P. Candido Poli è morto lunedì 24 maggio, a causa di un problema cardiaco. Aveva 97 anni e si trovava nella comunità comboniana di São José do Rio Preto, in Brasile, dove ha passato quasi 51 anni della sua vita missionaria, in diverse comunità ma sempre nel nordest, dedito principalmente al ministero.
Era nato a Villa del Conte (Padova, Italia) l’11 dicembre 1923. Entrato nel Noviziato comboniano di Firenze, fece lì la prima professione il 7 ottobre 1943. Per lo scolasticato, passò prima a Venegono, poi a Verona e, di nuovo, a Venegono, dove fece la professione perpetua il 24 settembre 1948. L’anno successivo, l’11 giugno 1949, fu ordinato sacerdote a Milano. Dopo qualche anno a Pesaro come economo locale, fu destinato al Brasile Nordest, alla parrocchia di Alto Parnaíba, come superiore locale, e poi a Rio de Janeiro, come procuratore.
Nel 1962 fu destinato al Portogallo, com il gruppo dei primi comboniani arrivati nella Provincia, dove ha lavorato per circa 16 anni, prima a Viseu, poi a Maia, Famalicão e nella parrocchia di Paço de Arcos. Nel 1979 ritornò in Brasile, dov’è rimasto fino alla fine.
Il superiore provinciale del Brasile, P. Dario Bossi, comunicando la morte di P. Candido, ha detto: “Aveva una testardaggine che deve aver ereditato dal nostro fondatore, san Daniele Comboni. Quando però si accorgeva che per questo creava qualche difficoltà o disagio, sapeva bene come recuperare l’amicizia condividendo i suoi ricordi, sempre molto umani e belli, sulla sua famiglia, su alcune tappe o episodi della missione, e sui momenti più divertenti della sua vita”.
Qualche anno fa scriveva: “Da due anni sono nella Casa dei Comboniani Anziani/Malati con altri sei. Sono il più avanti negli anni (93), ma, non mi vergogno a dirlo, anche il più... mattacchione. Ogni tanto devo raccontare qualche barzelletta, ma le mie sono tutte pulite! Il mio slogan è: l’allegria è la miglior terapia! Il buon umore dispensa il dottore! Quelli che vengono a confessarsi arrivano a testa bassa, muso duro; e ripartono a testa alta e sorridendo, pronti per un’altra battaglia!”.
P. Candido parlava spesso anche delle grandi sfide pastorali degli inizi della missione nel “sertão” del nordest brasiliano, come, ad esempio, il tempo delle “desobrigas” (confessioni della Quaresima): i lunghi viaggi e le visite, la difficoltà di trovare acqua e la gioia che si provava quando si riusciva a trovarla.
Raccontando i tempi in cui era stato economo della comunità di Pesaro, diceva: “Con pochi numeri e molti limiti, la Scuola Apostolica si doveva chiudere per il problema dell’acqua del Comune, che raramente arrivava a Villa Baratoff. Un monaco aveva profetizzato che dietro la cappella c’era acqua, ma, cavati 10 metri di terra, senz’acqua, si sono fermati. Sebbene abbia trovato un debituccio di ottocento mila lire, ho chiesto un prestito alla banca, e cavato altri venti metri, sempre nella pietra pura. Acqua in abbondanza! Mi viene l’acqua in bocca pensando al lavoro pastorale missionario che oggi si svolge in quella casa! E anche in Brasile, problema di acqua, quindi bisogna cavare un pozzo; e l’ho cavato io, 17 metri! Ma ho trovato tanta fede, specialmente in persone che vedevano il sacerdote sì e no una volta all’anno”.
Qualche giorno prima della morte, P. Candido era risultato positivo al Covid-19, per cui il funerale si è tenuto con un numero ridotto di persone. Nell’occasione, P. Dario ha ringraziato i confratelli – in particolare i padri Francesco Lenzi e Sandoval da Luz – che hanno seguito P. Candido negli ultimi anni, facendolo sentire sempre curato e amato”.