Venerdì 22 agosto 2025
Siamo tutti invitati a partecipare a questa campagna, in vista della COP30, per mettere pressione ai governi di tutto il mondo per un’azione climatica efficace, a scala globale e tempestiva. La campagna continuerà per tutto il Tempo del Creato (1 settembre – 4 ottobre) e come comboniani la assumiamo come impegno giubilare concreto. [Vedi allegato]

UN IMPEGNO GIUBILARE COMBONIANO
La campagna per la giustizia climatica delle Congregazioni religiose

Introduzione

Iniziamo questa presentazione con delle considerazioni in chiave carismatica su tre eventi storici:

1. L'anno 2024, il più caldo mai registrato a livello globale, ha segnato una tappa significativa nella crisi climatica. È stato il primo anno solare in cui la temperatura media globale ha superato di 1,5°C il livello preindustriale, una soglia che l’Accordo di Parigi (2015) sul clima mirava a non oltrepassare. Gennaio 2025 ha ulteriormente intensificato questa tendenza, registrando il mese più caldo mai osservato. L’urgenza della crisi del riscaldamento globale non può essere sottovalutata. Stiamo assistendo a impatti sempre più gravi, che colpiscono in particolare le persone a basso e medio reddito sia nei paesi in via di sviluppo che in quelli sviluppati. Giunge a noi sempre più forte il grido della terra e il grido dei poveri. In particolare, come missionari comboniani, eredi della sensibilità e del carisma di S. Daniele Comboni, ci sentiamo interpellati da questo grido.

2. La COP30 è la conferenza delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico prevista per novembre 2025 a Belém (Brasile). La presidenza della COP30 invita la comunità internazionale a unirsi in un “mutirão” globale (una pratica ancestrale di collaborazione collettiva per portare a termine un compito comune) contro il cambiamento climatico, in uno sforzo condiviso tra i popoli per il progresso dell’umanità. La COP30 può rappresentare un punto di svolta nell’azione climatica, guidata dal principio della giustizia climatica, rompendo con le attuali tendenze che stanno conducendo il mondo verso un baratro. Il carisma comboniano è particolarmente sensibile alle istanze di liberazione integrale (RV 61), assumendo un servizio di evangelizzazione che si impegna nella liberazione dal peccato, anche da quello sociale cristallizzato in strutture oppressive e tendenze distruttive, come quelle che la COP si propone di superare.

3. Quest'anno 2025 celebriamo un Giubileo ordinario che pone al centro la Speranza. In primo luogo, troviamo speranza nella grazia di Dio, che sperimentiamo attraverso la Sua misericordia e il Suo perdono. Ma siamo anche chiamati a scoprire la speranza rispondendo all’ingiustizia ecosociale. Ad esempio, Spes non confundit – “La speranza non delude”, la Bolla di indizione del Giubileo 2025 – lancia alcuni appelli specifici:

=   a compiere passi concreti verso l’eradicazione della fame, un vero scandalo per l’umanità;

=   il debito ecologico delle nazioni più ricche esige il riconoscimento della gravità di molte delle loro decisioni passate e la determinazione a condonare i debiti dei paesi che non potranno mai restituirli. Più che una questione di generosità, si tratta di giustizia, considerando gli squilibri commerciali con effetti sull’ambiente e l’uso sproporzionato delle risorse naturali da parte di alcuni paesi nel corso del tempo.

Il Giubileo invita a compiere riparazioni, per preparare un cammino di pace nel nostro mondo. Si tratta di un appello a impegnarci per rimediare alle cause profonde dell’ingiustizia, saldare debiti ingiusti e impagabili, e sfamare gli affamati. (SNC 16)

Lungo tutto l’arco del suo ministero, San Daniele Comboni ha inteso l’annuncio del Vangelo come forza di liberazione dal peccato e dalle strutture di peccato, come ad esempio la schiavitù e la tratta di esseri umani. È stato una voce profetica, impegnata senza risparmiarsi nella difesa dell’umanità africana e dei diritti umani, appellandosi anche alle più alte autorità civili e politiche del suo tempo. Con sano realismo, si è reso conto che non è sufficiente liberare gli schiavi, ma bisogna al tempo stesso costruire una società alternativa, più giusta, fraterna e sostenibile – come testimonia l’esperienza della comunità agricola di Malbes – altrimenti la libertà acquisita finisce ben presto per perdersi.

