In Pace Christi

Coppo Salvatore

Coppo Salvatore
Data di nascita : 17/09/1933
Luogo di nascita : Serdiana/Italia
Voti temporanei : 09/09/1961
Voti perpetui : 09/09/1964
Data ordinazione : 09/07/1961
Data decesso : 20/04/2017
Luogo decesso : Milano/Italia

P. Salvatore era nato a Serdiana, in provincia di Cagliari (Sardegna), il 17 settembre 1933. Aveva compiuto i suoi studi, fino alla IV teologia, nel Seminario Regionale di Cagliari. Dopo la decisione di diventare missionario comboniano, “attraversò il mare” che separava la sua isola dall’Italia e fu ordinato a Fiesole il 9 luglio 1961. Dopo aver frequentato il noviziato a Gozzano e a Firenze, emise i voti temporanei a Firenze il 9 settembre 1964 e quelli perpetui a Maracha (Uganda).

A Roma, nel 1963, aveva ottenuto un diploma in Lettere e Diritto Canonico; più tardi, nel 1984, ottenne la licenza in Diritto Canonico e un diploma in Archeologia Cristiana.

La missione
Dopo un corso d’inglese in Inghilterra, fu assegnato all’Uganda. Esercitò il ministero pastorale soprattutto nel West Nile a Maracha, Lodonga, Otumbari e Arivu-Ediofe.

Dopo le vacanze in Italia e il Corso di Rinnovamento a Roma, ritornò in Uganda, questa volta nella diocesi di Moroto, tra i Karimojong. Ha insegnato a Moroto e nel seminario minore diocesano di Nadiket ed esercitato il lavoro pastorale a Nabilatuk (1972-1978).

Seguiamo il racconto degli anni successivi attraverso le parole di P. Jorge Naranjo Alcaide: “Dal 1979 al 1986 lavorò in Malawi nelle missioni di Phalombe e Chiringa, dove era conosciuto come ‘Umpulumtzi’, la traduzione del suo nome in chichewa. Nel 1983 tornò a Roma per completare la specializzazione in Diritto Canonico presso l’Università Lateranense. Poi, fu mandato ad insegnare nel Seminario Nazionale della Conferenza Episcopale del Sudan, prima a Juba (1987-1991) e in seguito a Khartoum fino al 1996.

Andò poi al Cairo per studiare l’arabo: aveva già 63 anni e non poteva raggiungere un alto livello di competenza in questa lingua. Nonostante ciò, andò a El Fasher (Darfur), dove servì la comunità cristiana fino al 2000. Successivamente, lavorò nella parrocchia di Wad Medani fino a tornare a Khartoum nel 2003 per insegnare nuovamente nel Seminario Nazionale. Continuò questo servizio fino al trasferimento del Seminario a Juba.

Dopo di che, non gli fu facile far fronte al suo nuovo status di docente in pensione. Le difficoltà con la lingua araba avevano limitato le sue possibilità pastorali e a 70 anni non era facile per lui mantenere un impegno fisso nell’insegnamento al Comboni College di Khartoum. Aveva bisogno di un po’ di tempo per accettare la sua situazione: desiderava continuare a insegnare e a servire la comunità cristiana ma, d’altra parte, era consapevole dei suoi limiti.

Tuttavia, è stato in grado di trasmettere la gioia a tutte le persone che ha incontrato. E sicuramente questa è una delle immagini che la comunità cristiana conserverà di lui. Amava abbracciare le persone e quest’apertura fisica delle braccia era anche l’immagine del suo cuore. P. Salvatore era sempre molto felice di collaborare con i Focolarini, con il Movimento Carismatico, i Neocatecumenali, i salesiani”.

Gli ultimi anni
Nel 2011 celebrò il cinquantesimo di sacerdozio. In quell’occasione, P. Norbert Stonfer, suo compagno di comunità, scrisse: “Oggi, 6 agosto, festa della trasfigurazione, P. Salvatore Coppo ha celebrato il suo 50° di ordinazione nel Seminario Maggiore, St. Paul’s, di Khartoum. Una cerimonia semplice ma sentita. Nell’omelia, P. Salvatore ha passato in rassegna i suoi cinquant’anni trascorsi tra Uganda, Malawi e Sudan. In particolare, i 24 anni in Sudan, tra Juba e Khartoum, sempre come insegnante in Seminario e ha insistito sul valore inestimabile dell’Eucaristia come anche del sacerdote”.

Nel mese di gennaio 2017, P. Salvatore si era lamentato di un dolore all’addome. In un primo momento, i medici pensavano che la causa fosse l’infiammazione della prostata ma quando è arrivato a Milano, gli è stato diagnosticato un cancro. Non era possibile operare perché era troppo diffuso e aveva già invaso alcuni organi vitali. È deceduto a Milano il 20 aprile 2017.

