In Pace Christi

Debertolis Modesto

Debertolis Modesto
Data di nascita : 29/03/1929
Luogo di nascita : Primiero (I)
Voti temporanei : 27/02/1947
Voti perpetui : 19/09/1952
Data ordinazione : 30/05/1953
Data decesso : 16/06/2017
Luogo decesso : Milano (I)

Questo è il tributo reso a P. Modesto Debertolis da alcuni suoi alunni, alcuni missionari comboniani e altri laici impegnati, che sono stati introdotti da lui, volenti o nolenti, con rigore e anche lievità, in quel regno dei numeri che ben poco spazio lascia alla molteplicità caotica e all’onirismo dei sogni a buon mercato. Solo che in lui, gli occhiali portati con sussiego professorale, incorniciavano un viso paffuto da bambino cresciuto e un pizzetto biondo che contrastava con le barbe fluenti e nere dei missionari stagionati che ritornavano dall’Africa. Un raggio di buon umore in tempi scanditi da precisi doveri di studio e preghiera.

Alcune note biografiche e Villa Pisa
P. Debertolis era nato a Transacqua il 29 marzo 1929, uno dei cinque municipi che compongono il comune di Primiero San Martino di Castrozza, nella provincia autonoma di Trento, in Trentino-Alto Adige. Emise i primi voti a Venegono Superiore nel 1947 e fu ordinato sacerdote a Milano il 30 maggio 1953. Per quattro anni alternò animazione missionaria a Gozzano e frequenza alla statale di Milano dove ottenne la laurea in matematica.

Noi l’abbiamo conosciuto nel 1958 a Villa Pisa, sulle colline tra Firenze e Fiesole. La nostra casa del liceo e del Noviziato era un monumento vincolato dalle Belle Arti. Si sussurrava risalisse a un disegno del Sansovino, tanto impressionava l’armonioso e monumentale scalone interno che saliva fino al piano nobile. Lo studio a Villa Pisa era rigoroso e intenso e P. Debertolis faceva parte del collegio professorale. Abbinava sussiego a bonomia rendendo ameno il vivere assieme e regalandoci momenti davvero esilaranti. Una sera, mentre uscivamo dalla cappella, nella penombra del grande scalone una voce solenne proclamò: “Ricevete la mia benedizione. Il Signore apra le vostre zucche e possiate essere illuminati dai numeri!”. Il nostro sguardo istintivamente si rivolse divertito al punto di grazia e tutti scoppiarono in una fragorosa risata. A metà scalone P. Debertolis, travestito da vescovo, ci stava benedicendo con un sorriso da orecchio a orecchio. Fortuna volle che il superiore, P. Francesco Cordero, fosse un uomo dalla larga e comprensiva mentalità e, lui pure, educatore eccellente. Lì cominciammo inconsciamente a imparare che stavamo entrando in una famiglia missionaria che si preparava alle grandi imprese con il cuore contento. Quel primo anno passò in fretta e in seguito, con nostro grande dispiacere, il liceo fu trasferito a Carraia, in provincia di Lucca, in un nuovo, fascinoso e maestoso seminario che ben poco aveva di familiare. P. Debertolis emigrò con noi.

Trasferimento al liceo di Carraia
La sua stanza di professore di matematica a Carraia era il nostro porto di mare, anche solo per quel telescopio piazzato sul ballatoio esterno e costantemente puntato verso le stelle. Costituiva un piacevole intermezzo per evadere dal faticoso percorso a cui la sua genialità matematica ci sottoponeva. Il giro delle stelle ci sembrava anticipare gli orizzonti più vasti della missione. E lui, a brontolare: “Bando alle evasioni, ricordate sempre quello che Anacarsi (filosofo greco del VI sec. A.C.) diceva ai suoi alunni, certamente più intelligenti di voi: ‘L’umanità si divide in tre categorie: i vivi, i morti e i naviganti’. Il missionario è un navigante!”. Scrive uno dei suoi alunni: “In matematica ero una schiappa. In secondo liceo sono stato rimandato a ottobre con 4, solo in questa materia. Durante le vacanze ho passato tutti i pomeriggi a fare dal primo all’ultimo gli esercizi di due testi diversi di matematica e di trigonometria e ho memorizzato un sacco di definizioni, di teoremi. Ho superato l’esame di riparazione con un 8 pieno.

A bocciarmi e a promuovermi era stato P. Debertolis. Un uomo simpatico, semplice, bonario, spesso sorridente. Per i tre anni di liceo l’ho avuto come professore. E ho sempre riscontrato in lui un’incredibile equanimità di giudizio per me e per i compagni di classe. Sembrava disponesse di un bilancino di precisione in grado di valutare da un’interrogazione e da un compito se avevi studiato la materia mezz’ora, un’ora o più. E giudicava di conseguenza. Insomma, ‘il professore più giusto’ che ricordo di avere avuto in tutta la mia formazione scolastica.

Ma, al di là del rapporto scolastico, di lui ricordo un’inalterabile bontà e semplicità, che gli permetteva di sorridere anche di se stesso, senza atteggiamenti di permalosità o di risentimento. Come quando, celebrando nella cappella di Carraia, giunto alla comunione e rivolgendosi ai fedeli con il calice e l’ostia in mano, invece del canonico ‘Ecce Agnus Dei…’ gli scappò detto: ‘Ecce ancilla Domini…’. Ci scherzammo sopra parecchio, ma sapeva stare allo scherzo e si divertiva anche”.

