In Pace Christi

Lorenzini Fulvio

Lorenzini Fulvio
Data di nascita : 04/03/1929
Luogo di nascita : Castion Veronese/Italia
Voti temporanei : 09/09/0195
Voti perpetui : 09/09/1957
Data decesso : 28/08/2013
Luogo decesso : Verona/Italia

È giusto e doveroso fare memoria di un confratello, raccogliendo testimonianze, fatti di vita, mettendo in risalto quello che il Signore ha operato in lui e attraverso di lui, facendo tesoro del suo esempio, e anch’io desidero dare il mio povero contributo su questo amico e fratello. Senza dubbio, su Fr. Fulvio, P. Lorenzo Gaiga, suo amico, raccogliendo le testimonianze di moltissimi confratelli e amici, avrebbe tratto un libro perché Fr. Fulvio era aperto, simpatico, vivace, amico di tutti, era un grande fratello, meglio, nella sua semplicità, era un “enorme” Fratello.

Brevi note biografiche
Fr. Fulvio era nato il 4 marzo 1929 a Castion Veronese, provincia di Verona. Entrato nel noviziato di Firenze il 1° novembre 1949, emise i primi voti il 9 settembre 1951. Rimase in Italia fino all’ottobre del 1954, quando partì per Khartoum, dove lavorò alle officine della Technical School. A Khartoum, il 9 settembre 1957, emise i voti perpetui. Nel gennaio 1959 fu richiamato in Italia e destinato prima a Verona, in Casa Madre, come addetto alla casa e poi, nel 1965 a Roma, in Curia.
P. Pietro Ravasio ricorda: “Nel Capitolo Generale del 1969 si propose l’istituzione di un Segretariato per le Missioni. P. Enrico Bartolucci fu scelto come primo segretario di questa nuova entità che, oltre all’oggetto specifico di ricerca sulle missioni, comprendeva: procura delle missioni, ufficio viaggi con relativo impegno per passaporti e permessi, e responsabilità dei centri di preparazione linguistica come Parigi e Londra. I due confratelli che erano indispensabili a P. Bartolucci per gestire questo segretariato erano P. Antonio Rizzato, per la procura, e Fr. Fulvio, attivissimo e capace di svolgere ogni tipo di pratiche”. Nel giugno del 1973 P. Bartolucci fu nominato vescovo ed eletto vicario apostolico di Esmeraldas, in Ecuador, e fu sostituito, nel Segretariato per le Missioni, proprio da P. Ravasio. Prima di partire, Mons. Bartolucci gli consigliò di affidarsi in tutto a Fr. Fulvio. P. Ravasio continua: “Nel comprensibile disagio per un’eredità tanto impegnativa, Fr. Fulvio è stato per me una vera ancora di salvezza. I confratelli, infatti, si sentivano sicuri delle sue decisioni sia in rapporto alle pratiche sia per le partenze che allora erano numerose e si facevano attraverso la compagnia olandese Raptim. Fr. Fulvio in questa sua attività manifestava un’autentica vocazione e prassi di vita religiosa ed era di carattere gioioso, cose che erano di incoraggiamento e di sostegno per i confratelli in partenza”.

Nel 1976, dopo quasi due anni nella NAP, a Cincinnati, fu destinato al Kenya, prima alla residenza di Nairobi, poi a Langata come insegnante ed economo. “Quando Fulvio fu assegnato al Kenya – racconta P. Raffaele Cefalo – fummo felicissimi perché a Ngong Rd. avevamo bisogno di uno come lui. Era un ‘autista di prima classe’, sempre pronto ad andare all’aeroporto, alle ambasciate e ovunque ce ne fosse bisogno. Il suo unico grande rammarico è stato quello di non aver mai potuto imparare bene l’inglese”.
Dal 1988 al 1992 fu formatore dei Fratelli nel CIF di Nairobi. Nel suo ultimo anno di permanenza in Kenya (1993-1994), rimase nelle parrocchie di Ongata Rongai e di Amakuriat. Nel 1995 rientrò in Italia e fu mandato a Verona, nel Centro Ammalati e Anziani (CAA) dove è deceduto il 28 agosto 2013.

Alcune sue riflessioni
Per capire meglio la personalità di Fr. Fulvio, può essere utile leggere alcune sue riflessioni sulla fede e sulla scelta missionaria. “La scelta di diventare missionari è stata piena di entusiasmo, una scelta venuta naturale. Ma nella vita quotidiana di missione ci si trova spesso in situazioni difficili, dove portare avanti quella scelta fino in fondo non è per niente semplice o scontato. Tanti sono, infatti, i missionari che hanno abbandonato. Mi sono reso conto che l’unico modo per stare uniti a Cristo, e fedeli alla sua chiamata, è pregare. Se la preghiera viene meno, cadiamo nella debolezza umana, non possiamo farcela da soli. Solo coltivando una relazione profonda con Lui riusciamo ad affidarci e a restare saldi nella vocazione. Ho in testa l’immagine di P. Alex Zanotelli, a Korogocho: dopo una giornata passata tra le baraccopoli, in mezzo a sofferenze inaccettabili, si sedeva stanco la sera davanti alla croce, a pregare fino all’alba. È solo la preghiera che ci fa stare in piedi, solo un rapporto vero con Cristo”.

