La vocazione
P. Bruno Martinelli era nato a Serravalle (comune di Apecchio, provincia di PU), il 28 giugno 1926, primo di quattro figli. Quando sua madre Beatrice Pazzaglia lo diede alla luce, qualcuno gridò dalla finestra della casa per avvertire il padre: “Eliseo, ti è nato il figlio!”. E il papà, che stava arando i campi con i buoi, abbandonò tutto e arrivò di corsa a casa per vedere il suo primogenito, tanto desiderato e sempre tanto amato. La famiglia di P. Bruno era un nido pieno di calore: egli assimilò quest’atmosfera e dovunque è stato e ha esercitato il ministero sacerdotale, ha sparso attorno a sé l’amore, l’accoglienza e il sorriso. Una delle sue massime, diventate il suo programma di vita, era: “Ama e dì alle persone che sono attorno a te che vuoi loro bene!”. Fin da ragazzo pensò di consacrarsi al Signore. Nel 1942 preparò la valigia di cartone per andare a Firenze, nel Noviziato comboniano. Salutò tutti i familiari ma papà Eliseo non c’era. Era andato in campagna, perché non voleva che il suo primogenito partisse. Il suo desiderio, infatti, era che restasse accanto a lui per aiutarlo nel lavoro dei campi ma Bruno aveva ormai deciso, anche se in quel momento, come raccontò più tardi, avrebbe voluto gettare la valigia per aria. Ma la prova passò, anche perché sua madre, che era una vera santa, lo incoraggiò posandogli la mano sulla spalla e dicendogli con un filo di voce: “Vai pure figliolo dove il Signore ti chiama”.
Il 7 ottobre 1944 fece la sua professione religiosa. Ad assistere alla cerimonia c’era anche suo padre, finalmente contento della vocazione del figlio. L’ordinazione sacerdotale avvenne il 3 giugno 1950, nel duomo di Milano, per l’imposizione delle mani del Cardinale Ildefonso Schuster. La Prima Messa a Serravalle, la domenica successiva, fu una grande festa per i familiari e i paesani. Prima del pranzo, mamma Beatrice chiamò suo figlio in disparte, lo condusse nella stanza dei genitori e, indicandogli un antico quadro della Madonna col Bambino Gesù, gli disse: “Ricordati, figlio mio, che fin da piccolo, ti portavo sempre ai piedi della Vergine Santa, chiedendole di farti diventare un santo sacerdote e oggi lo sei. E io voglio essere per te quello che fu mamma Margherita per il suo san Giovanni Bosco”.
Il Messico, seconda patria
“Non stancarti di viaggiare” era uno dei principi del programma di vita di P. Bruno, perché il missionario, per annunciare il Vangelo, deve viaggiare. Il 13 agosto 1950, partì per Zahle in Libano, per imparare l’arabo, ma si ammalò di pleurite e dovette tornare in Italia, dove si occupò della formazione dei nostri seminaristi a Pesaro e a Sulmona. Ristabilitosi, partì per il Messico, a Tepepam, Sahuayo, Guadalajara, dove c’erano i seminari comboniani. Poi andò nella California messicana e si dedicò totalmente alla pastorale, nelle parrocchie di Santa Rosalía, San José del Cabo, Puerto San Carlos, ecc. Il Messico fu una seconda patria per P. Bruno, che scrisse: “Il Messico è una grande e ricca nazione con una forte identità cristiana e cattolica. La Madonna di Guadalupe, apparendo nel dicembre 1531 all’indio azteco Juan Diego Cuauhtlatoatzin, mostrandosi messicana, ha forgiato un paese. La persecuzione, di origine massonica, degli anni intorno al 1920, ha fatto molti martiri, ma non ha scalfito l’attaccamento alla Chiesa cattolica”.
Nel 1995, dopo un periodo di vacanze, passò a Cuernavaca, come promotore vocazionale. Nel 1999, ritornò in Italia nel nostro seminario di Thiene (VI).