Nella situazione del suo tempo, San Daniele Comboni ha saputo fare causa comune con i popoli dell’Africa, nelle afflizioni dovute alla siccità e alla carestia, come anche alla perdita della libertà ed alla tratta degli schiavi. Non ha lesinato energie e si è impegnato su tutti i fronti per perorare la causa della giustizia sociale e della dignità dell’Africa, con appelli alle massime autorità del suo tempo. Comboni ha denunciato tanto il sistema schiavistico della tratta orientale, quanto le mire coloniali europee, che nel nome della “civiltà” imponevano il proprio dominio sull’Africa. Egli, invece, ha vissuto per promuovere una diversa civiltà, ossia la “civiltà dell’amore”, che nasce dal Vangelo e che sarebbe sbocciata attraverso la rigenerazione dell’Africa con l’Africa.

Come possiamo noi, oggi, rimanere indifferenti a quanto sta accadendo nel mondo?

L’appello del giubileo biblico

Il giubileo 2025 ci invita ad essere pellegrini di speranza, assumendo anche le grandi sfide del nostro tempo per trovare risposte che annuncino a tutti la buona notizia del Regno che viene. Se guardiamo alle esigenze del Giubileo biblico, troviamo orientamento e ispirazione su come trasformare la speranza in azione all’interno dell’attuale sistema mondiale.

La tradizione biblica del Giubileo invita il popolo di Dio alla conversione attraverso il ristabilimento di relazioni giuste e una società egualitaria, nella quale la dignità umana e la fraternità siano rispettate e promosse. In particolare, essa prevedeva:

=   Riposo della terra (Lev 25, 11): ciò significava liberazione dai sistemi di accumulo e sfruttamento, promuovendo al contempo la condivisione di ciò che la provvidenza divina offre per i bisogni fondamentali di tutti. Quando il poco che c’è viene condiviso, ce n’è abbastanza per tutti.

=   Restituzione della terra (Lev 25, 10; 13): le proprietà che erano state vendute o trasferite venivano restituite ai loro proprietari originari, assicurando che le famiglie mantenessero la loro fonte di sostentamento e la loro identità socio-culturale.

=   Liberazione degli schiavi (Lev 25, 10): coloro che si erano venduti come schiavi a causa dei debiti venivano liberati, riaffermando la dignità e la libertà di ogni persona e richiamando alla fraternità in una società egualitaria.

=   Remissione dei debiti (Dt 15, 1-3): in collegamento con l’anno sabbatico – l’anno della remissione – contestuale al giubileo era la cancellazione dei debiti, permettendo a coloro che erano caduti nella povertà di ricominciare senza l’oppressione degli obblighi finanziari; anzi, i creditori non potevano lasciarli liberi a mani vuote, ma dovevano donare loro il necessario per ricominciare (Dt 15, 13-14). Ciò sottolineava l’importanza della misericordia e della solidarietà, offrendo a tutti una possibilità di nuovo inizio.

Queste misure non erano solo di natura economica, ma portavano con sé un profondo significato teologico: Dio come unico vero proprietario della terra e liberatore del Suo popolo. In ultima analisi, si trattava di ritornare al sogno di Dio per l’umanità; un sogno dal quale l’umanità si allontana quando costruisce una società basata sull’accumulo di ricchezze e risorse, sulla dominazione e sulla violenza verso gli altri, spesso mascherate da giustificazioni religiose. Al contrario, il Giubileo immagina una società alternativa fondata sulla condivisione, sul servizio, sulla nonviolenza e su una relazione con Dio che ascolta il grido dei poveri.