Com’era Fr. Fulvio
Il mio primo incontro con Fr. Fulvio risale all’estate del 1968: desideravo entrare fra i comboniani ed ero diretto al Corso di Orientamento di Valdiporro. Mi fermai per qualche giorno a Pordenone per visitare la comunità comboniana di formazione per i Fratelli. Proprio quel giorno, arrivava da Roma il Superiore Generale, P. Gaetano Briani, con Fr. Fulvio come autista. Mi colpirono la sua figura distinta, la sua cordialità e simpatia.
Diversi anni dopo, nel 1995, ci ritrovammo assieme a Verona. Era di ritorno dal Kenya e si era volentieri reso disponibile per dare il suo aiuto nel servizio ai confratelli anziani e ammalati di Verona, in sostituzione di P. Alberto Martinuzzi. Anche questa volta rimasi colpito dalla sua cordialità esuberante e dalla sua disponibilità. Dopo una breve vacanza al fresco del Monte Baldo, nella casa di famiglia a Castion Veronese, assieme alla sorella Maria, fu pronto ad iniziare il nuovo impegno.

Tutti conosciamo il suo carattere bello ed estroverso, la sua cordialità e la sua capacità di creare comunità e comunione; il suo arrivo diede un tono nuovo all’ambiente del secondo piano e di Casa Madre. Dopo le giornate di lavoro, la sera amava intrattenersi con i confratelli per una partitina a carte, per condividere i problemi e i fatti del giorno, per raccontare la vita vissuta in famiglia e in missione e tracciare vivaci immagini dei confratelli. Aveva un grande “archivio” di ricordi, avvenimenti, fatti e persone, cui attingeva, sapendo dare colore e vivacità ai suoi racconti: lo si ascoltava molto volentieri. Tutto questo aiutava a creare fraternità.

Si trovava a suo agio anche con medici e infermieri del CAA e negli ospedali e ambulatori. Tutti gli manifestavano immediata simpatia e lo consideravano da subito un amico di valore. Il nostro personale del CAA e di Casa Madre lo amava e stimava. Fr. Fulvio sapeva avere, verso tutti, attenzioni semplici ma non comuni: un fiore, un regalino… Quando in Casa Madre si festeggiavano le diverse occasioni, con il personale, i parenti dei confratelli, i medici, gli infermieri o il personale delle strutture sanitarie che ci aiutavano, era sempre accanto alla porta per accogliere ognuno con un gran sorriso e un saluto cordiale, facendo sentire subito le persone a loro agio e ben accolte.

Solo il Signore sa quanti viaggi ha fatto su e giù da Negrar, Bussolengo, Legnago, Peschiera e nei centri ospedalieri della città per accompagnare i confratelli per visite, controlli medici e, spesso, anche per portarli al Pronto Soccorso. Quanti servizi ha svolto per il nostro Centro di assistenza! Quante lunghe attese. Non era infermiere e si sentiva a disagio nell’assistenza diretta e medica ai confratelli; spesso, infatti, in questo doveva farsi forza e superare se stesso.

L’appartenenza all’Istituto
Era uomo di azione e di preghiera; puntualissimo alla preghiera comunitaria, ne diventava l’animatore dirigendo la preghiera del breviario, il rosario e la preghiera liturgica. Aiutava a preparare le grandi celebrazioni delle feste o degli avvenimenti comboniani, in Casa Madre e in città. Organizzava volentieri, per i confratelli anziani e ammalati, visite ai santuari mariani cari ai veronesi o ai comboniani: Madonna della Corona, Madonna del Frassino, Limone…
Da buon Comboniano ha vissuto con l’Africa nel cuore, un cuore che traboccava di racconti e ricordi che “sgorgavano” su di noi e nei calorosi abbracci ai confratelli di ritorno dalla missione; con una punta di mestizia quando qualcuno ripartiva, riaccendendo in lui il desiderio di tornare alle sue missioni. Sentiva fortissima l’appartenenza all’Istituto, che era la “sua famiglia”, e lo dimostrava con tanti piccoli e grandi gesti come quelli che lo riportavano alla sua infanzia.