Nell’ottobre del 2002, P. Bruno fu destinato al Costarica, per fare animazione missionaria nell’America Centrale. Andò anche in Guatemala e a Panama. Nel 2006, di nuovo in Italia, lavorò a Messina e il 1° gennaio del 2009 approdò a Cordenons.
Il Vangelo dà gioia!
“Circondati di persone che ami e che ti vogliono bene” era un’altra delle sue massime. A San Quirino, non lontano da Cordenons, Paolo ne è testimone. È il responsabile di una comunità neocatecumenale. Ogni sabato, P. Bruno andava a casa di Paolo, cenava, e poi tutti insieme andavano in parrocchia per la preghiera e per celebrare la messa. Willy e Laura hanno conosciuto P. Bruno in occasione di un pellegrinaggio a Medjugorje. Con altri amici hanno deciso di costituire un gruppo di preghiera, che si ritrova nella casa dei Comboniani a Cordenons, ogni lunedì sera, per pregare in silenzio dinanzi al Santissimo esposto e recitare il rosario. P. Bruno soleva dire: “Fatti amici gioiosi!”. In effetti, lo dice anche papa Francesco, che non si può annunciare il Vangelo “con una faccia da funerale”. Al termine della preghiera, gli amici del gruppo di preghiera cantano sempre il canto messicano: “Mi pensamiento eres tu, Señor!” (il mio pensiero sei tu, Signore). Si forma una catena, si battono le mani, si accennano passi di danza. La preghiera è festa e il Vangelo dà gioia.
Dimentica i numeri non necessari
Ma gli anni passano. P. Bruno si avvicinava ai 90. È vero che aveva scritto nel suo programma di vita questa frase: “Dimentica i numeri non necessari, come gli anni della tua età” e anche questa: “Nessuno è così anziano che non pensi di vivere ancora un anno di più”. Intanto la casa di Cordenons era diventata come un alveare, piena di amici che cercavano P. Bruno: avevano bisogno di consigli, volevano confessarsi o a volte passare un tempo di preghiera con lui nella cappellina. Poi, quando P. Bruno ha sentito che le forze gli mancavano e aveva bisogno di trasfusioni di sangue quasi settimanali, gli amici di Spilimbergo e di Maniago, del gruppo di preghiera, erano sempre presenti. Lo portavano in ospedale, lo assistevano giorno e notte e gli compravano tutto quello di cui aveva bisogno. Ma la malattia non passava e alla fine, con il consiglio dei medici, P. Bruno è stato trasferito nella casa dei Comboniani a Castel d’Azzano (VR), il 17 ottobre 2016. Il giorno dopo, alle 14.30, è spirato nelle braccia di Fabiano, l’infermiere che lo curava amorevolmente. Una signora del gruppo di preghiera, confidandosi con P. Tonino, ha esclamato tra le lacrime: “P. Bruno ci mancherà terribilmente!”. Giovedì, 20 ottobre, sempre a Castel d’Azzano, si è svolto il funerale, alla presenza di familiari, amici e confratelli. P. Tarcisio Candian, durante l’omelia, ha detto: “Come ricordare P. Bruno? Vorrei ricordarlo con il Vangelo dei discepoli di Emmaus (Luca 24, 13-33)... È il Vangelo della fiducia nel Risorto, il Vangelo dove P. Bruno ha fatto esperienza concreta di salvezza attraverso Gesù vivente... Si è fatto discepolo del Risorto e poi, come Missionario, ha imitato il Viandante che si è affiancato ai due discepoli (e a P. Bruno non dispiaceva viaggiare!)... Si è fatto viandante che si è affiancato con attenzione e rispetto a fratelli e sorelle che cercavano l’aiuto di Dio... Poi, dopo un lungo viaggio (90 anni!), il Viandante Gesù l’ha invitato a sedersi a tavola e ora è Lui a servirlo per sempre”.
(P. Tonino Falaguasta Nyabenda, mccj).
Da Mccj Bulletin n. 270 suppl. In Memoriam, gennaio 2017, pp. 135-139.