavorare anche tra gli emigrati italiani. Nel 1963 ritornò in Italia, a Milano, per ministero. Nel marzo 1964 mise insieme il documentario Bevitori di sangue. Nel 1965 fu mandato a Verona come responsabile degli audiovisivi dove per sette anni poté dedicarsi più intensamente agli audiovisivi. Nel 1972 fu mandato nella comunità di Milano, dove si dedicò al ministero per sei anni.
Messis Film
Nel 1967 P. Luigi pubblicò su Nigrizia di febbraio un resoconto sulla “Messis Film”, la storia – potremmo dire – degli audiovisivi nel nostro Istituto. Vale la pena riportarlo interamente.
“Dal 1951 a oggi i Missionari Comboniani hanno dato il loro, sia pur modesto, contributo al cinema missionario. Incoraggiato dal Superiore Generale, P. Antonio Todesco, P. Romeo Panciroli creò la Messis Film. L’attività cominciava quasi contemporaneamente in Italia e in America. Con la regìa di Vincenzo Lucci Chiarissi e il commento musicale di Roman Vlad, P. Panciroli realizzava due documentari: Cristo tra i primitivi (12 min., in bianco e nero), premiato alla mostra d’arte cinematografica di Venezia, e Cristo in Cina (12 min., a colori). Seguiva un documentario sulla vocazione missionaria, La sua via (12 min., in bianco e nero), nel quale la madre di un giovane sacerdote, in partenza per le missioni, rievoca la vocazione del figlio.
Negli Stati Uniti, intanto, P. Luigi Crotti realizzava la Storia di Pala, documentario a colori della durata di circa mezz’ora, che narra le vicende della popolazione indiana della California statunitense raccontate da un vecchio indiano, e La voce di Dio (No greater love), mediometraggio a soggetto, che è un tentativo di analisi psicologica di un giovane seminarista missionario, nella decisione della scelta tra l’amore per la famiglia e l’amore per Cristo.
Intanto P. Panciroli, incoraggiato dai primi successi, affrontava un film a soggetto, Okiba non vendermi (80 min., in bianco e nero): le vicende di una ragazza africana, che non vuole essere ‘venduta’ come sposa a un uomo che non sente di amare. Girato in condizioni proibitive e con scarsità di mezzi, rappresenta senza dubbio un tentativo interessante e, nella sua cruda realtà, ha un grande valore documentaristico. Mentre girava questo film, P. Panciroli preparava altri due documentari, di circa 18 min. ciascuno, sull’attività del sacerdote missionario e della suora missionaria, In terra di missione e Missionarie all’Equatore.
Nel 1955 P. Crotti si univa a P. Panciroli. La Messis Film continuò a produrre, sia pure tra incomprensioni e difficoltà finanziarie, altri documentari. P. Panciroli realizzava L’urgente appello, che traduce, in un documentario di 22 minuti, la vasta eco suscitata nel mondo dall’Enciclica Fidei Donum e dal Congresso Missionario di Padova, e L’Africa a Cristo, documentario di 30 min. sul Sodalizio di S. Pietro Claver. P. Crotti partiva per l’Uganda, dove girava Molta è la messe (22 min., in bianco e nero), un efficace confronto tra il mondo pagano e il mondo cristiano e la progressiva trasformazione; Missionari coadiutori (20 min., in bianco e nero), l’opera nascosta ma preziosa di questi diretti collaboratori del missionario sacerdote; Bevitori di sangue (20 min., a colori), sulla tribù dei Karimojong (Uganda), che bevono il sangue delle loro mucche mescolato al latte. Altri lavori della Messis Film: Daniele Comboni (22 min., in bianco e nero), la storia del fondatore dei Missionari e Missionarie Comboniane; Don Roberto (30 min., in bianco e nero), la storia d’un ragazzo generoso che risponde alla chiamata divina e diventa sacerdote”.
A Kanawat in Uganda
All’inizio del 1979 P. Luigi fu assegnato all’Uganda: furono cinque anni di fruttuoso ministero nella missione di Kanawat, tra i Karimojong. Al suo arrivo nella sua nuova missione, s’inserì subito nella pastorale della parrocchia, dedicandosi principalmente all’insegnamento biblico nella vicina scuola superiore. Ben presto riuscì a conquistare la stima e la fiducia dei giovani e ad avvicinarli a Cristo, con l’adorazione settimanale. Questo momento di preghiera riscontrò il favore di un numero considerevole di ragazzi della scuola media superiore, che diedero vita ad un gruppo di volontari impegnati nella testimonianza dei valori cristiani, in modo particolare dedicandosi all’aiuto dei fratelli e sorelle provati dalla malattia del momento – il colera – e dalla violenza.
I confratelli e i fedeli del Karamoja ricordano P. Luigi con affetto e riconoscenza, soprattutto per essere tornato in Uganda, in tempi molto difficili e di grande insicurezza, dopo le sue vacanze in Italia.
