“Venuto in Congregazione dal clero secolare proprio alla vigilia di essere ordinato sacerdote, da principio mi sentii un po’ a disagio, ma notai subito il grande vantaggio di poter vivere in una comunità di confratelli edificanti e pieni di zelo. Ogni Padre o Fratello di barba bianca che riuscivo ad avvicinare era per me un monito e uno sprone” scriveva P. Urbano De Cesare in occasione del suo venticinquesimo di sacerdozio.
Brevi cenni biografici
P. Urbano era nato a Troia, in provincia di Foggia, il 24 maggio 1920. Ordinato sacerdote diocesano, entrò subito dopo nel Noviziato di Firenze spinto dal desiderio di farsi missionario. Fece la prima professione il 19 marzo 1947 e tre anni dopo emise i voti perpetui. Dopo alcuni incarichi in Italia – come economo pro tempore a Firenze, professore e vicerettore nel seminario di Padova, padre spirituale nel seminario comboniano di Pesaro – fu mandato a Viseu, in Portogallo, per ministero e per imparare la lingua portoghese.
Il Mozambico
Nel 1953 ebbe la sua prima destinazione in missione, il Mozambico, nelle parrocchie di Mossuril e Nacaroa. “I primi sette anni di vita di missione – racconta – sono stati per me un vero paradiso. Poi è venuto il purgatorio, per mali fisici che mi ridussero ad uno straccio e che non mi davano pace”. Infatti, P. Urbano passò gli anni successivi intercalando vita di missione e cure in ospedale. Eppure, scriveva ancora nel biglietto-ricordo per il 25°: “Benedetta quella Mano che mi ha afflitto! Uscendo dall’ospedale di Verona ho rivisto la luce e mi sono incoraggiato a darmi ancora generosamente al Signore e alle anime. La salute a poco a poco si rifaceva e così potei fare bene il Corso di perfezionamento di Roma e addirittura organizzare da solo un ‘gemellaggio’ tra Ercolano (Napoli) e la Missione di Lunga, dove attualmente mi trovo”. Il 13 agosto 1968, infatti, era ritornato in Mozambico ed era stato assegnato come vice parroco alla missione di Lunga, dove rimase fino al 1974.
Poi rientrò in Italia e passò quattro anni a Troia e a Bari come incaricato dell’animazione missionaria; poi, sempre con lo stesso incarico, fu mandato per due anni nel Postulato di Maia.
In Messico
Il 17 dicembre 1980 P. Urbano arrivò a Città del Messico, nella sede provinciale, a Colonia Moctezuma. Vi rimase un mese, per adattarsi alla nuova realtà. Poi, fu destinato alla Bassa California come vice parroco nel santuario della Madonna di Lourdes, a Ciudad Constitución, dove si trovò in comunità con P. Domenico Zugliani e P. Pietro Gianmaria Piu.
P. Urbano arrivava con una grande esperienza missionaria, maturata in Portogallo e Mozambico in molti campi – animazione missionaria, insegnamento, direzione spirituale, direzione scolastica ed evangelizzazione, soprattutto come viceparroco – ma anche con alcuni problemi di salute. A Ciudad Constitución trovò un ambiente favorevole per approfondire la sua vita spirituale, trovare momenti di solitudine e di intimità con sé stessi o per la preghiera e la meditazione.
P. Urbano aveva un carattere deciso e idee chiare, senso dell’ironia e una buona formazione umana e sacerdotale. Al suo arrivo, il Vicariato della Bassa California, sotto la guida di Mons. Giovanni Giordani, comboniano, era stato consegnato al clero diocesano. La nuova realtà comunitaria e sociale e le nuove direttive pastorali non erano affini al suo modo di essere tanto da creare attorno a lui dei malintesi e persino un’immagine distorta della sua persona. In questa situazione, che ebbe a definire come una “delle prove più dure e ingiuste della mia vita missionaria e sacerdotale”, e nonostante molti lo considerassero un “sant’uomo”, dovette spostarsi in diverse comunità – Guerrero Negro, Santa Rosalía e La Paz – per cercare serenità per sé e nei rapporti con gli altri.
Nel 1983 fu mandato per ministero alla comunità del Pre-postulato di Cuernavaca, dove poteva avere maggior cura della sua salute e trovare un clima più mite. Vi rimase due anni. Successivamente, fu nominato vicario della rettoria dei “Martiri d’Uganda”, a Colonia Moctezuma.