Il funerale
Il funerale di P. Salvatore si è svolto nella comunità di Milano. Oltre ai suoi familiari, erano presenti la comunità comboniana e vari confratelli, suoi compagni di missione. La celebrazione è stata presieduta dal suo compaesano P. Teresino Serra.

Riportiamo alcuni passi della sua omelia: “P. Salvatore sapeva coltivare le amicizie. Segno della sua capacità di saper mantenere buone relazioni con tutti sono le condoglianze che ci sono pervenute. Abbiamo ricevuto le condoglianze dal Nunzio Apostolico di Khartoum, dal Cardinale Zubeir, dal vescovo ausiliare di Khartoum, dai Missionari Salesiani, da alcuni suoi ex studenti e, ovviamente, dal Superiore Provinciale di Khartoum-Egitto e da parecchi confratelli.

La cosa più bella che si può dire di lui è che fu un missionario ‘doc’ e che ha speso tutta la sua vita nel continente amato da Comboni. Dal 1963 fino ad oggi è vissuto in Africa: Uganda, Malawi, Egitto, Sud Sudan e Khartoum. Pensando a lui, vorrei fare l’elogio del missionario comune, quello che vive con dedizione il quotidiano, in coerenza con la propria vocazione, sentendosi ‘quel servo umile’ di cui parla il vangelo.

Missionario comune ma sensibile e attento alla sua gente. Mi ha sempre colpito la sua umanità, un’umanità affabile, semplice e intelligente. Uomo di tanti legami, di tante amicizie, capace di oltrepassare ogni porta, proprio per la sua schiettezza e spontaneità.

Dio non ci chiede cose grandi, ma quelle piccole, quelle che possono sembrare insignificanti ma che, invece, per Lui, hanno un grande valore. Penso al lavoro silenzioso di questo missionario, penso ai suoi sacrifici, alle strette di mano, alle pacche sulle spalle, ai semplici sorrisi che riescono a dare un tono diverso alla giornata di chi ne è stato il destinatario. Sono quei gesti normali della quotidianità per i quali il Signore dice: ‘Venite, benedetti dal Padre mio’.

Salvatore era devoto alla ‘sua Madonna’, Nostra Signora di Bonaria, venerata a Cagliari. Amava visitare i santuari mariani. Un giorno d’estate piombò al mio paese, a casa mia… ovviamente senza preavviso. Era arrivato da Cagliari in pellegrinaggio fino ad Ardara (Sassari), al santuario della ‘Madonna Nera sarda’, Nostra Signora del Regno. Per il suo 50° desiderava fare una visita alla Madonna di Guadalupe in Messico. Il Superiore di quel tempo lo scoraggiò. L’anno scorso, in occasione del suo 55° anniversario di sacerdozio, tornò all’attacco con la stessa idea e ci riuscì. Diceva che, dopo 55 anni di vita missionaria, voleva imitare il gesto di Comboni, quando andò a La Salette per consacrare l’Africa alla Madonna. Forse le ragioni non erano sufficienti per giustificare il viaggio… comunque è bello pensare che questo missionario, nella stanchezza della sua vita, parte per ricevere un abbraccio della Madonna”.

“Un addio tra tanti ricordi” di Pietro Roncari
“Eccomi qui. Non capisco cosa sia successo, ma accetto dal Signore tutto, anche questa prova. Vivo con Lui questo dolore. Lo ringrazio perché mi dona la pace. Offro tutto al Signore e sono nella pace”. P. Salvatore Coppo è immobile nel suo letto d’ospedale, al sesto piano dell’ospedale civile di Sesto San Giovanni (Milano). Si guarda attorno un po’ sperduto, fatica a mettere insieme tutti i tasselli scombinati dal ciclone che si è abbattuto improvviso. Ma il sorriso è quello dei giorni belli ed anche gli occhi parlano come allora. È arrivato da poco da Khartoum, accompagnato da P. Norberto, ha passato qualche giorno nella comunità comboniana di via Giuditta Pasta a Milano e ora è all’ospedale di Sesto San Giovanni per gli accertamenti. Purtroppo la situazione si rivelerà subito compromessa: non c’è più nulla da fare.

Inizia la Quaresima a letto e la concluderà in coma con l’unzione degli infermi: vuole unirsi al Risorto che raggiunge qualche giorno dopo, nella bella settimana di Pasqua. Tutto così in fretta, ma tutto vissuto nella fede e nella consegna definitiva: “Padre, nelle tue mani è la mia vita”. Il vecchio missionario sardo è appena ritornato dal Sudan, senza fiato, dolori dappertutto, sfinito. Sembra un passerotto ferito, lui che ha camminato per anni sui sentieri africani, una vita in prima linea nella famiglia comboniana. Non avrà neppure il tempo per organizzare le idee, guardarsi attorno e capire cosa sta succedendo perché già sta scivolando verso l’incontro con il Risorto.