P. Marco Canovi, che ha “conosciuto P. Luigi nell’esperienza pastorale sia in Uganda, sia nella NAP, sia in Europa” e lo ha visto “impegnato nella direzione spirituale e nella dedicazione nel guidare momenti di ritiro con una attenzione particolare alle congregazioni femminili”, racconta che un giorno, al suo arrivo dal Kenya, in viaggio con P. Giuseppe Roncari, aveva incontrato P. Luigi in una strada nel bosco mentre viaggiava in direzione opposta alla comunità. Stava portando in ospedale un ragazzo che aveva una pallottola nella spina dorsale. “Molti anni più tardi – racconta ancora P. Marco – quando tornai nella missione di Kanawat, moltissimi giovani mi chiedevano notizie di P. Luigi, esprimendomi la loro riconoscenza per tutto quanto avevano ricevuto da lui e dicendo che il tempo non aveva cancellato il suo ricordo. Ora, la notizia della sua morte ha portato tristezza nel cuore di quei giovani e di tutti noi, ma lascia viva la certezza che P. Luigi ancora ci aiuta ad accostarci sempre di più al Signore della vita”.
Italia
Rientrato in Italia nel 1984, P. Luigi, con il permesso dei superiori, si dedicò per quattro anni al movimento carismatico, in particolare nella diocesi di Assisi. Nel 1987 scrisse ai superiori: “Sono stati sotto molti aspetti tre anni meravigliosi, con bellissime esperienze, ma anche di sofferenze di vario genere… Mi sono consigliato con il mio vescovo. Gli ho detto che voglio restare comboniano ad ogni costo”.
Continuò, quindi, il suo ministero nelle comunità comboniane di Firenze, Verona e Milano. A Verona, esercitò il ministero nella chiesa di San Tomio, dove i Comboniani erano succeduti nel 1920 al clero secolare. Dal 1853 la chiesa era stata sede per molti anni della “Pia Opera della Propagazione della Fede”; il 3 dicembre 1877, festa di San Francesco Saverio, patrono delle missioni, Mons. Comboni, dopo la sua consacrazione episcopale, celebrava una Messa solenne in questa chiesa e una settimana dopo il card. Luigi di Canossa, sempre in questa chiesa, dava l’addio allo stesso Comboni che partiva con un drappello di missionari per il suo ultimo viaggio. Così San Tomio era diventata un centro di spiritualità importante: era sempre aperta per la preghiera e l’adorazione eucaristica e molti venivano qui da tutte le zone della città per ricevere il sacramento della penitenza. Nel 2005 P. Luigi passò in cura al Centro P. Ambrosoli di Milano, dove è morto il 27 febbraio 2013.
Testimonianza di P. Lino Spezia
Era un anziano della casa, non solo per gli anni ma anche per il tempo vissuto e speso in questa comunità. Nel grande amore per la Madonna ritrovava la gioia del suo essere sacerdote. Le molte esperienze vissute, accompagnando diversi gruppi a Medjugorie, lo ringiovanivano nello spirito e nella dedizione al ministero.
P. Luigi era un missionario che amava stare e spendere il suo tempo con gli ammalati dell’Ospedale Galeazzi, dove per molti anni ha prestato servizio. Un ministero cui teneva tantissimo, come pure a quello di andare ogni sabato pomeriggio in parrocchia per le confessioni. In parrocchia era ‘di casa’: era diventato un punto di riferimento significativo per tanta gente che si accostava per ricevere il sacramento della riconciliazione ma anche con la fiducia e certezza di poter essere aiutata spiritualmente a crescere.
Il suo amore per l’Eucaristia lo ha portato a spendere tempo davanti a Gesù nella nostra cappellina e a lo ha spinto a scrivere, in questi ultimi anni, delle indicazioni precise per coloro che volevano vivere in modo cristiano e pieno il sacramento del matrimonio.
P. Luigi è stato un missionario speciale per la sua passione per la fotografia e per i film. Passione ereditata dalla famiglia e per la quale alcuni dei suoi fratelli sono diventati famosi e hanno ricevuto premi e riconoscimenti anche a livello internazionale. Aveva un carattere forte, a volte intransigente, ma anche amabile e faceto. Anche se con riluttanza, era capace di aprirsi e gli piaceva raccontare barzellette che tenevano allegri i presenti; era soddisfatto di poter lasciare la gente contenta nel cuore.
Questi ultimi mesi sono stati il tempo della prova: la fatica di camminare, il dover rinunciare a quel ministero che lo faceva sentire vivo, il non avere più la voce chiara e squillante nelle omelie, i vari inconvenienti dovuti all’età molto avanzata. Arrendendosi all’evidenza, ha recuperato la gioia del cuore, di dare un affettuoso benvenuto e di ricevere ogni persona come dono di Dio e, allo stesso tempo, di mettersi nelle mani di Dio con serenità e cogliere il piacere di sentirsi amato nella gratuità e per sempre da Dio e da tante persone che lo hanno accompagnato con la loro amicizia, in tutti questi anni”.
Da Mccj Bulletin n. 258 suppl. In Memoriam, gennaio 2014, pp. 26-31.