Nell’estate del 1958, mentre i liceali erano in “villeggiatura” a Treppio (Pistoia), una squadra di volontari era rimasta a Firenze per dare una mano ai fratelli novizi che non potevano lasciare la sede del noviziato, garantendo la normale funzionalità della casa. A causa del caldo, dormivamo in una cantina semi-interrata, adiacente alla cucina, su semplici brandine. P. De Bertolis dormiva con noi, senza paraventi e letto particolare. In quel periodo l’ho seguito in parecchie giornate missionarie, che faceva sempre molto volentieri perché gli davano occasione di parlare dell’Africa. Allora, le Ferrovie dello Stato, concedevano ai religiosi uno sconto speciale per viaggiare in treno. Era necessario compilare un modulo, presentarlo alla biglietteria che ne tratteneva una parte, l’altra bisognava esibirla al controllore sul treno. Poiché lo spazio per la firma era alquanto ridotto, egli firmava così: “Padre Debertolis Modesto sacerdote”! E ci si rideva. Dopo i tre anni di liceo, ho completamente perso i contatti con lui. Non ha raggiunto l’Africa ma è stato inviato in missione in Brasile.

Primo periodo in Brasile
Nel 1970 fu assegnato al Brasile e vi rimase fino al 1974. Prima a Riachão (dal 1970 al 1972) e poi a Mangabeiras (dal 1972 al 1974), entrambe nel Nordest brasiliano, nella diocesi di Balsas. A Riachão fece comunità con P. Franco Sesenna, superiore e parroco, e P. Giuseppe De Feo. Lui fungeva da coadiutore. Lo ricordano dotato di lucida intelligenza, con la sua dose di geniale stravaganza e capace di stabilire legami con la gente. Gli piaceva molto far visita alle persone e intrattenersi a chiacchierare con loro. In comunità era capace di sdrammatizzare e sempre intento, con un sorriso o una battuta, a creare un buon clima comunitario. Insomma, un uomo non certamente di grandi e innovative visioni, ma capace di risolvere molti problemi pratici. Un giorno un ladro si era introdotto in casa e dopo aver rubato quanto poteva aveva chiuso la porta buttando la chiave. Viene chiamato P. Debertolis a risolvere il problema. Tutti si aspettavano che smontasse la serratura ma lui scelse la via più impervia: cambiò il segreto della serratura ed entrò senza chiave. Da allora la voce si sparse e ‘il colpo da matematico’ moltiplicò fama e ilarità. Proverbiali erano anche le sue visite alle persone, in cui perdeva il senso del tempo e non notava i fornelli. Una signora inutilmente cercò di attirare la sua attenzione su una pentola dove bollivano i fagioli del pranzo. Tanto parlò che tutto andò in fumo, naturalmente con sommo dispiacere della malcapitata che raccontò l’accaduto ai padri! Tutto naturalmente finì in una sonora risata e in una monumentale fagiolata (feijoada) riparatrice. Comunque questa sua capacità di creare allegria e buon umore tra la gente e in comunità rimasero proverbiali.

Nel 1974 ritornò in Italia incaricato dell’Animazione missionaria e addetto al ministero in varie comunità: Pordenone, Padova, Verona Casa Madre, Venegono e poi di nuovo a Pordenone: così fino al 1985.

Secondo periodo in Brasile
Nel 1985 ritornò in Brasile, nello stato del Maranhão, sempre nella diocesi di Balsas. Fino al 1988, come vice-parroco a Pastos Bons. Questa era una vecchia parrocchia, fondata nel 1764, nella quale i comboniani esercitavano il loro ministero dal 10 marzo del 1966. Da qui assistevano la parrocchia di Mirador e Nova York. P. Modesto viveva in comunità con P. Juan Sánchez Arenas, superiore della comunità, P. Carlo Bianchi e Fr. António Martins da Costa. Poi, per sei mesi, dal 1° gennaio del 1989 al 30 giugno dello stesso anno, si trasferì a São Luís, la capitale dello Stato del Maranhão, situata su un'isola con chilometri di spiagge incontaminate. Qui P. Modesto ritrovò il suo antico alunno, P. Gianfranco Masserdotti, che era il Provinciale del Brasile Nord e che lui conosceva fin dai tempi di Carraia. Non osiamo immaginare l’allegria e il buon umore regnanti in quella comunità. I due si sfidavano nel racconto delle barzellette.

Poi, a luglio del 1989 dovette rientrare per cure fino all’ultima tappa nel CAA “Padre Giuseppe Ambrosoli” di Milano.

Siamo andati a trovarlo: a letto, silente, immobile e pensieroso. Abbiamo pensato: non è più lui. Forse penserà all’organo alle cui canne aveva lavorato tutta una vita e lasciato incompiuto ad Arco (TN). Ci lasciava pochi giorni dopo, sempre a Milano, il 16 giugno 2017.

Come concludere? Abbiamo capito da lui che si può essere missionari in qualunque posto se si è veri, senza pretese, con grandi convinzioni interiori e umanamente autentici. Anche una bontà modesta lascia traccia: saperla scoprire e memorizzare aiuta ad innovare e attuare sempre meglio la missione, anche nei difficili tempi odierni.
P. Arnaldo Baritussio, mccj.
Da Mccj Bulletin n. 274 suppl. In Memoriam, gennaio 2018, p. 101-105.