Ci siamo lasciati a Khartoum, la notte di Capodanno, tutto bene, solo un piccolo dolorino, ed invece eccola scattata l’emergenza totale e il ritorno precipitoso in Italia per le cure. Rigira tra le dita la corona del rosario, consumata dalle infinite Avemarie che hanno ritmato le lunghe giornate africane. È proprio P. Coppo anche in questa versione ospedaliera: semplice, disarmato, aggrappato alla fede e alla preghiera come un naufrago scampato alla tempesta. I suoi ricordi sono un po’ appannati, non si rende conto di cosa stia accadendo, ma ripete: “Sono nelle mani del Signore. Sia fatta la sua volontà”. È il medesimo salmo responsoriale delle lunghe mattinate assolate di Khartoum, quando pregava camminando aventi-indietro nel corridoio della cappella, oppresso da un’improvvisa stanchezza. Era la malattia clandestina e silenziosa che nessuno aveva ancora identificato.

Lo guardo sul letto d’ospedale e tento di ricordargli volti e fatti di Khartoum, lui sorride: “Salutameli tutti, di’ loro che non li dimentico nella preghiera” ripete. Come dimenticare i rosari recitati la sera, camminando sul grande ponte sul fiume Nilo a Khartoum, dopo aver sfogliato gli anni africani dell’insegnamento e della pastorale, della fatica e delle consolazioni. Che emozione pregare sul grande Nilo Azzurro, guardando la cattedrale di San Matteo sulla sponda sinistra, là in fondo i Ministeri e l’albergo Corinthia, sull’altra sponda la chiesetta del Provinciale, tutt’intorno l’immensa Khartoum. Quanto amore seminato dai comboniani lungo questo Nilo eroico dei Faraoni e dei martiri cristiani. Ecco, là è morto Padre Comboni. E tanti altri dopo di lui. Terra benedetta per il martirio silenzioso di tanti cuori belli.

Per P. Coppo la storia africana è finita, non si rende conto di come tutto sia precipitato in pochi mesi e a questo punto, forse, non gli interessa neppure capirlo. Anche i suoi confratelli sudanesi restano sgomenti per la velocità con cui il male ha galoppato. “Hanno fatto tanto per me. Sono stati meravigliosi, ringraziali quando li incontri. P. Norberto mi ha accompagnato in Italia, si è prodigato in mille modi, è stato una benedizione. Li ricordo ogni giorno nella preghiera”. dice sfogliando i giorni concitati della partenza accelerata, il viaggio faticoso, l’arrivo alla Casa comboniana di Milano, l’inizio delle cure, il letto, l’immobilità, nessuna speranza di vita. Aveva appena iniziato a conoscere gli ospiti e a familiarizzare con loro, tutto finito. “Aveva fretta di partire per il cielo” sussurra un comboniano in camice bianco che gli è stato accanto.

“Sono stato trattato con un amore immenso dai miei confratelli. Sono bravissimi, pensano a tutto” ripete. “Quello che mi ha sorpreso è l’accoglienza cordialissima che ho avuto. Sono frastornato da tanto amore. Questo è un segno di Dio. Il superiore e il responsabile sanitario che è un dottore, un nostro fratello comboniano, mi hanno riservato un trattamento speciale. Sono dei santi, te li farò conoscere quando mi riprenderò un po’”. Poche parole negli ultimi giorni: fede, preghiera, gratitudine, affidamento.

P. Coppo non ha avuto il tempo di godere dell’amore della comunità milanese. La metropolitana della sua vita stava giungendo al capolinea: lui ha lasciato presto il convoglio sotterraneo per salire alla vita vera, alla luce eterna della Pasqua. Ha percorso la Settimana Santa con le valigie in mano, il Triduo pasquale ha segnato la sua passione e l’offerta definitiva, pochi giorni dopo la Pasqua l’addio.

Nella messa di addio tutta la comunità milanese gli è accanto, anche il Sudan e Khartoum sono rappresentate da due confratelli appena arrivati: P. Angelo Giorgetti e P. Diego Dalle Carbonare. Finito il rito viene accompagnato nel cimitero di Cormano, accanto ad altri confratelli comboniani già passati nel Regno dei cieli. La giornata è fresca, limpida e profumata di primavera, con un suggestivo turbinio di fiocchi bianchi dei pioppi in fiore che scivolano fin sotto le panche in chiesa. È il 22 aprile, il sabato dell’ottava di Pasqua. Un addio pasquale, dunque, preparato in una vita lunga e laboriosa: in cattedra a spiegare la teologia agli africani, a contatto con la gente comune per parlare di Gesù, una buona parola per tutti, le suore, il clero locale, nel suo stile umile, arguto, sorridente. Bravo, abuna, “ashukr-lillah” rendiamo grazie a Dio. Non ti dimenticheremo, inshaallah.
(Pietro Roncari, volontario al Comboni College di Khartoum).
Da Mccj Bulletin n. 274 suppl. In Memoriam, gennaio 2018, p. 48-54.