Il giubileo dei pellegrini della speranza e la missione evangelizzatrice

Il Giubileo si presenta come un’occasione privilegiata per rilanciare con forza la missione evangelizzatrice della Chiesa in un tempo segnato da crisi globali, smarrimento culturale e sete di senso. In un mondo attraversato da guerre, disuguaglianze e insicurezze esistenziali, la speranza cristiana diventa un annuncio profetico, capace di parlare al cuore dell’umanità. Essa non è un vago ottimismo, ma una certezza fondata sulla presenza del Risorto, che continua a operare nella storia e a trasformare le vite. La dimensione giubilare, fin dalle sue origini bibliche, è legata al tema della liberazione, del perdono e della possibilità di ricominciare. In questo senso, il Giubileo non è solo celebrazione, ma tempo favorevole per proclamare la buona notizia e rendere visibile la misericordia di Dio.

Il Giubileo, pertanto, rappresenta un'opportunità per coinvolgere l'intero popolo di Dio in un rinnovato slancio missionario. Non è confinato a Roma, ma invita ogni comunità locale a diventare luogo di speranza, attivando percorsi di incontro, evangelizzazione e trasformazione sociale. La forza simbolica del Giubileo può attrarre anche coloro che sono lontani dalla fede: i temi fondamentali della restituzione della terra e del riposo, della liberazione da ogni forma di schiavitù economica e produttiva, e della remissione dei debiti sono di grande attualità e rilevanza per i poveri e gli esclusi in tutto il mondo, e possono diventare varchi attraverso cui la Chiesa offre una proposta di senso accessibile e credibile. In un tempo che rischia il cinismo e la rassegnazione, il Giubileo invita la Chiesa ad annunciare, con umiltà e coraggio, che la speranza è possibile – e ha un nome: Gesù Cristo.

Il sogno del XIX Capitolo Generale dialoga intensamente con tutto questo: «Sogniamo uno stile missionario più inserito nella realtà dei popoli che accompagniamo verso il Regno, capace di rispondere al grido della Terra e degli impoveriti» (AC 2022, 28), da realizzare – in risposta alle sfide del cambiamento d’epoca che viviamo e alla luce della Parola di Dio – assumendo l’Ecologia Integrale come un asse fondamentale della nostra missione (AC 2022, 30).

L’importanza del giubileo nell’attuale scenario geopolitico

Oggi il mondo si trova ad affrontare una “policrisi”, ossia la presenza simultanea di diverse crisi che si influenzano reciprocamente. Da un lato, ad esempio, vi è la crisi climatica, con impatti devastanti; dall’altro, ci troviamo in una situazione che papa Francesco ha definito come una Terza Guerra Mondiale a pezzi. Sembra non esserci più alcuna linea rossa in grado di contenere i conflitti, e la corsa agli armamenti ha raggiunto livelli senza precedenti, generando nuovi debiti e deviando risorse dai servizi sociali e dalle azioni di mitigazione, adattamento e riparazione rispetto ai cambiamenti climatici. L’approccio multilaterale e diplomatico alla risoluzione dei problemi e dei conflitti globali è in declino, e il mondo è entrato in una fase in cui prevalgono la logica del fare appello al “diritto della forza” – anziché alla forza del diritto (FT 174) – dell’annientamento e dell’impunità. I diritti umani e dei popoli vengono trascurati o calpestati, e le disuguaglianze continuano ad aumentare a causa di strutture economiche ingiuste, spingendo sempre più persone sotto la soglia di povertà e il Pianeta oltre la sua capacità rigenerativa.