La Lagunita
Nel febbraio del 1985 fu destinato al Noviziato di Sahuayo, Mich., come probus vir e per esercitare il ministero. Vi rimase quindici anni, con una sola interruzione, nel 1990, quando venne a Roma per seguire il Corso di Rinnovamento. Al suo ritorno, riprese l’attività apostolica nelle comunità affidategli dal parroco di Jiquilpan, Mich., nei ranchos di La Arena, La Cantera e La Lagunita, dove costruì anche delle cappelle: “il parroco e la gente mi hanno aiutato molto – diceva –. A Sahuayo, mi sono trovato a mio agio per l’ambiente di persone buone, per la loro comprensione, cosa di cui sono loro immensamente grato… ho avuto delle soddisfazioni apostoliche che non avevo mai avuto nei miei 43 anni di sacerdozio. Lì ho evangelizzato assieme a bravi catechisti e catechiste. Questo mi rendeva felice, anche se al ritorno mi sentivo stanco”.
Nel 2000 P. Urbano scriveva al provinciale “Visto che il 24 maggio di quest’anno compirò 80 anni, vorrei provvedere al mio prossimo riposo nel cimitero civile inaugurato recentemente a La Lagunita (Jiquilpan), dove ho passato 15 anni di vita apostolica. Lì, senza merito da parte mia, la gente mi vuole bene e io gliene voglio. Sono certo che non mi mancheranno i suffragi dopo la mia morte”.
Nel 2011, a 91 anni di età, chiese di essere trasferito alla comunità “Oasis San Daniel Comboni”, a Guadalajara. Aveva superato un cancro nel 1992, guarigione che P. Urbano attribuiva a san Daniele Comboni: “ho tanto pregato il fondatore perché mi guarisse e lui mi ha fatto il miracolo”, diceva agli amici.
P. Urbano è deceduto a Guadalajara per un infarto polmonare il 24 agosto 2014 ed è stato sepolto a La Lagunita, com’era suo desiderio e come è stato richiesto dalla gente del posto e dal parroco di Jiquilpan, P. Jaime Calderón.
La testimonianza di P. Teresino Serra
P. Urbano merita di essere ricordato: un piccolo e umile uomo che, con la sua fede, ha mosso folle enormi. Nonostante le sue idee all’antica, lo seguivano bambini, giovani, adulti e anziani. Un vero uomo di Dio. Ho vissuto con lui tredici anni e ne ringrazio Dio.
Si era preparato da tempo e bene all’incontro con Dio. Al suo letto di malattia accorreva moltissima gente dalle zone in cui aveva fatto apostolato. A tutti chiedeva lo stesso favore: “Pregate perché possa morire presto con la gioia che ho nel cuore oggi”. Aveva fondato i cenacoli mariani in vari paesi ed era conosciuto come uomo di fede incrollabile e di preghiera profonda. Aveva chiesto anche di poter essere sepolto nel “rancho della Lagunita”, dove aveva svolto il suo apostolato per anni. Questa grazia gli è stata concessa. Alla notizia della sua morte, è iniziato un pellegrinaggio da varie parti del paese a Guadalajara. Dopo una prima celebrazione nella nostra comunità, il corpo è stato scortato da un lungo corteo di macchine fino a Sahuayo, nel nostro seminario minore, dove è stato vegliato tutta la notte. La folla è sfilata davanti al feretro senza sosta, fino al giorno dopo. C’è stata poi una solenne concelebrazione nella parrocchia del Sagrado Corazón, a Sahuayo. Oltre ai numerosi confratelli, hanno concelebrato quasi tutti i sacerdoti e religiosi della città. Poi il feretro è stato nuovamente accompagnato per circa 30 km fino al rancho della Lagunita, dove P. Urbano può riposare dopo aver seminato amore e fede nel cuore di molti. La folla immensa che lo ha accompagnato è stata un atto di riconoscenza verso questo “piccolo grande uomo”, che ha parlato di Dio e della missione con la sua testimonianza semplice e umile. I pensieri del suo testamento spirituale confermano che il suo cuore era abitato da Dio.
Preghiera verso la meta eterna
Riportiamo questa preghiera, presa dal diario di P. Urbano, scritta per la Festa dell’Epifania 2005.
“Ti ringrazio, Signore, per avermi concesso di lavorare per il tuo Regno come cristiano, sacerdote e missionario. Ti ringrazio per aver avuto fiducia in me, nonostante i miei limiti e debolezze.
Concedimi di usare il resto delle mie energie e del mio tempo tutto e solo per crescere nel tuo amore e così prepararmi al nostro incontro per l’eternità. Fa’ o Signore, che nella mia anzianità possa essere testimone e di buon esempio ai miei fratelli nella fede e nella carità. Man mano che le mie forze diminuiscono, concedimi un più grande amore nel donare me stesso ai fratelli con maggior semplicità e generosità. Concedimi, Signore, di vivere fino all’ultimo respiro come vero e zelante operario della tua vigna, e figlio fedele della famiglia dei Missionari Comboniani.
Signore, desidero vivere e morire fedele alla dottrina della Chiesa, al Vangelo e al carisma di San Daniele Comboni.
Da Mccj Bulletin n. 262 suppl. In Memoriam, gennaio 2015, pp. 85-90.