Quando ogni anno a Verona si celebra Santa Lucia e nelle famiglie i genitori preparano un sacchetto di doni per i bambini, anche lui ci teneva molto a far rivivere questa semplice gioia a tutti i confratelli e preparava lui stesso, per ognuno, un sacchetto con dolci e qualcosa di utile, deponendolo di notte davanti alla porta di ogni stanza.
E mostrava chiaramente di sentire che questa famiglia va al di là dei confini terreni con l’attenzione verso i confratelli morti, non solo nella preghiera, ma anche nella cura delle loro tombe, di cui si fece carico da subito. Le nostre due belle tombe del cimitero maggiore di Verona erano stracolme (oltre un’ottantina di confratelli) e non c’era più posto. Fr. Fulvio cercò subito una soluzione. Oggi, chi entra in questo cimitero ricco di tombe barocche, artistiche, moderne e a volte fantasiose, rimane colpito da un settore in cui si trovano oltre un centinaio di tombe, ben allineate “in campo” (in terra), con semplici croci di pietra bianca (sullo stile americano o inglese) che portano una targhetta in alluminio brunito con il nome di un sacerdote o di un fratello e la dicitura “Missionario Comboniano”. Un richiamo alla semplicità, a evitare gli sprechi, a sentirsi tutti uguali e fratelli, a dire “siamo famiglia”. Una famiglia di testimoni da prima linea.

La passione per le macchine
Tutti conoscevamo lo spirito sportivo di Fr. Fulvio. Gli piacevano le macchine e gli piaceva guidare. Raccontava con umorismo le avventure dei viaggi con la prima macchina, acquistata da suo papà e dallo zio (generale e dottore, decorato in guerra al fronte albanese). Sapevamo della sua passione per la meccanica e del lungo servizio prestato come autista di P. Gaetano Briani.

Quando gli impegni glielo permettevano, non perdeva le corse di “Formula uno”, fossero anche nel cuore della notte. Guidare, per lui, non era solo un piacere, era sempre anche un servizio ai confratelli e all’Istituto. Spesso, la sera, per un momento di relax, faceva con noi una bella camminata o pedalata per le vie di Verona.

Devo dire che Fr. Fulvio ha avuto anche tanta pazienza con me, sopportandomi nei momenti di nervosismo e nelle reazioni dovute, in gran parte, alla stanchezza. È stato un vero fratello che ha saputo sostenermi e incoraggiarmi nei momenti difficili. Ci sarebbe ancora tanto da raccontare di quanto ho vissuto accanto a Fr. Fulvio. Umanamente già ci manca la sua presenza, anche se siamo tutti convinti che continua a starci accanto, a sentire che ha ancora un compito da portare avanti per l’Africa e ad aiutarci da lassù.
Alla notizia della sua morte mi hanno scritto tante persone, infermiere, personale ospedaliero, suore, confratelli, esprimendo sconcerto, tristezza, affetto e stima per Fr. Fulvio.

Brevi testimonianze
Riportiamo alcune brevi testimonianze dei confratelli che hanno vissuto con lui negli ultimi anni.
Fr. Vincenzo Dall’Alda: Fulvio era il mio migliore amico, mi ha sempre aiutato in ogni modo. Ricordo quante ne abbiamo combinate quando facevamo i cuochi in Casa Madre, che ridere... ma che fatica!
P. Giulio Celadon: mi ha sempre colpito la sua gentilezza. Quando mi accompagnava all’ospedale di Negrar, tutti i medici lo accoglievano a braccia aperte, era amato da tutti! E poi era un autista fenomenale!
Fr. Ottorino Gelmini: Autista velocissimo! Era una scheggia! Come nella vita... Sempre in movimento, faceva tutto con entusiasmo e buona volontà.
P. Silvano Barbieri: mi mancano la sua simpatia e il suo umorismo.
P. Efrem Agostini: era sempre sorridente, anche negli ultimi tempi. Nonostante soffrisse, quando passavi davanti a lui aveva sempre un sorriso.
P. Aldo Accorsi: quando tornai dal Portogallo per esaurimento, Fulvio mi diede tanto coraggio, mi disse che ci era passato anche lui, e mi è stato vicino sempre.
Fr. Pietro Dusi: piaceva proprio a tutti, anche ai bambini! Era un giocherellone, e quanto si divertivano quelli a tirargli la barbetta! Sarà il suo sguardo birichino, ma era come una calamita! Poi ho l’immagine di lui sul Nilo, alla guida del mitico battello Fatima, che portava avanti e indietro missionari e materiali vari, infaticabile il Fulvio!
P. Elio Benedetti: Fulvio sapeva ascoltare, veniva automatico aprirsi con lui. È stato l’autista del superiore generale, e secondo me gli ha fatto pure da “confessore” ogni tanto!
Maria Vittoria (volontaria): era un gentleman. Quando accompagnava i confratelli alle visite le provava tutte per rendere il viaggio più comodo. Una volta, una segretaria gli fece il favore di accorciare l’attesa, e lui andò dal fioraio e le comprò una piccola rosa, come segno di ringraziamento. Era così, tante piccole attenzioni per gli altri.

Fr. Duilio Plazzotta, mccj.
Da Mccj Bulletin n. 258 suppl. In Memoriam, gennaio 2014, pp. 97-103.