In un contesto simile, il richiamo del Giubileo biblico è quanto mai attuale e significativo: è un appello alla riparazione di un sistema socio-economico e politico ingiusto, insostenibile e segnato dal peccato. Laudate Deum ha invocato un pellegrinaggio di riconciliazione con il mondo che è la nostra casa (LD 69), per costruire la pace con il Creato e tra i popoli.

Trasformare la speranza in azione nel mondo d’oggi

Quando parliamo di cambiamento sistemico intendiamo una trasformazione radicale delle strutture sociali e della mentalità, o della cultura, che le puntella. Non dobbiamo scoraggiarci per la magnitudine e complessità della lotta alla crisi che stiamo vivendo, con risultati al di sotto delle aspettative. Già aveva notato la Laudate Deum (LD 36) che

È deplorevole che le crisi globali vengano sprecate quando sarebbero l’occasione per apportare cambiamenti salutari. È quello che è successo nella crisi finanziaria del 2007-2008 e che si è ripetuto nella crisi del Covid-19.

e poi ancora che

Per ottenere un progresso solido e duraturo, mi permetto di insistere sul fatto che «vanno favoriti gli accordi multilaterali tra gli Stati. (LD 34)

È vero, negli ultimi anni l’approccio multilaterale è arrivato alla paralisi e pertanto la sfida attuale è quella di riconfigurarlo e ricrearlo, prendendo in considerazione la nuova situazione del mondo.

Nonostante tutte le sue limitazioni e difetti, c’è ancora un luogo ove questa riconfigurazione è possibile, vale a dire l’annuale conferenza delle Parti sui cambiamenti climatici, solitamente chiamata con il suo acronimo COP. Le Parti sono gli Stati che hanno firmato gli accordi per il clima, come l’Accordo di Parigi (2015), che al momento sono 197 più l’Unione Europea. Ogni anno vediamo quanto lento e deludente sia il progresso realizzato in queste conferenze. Interessi egoistici e conflittuali degli Stati facilmente bloccano un processo che si basa sul consenso. Soprattutto, il convitato di pietra è il fatto che a meno di cambiare l’attuale modello di sviluppo, che si basa su un’economia estrattiva che mira a massimizzare i profitti a spese delle realtà sociali e ambientali, non ci sono soluzioni alla crisi climatica. Allora la sfida attuale è, come sostiene la Laudate Deum, di riconfigurare e ricreare questo spazio (LD 37). Papa Francesco, infatti, ha perorato un nuovo modello di multilateralismo che riconosca che «tante aggregazioni e organizzazioni della società civile aiutano a compensare le debolezze della Comunità internazionale, la sua mancanza di coordinamento in situazioni complesse, la sua carenza di attenzione rispetto a diritti umani» (LD 37). Organizzazioni della società civile e popoli indigeni possono già partecipare come osservatori alle COP. Le Congregazioni religiose sono chiamate ad accompagnarli in tale percorso perorando la causa della giustizia climatica. E dato che tutto è interconnesso, come afferma ripetutamente l’enciclica Laudato si’, quando i popoli indigeni, la società civile e le organizzazioni di ispirazione di fede affrontano la crisi climatica alle COP, collegano a questa crisi anche quella socioeconomica e i conflitti che stanno devastando società ed ecosistemi.

L’appello per la giustizia climatica e la casa comune

La crisi climatica – come già accennato all’inizio – ha raggiunto un punto pericoloso, alimentata dal riscaldamento globale. Nel 2024, la temperatura media della Terra ha superato di 1,5°C i livelli preindustriali — il limite stabilito dall’Accordo di Parigi (2015) per evitare gli impatti climatici più gravi. Le popolazioni di tutto il mondo, in particolare i poveri e i più vulnerabili, stanno già soffrendo per ondate di calore estreme, inondazioni e siccità sempre più frequenti.

Ispirate sia da Laudato Si’ sia dall’appello di Papa Leone XIV a vivere un’ecologia integrale con giustizia, le conferenze/consigli episcopali dell’Africa, dell’Asia, dell’America Latina e dei Caraibi hanno diffuso un messaggio in occasione della COP30, rivolto ai leader dei governi, esortandoli a lavorare per un’attuazione ambiziosa dell’Accordo di Parigi a beneficio delle persone e del pianeta. Essi alzano una voce profetica, invocando la pace attraverso una conversione ecologica che trasformi l’attuale modello di sviluppo, fondato sull’estrattivismo, sulla tecnocrazia e sulla mercificazione della natura. In linea con la posizione dei Vescovi, anche le Congregazioni Religiose Cattoliche fanno sentire la loro voce in favore della giustizia climatica, chiedendo ai governi di agire con coraggio durante la conferenza delle Nazioni Unite sul clima che si terrà in Brasile (10 – 21 novembre 2025), nota anche come COP30.

La campagna per la COP30 delle Congregazioni religiose

In riferimento ai negoziati in corso, le Congregazioni religiose, attraverso la commissione GPIC di Usg e UISG, avanzano quattro richieste fondamentali per rispondere al grido dei poveri e della Terra in favore della giustizia climatica:

1. Cancellazione dei debiti dei Paesi “che non potranno mai restituirli” (SNC 16)

Come afferma Spes non confundit – la Bolla di Indizione dell’Anno Giubilare 2025 – si tratta più di una questione di giustizia che di generosità. Questo tema è reso ancora più urgente oggi da una nuova forma di ingiustizia sempre più riconosciuta: l’esistenza di un vero e proprio “debito ecologico”, soprattutto tra il nord e il sud del mondo, legato a squilibri commerciali con effetti sull’ambiente e all’uso sproporzionato delle risorse naturali da parte di alcuni Paesi per lunghi periodi di tempo.

I vescovi del sud del mondo invitano a costituire una storica coalizione di attori del sud e del nord globale, uniti da un impegno etico e di giustizia, per affrontare la questione del debito. Pertanto, le Congregazioni Religiose Cattoliche, alla luce della condizione di molti Paesi poveri intrappolati in debiti ingiusti che ostacolano gli investimenti nella protezione delle persone dai disastri climatici, chiedono di trovare modalità giuste per la cancellazione di tali debiti, affinché possano destinare risorse a sanità, istruzione e azioni per il clima, anziché al pagamento del servizio del debito. Questo appello è in sintonia con la richiesta deuteronomica della remissione sabbatica dei debiti.

2. Rafforzare il Fondo per perdite e danni (Loss and Damage Fund)

Si tratta di un’iniziativa concordata alla COP27 (Sharm El Sheikh, 2022) per destinare risorse finanziarie ai Paesi in via di sviluppo colpiti da perdite e danni dovuti ai cambiamenti climatici. È stato riconosciuto come una questione di giustizia climatica, poiché i Paesi che hanno contribuito meno al cambiamento climatico sono spesso quelli che subiscono gli impatti più gravi. L’anno successivo, alla COP28 (Dubai, 2023), il fondo è stato istituito con impegni iniziali per circa 700 milioni di dollari, una cifra ben lontana dalle necessità stimate (che ammontano a molti miliardi ogni anno). Come sottolinea Laudate Deum (2023),

almeno ha rappresentato un passo avanti nel consolidamento di un sistema di finanziamento per “perdite e danni” nei Paesi più colpiti dai disastri climatici. Questo sembrerebbe dare nuova voce e maggiore ruolo ai Paesi in via di sviluppo. Tuttavia, anche in questo caso, molti aspetti sono rimasti vaghi, soprattutto per quanto riguarda le responsabilità concrete dei Paesi che devono contribuire. (LD 51)

I vescovi del sud del mondo chiedono che i Paesi ricchi riconoscano e assumano il proprio debito sociale ed ecologico, in quanto principali responsabili storici dell’estrazione di risorse naturali e dell’emissione di gas serra; e si impegnino per un finanziamento climatico equo, accessibile ed efficace che non generi ulteriore indebitamento, al fine di risarcire le perdite e i danni già esistenti nel Sud Globale.

Il cambiamento climatico causa perdite e danni che i Paesi poveri non possono evitare. Le Congregazioni Religiose chiedono un fondo per perdite e danni che fornisca aiuti finanziari rapidi, adeguati ed equi, senza creare nuovo debito, per permettere ai Paesi colpiti di ricostruire e riprendersi. Tutto questo risuona con l’appello biblico a ripristinare i mezzi di sopravvivenza delle persone impoverite.

3. Stabilire obiettivi per una transizione energetica giusta

Abbandonare i combustibili fossili a favore delle energie rinnovabili come il solare, l’eolico e altre fonti sostenibili è essenziale per un futuro climatico sicuro. I combustibili fossili, infatti, sono responsabili di oltre l’80% del riscaldamento globale. Dopo decenni di negoziati sul clima, i combustibili fossili sono stati finalmente portati al centro del dibattito. Tuttavia, molti governi continuano ad approvare nuovi progetti di carbone, petrolio e gas — mettendo a rischio la possibilità di limitare il riscaldamento a 1,5°C.

Le Congregazioni religiose chiedono un piano concreto e vincolante per porre fine all’espansione di nuovi progetti di carbone, petrolio e gas, e per gestire una transizione globale che abbandoni i combustibili fossili. Un’eliminazione equa richiede un piano giusto per ridurre gradualmente la produzione esistente di combustibili fossili, dove i Paesi con maggiore capacità e responsabilità storica per le emissioni siano i primi a compiere la transizione, fornendo supporto agli altri nel mondo. Devono cessare i sussidi ai combustibili fossili, e gli Stati devono fissare obiettivi chiari per il passaggio alle energie rinnovabili, senza lasciare indietro alcun lavoratore, comunità o Paese. Questo appello è in profonda sintonia con la richiesta biblica del riposo della terra, per garantire la liberazione dai sistemi di accumulazione e sfruttamento.

Anche i vescovi del sud del mondo chiedono di fermare ogni nuova espansione dell’estrazione di combustibili fossili e chiedono di abbandonare il modello economico che si basa sull’uso di tali combustibili. Invece, propongono di sostenere alternative energetiche sostenibili e decentralizzate che rispettino i territori e la gente che storicamente sono stati sacrificati. La dichiarazione dei vescovi sottolinea che

l’idea di una “transizione energetica giusta”, sebbene venga presentata come soluzione alla crisi ambientale, spesso finisce per perpetuare l’attuale modello [di sviluppo], che avvantaggia le grandi multinazionali e i Paesi del nord del mondo, imponendo al contempo costi sproporzionati al sud globale. I progetti energetici attualmente in corso spesso comportano lo sfollamento di comunità e la distruzione di ecosistemi, aggravando le disuguaglianze. Inoltre, la crescente retorica secondo cui la soluzione consisterebbe nell’espansione dell’attività mineraria, in particolare per l’estrazione di minerali considerati “critici” e delle terre rare, è ecologicamente insostenibile, ingiusta e predatoria. Essa rafforza l’estrattivismo coloniale, trasforma interi territori in “zone di sacrificio”, viola i diritti umani e devasta la natura in nome di una falsa sostenibilità. È urgente abbandonare un modello economico che propone una crescita infinita su un pianeta finito e, a tal fine, sfrutta persone e risorse senza alcun limite.

Una giusta transizione, infatti, deve rispettare i diritti dei popoli indigeni e delle comunità locali, molte delle quali vivono in territori ancestrali nei quali avviene una gran parte delle estrazioni minerarie per fonti di energia pulita. Già al Laudato si’ aveva messo in guardia da tale tendenza che porta al degrado ambientale:

Si tratta di «un modo di comprendere la vita e l’azione umana che è deviato e che contraddice la realtà fino al punto di rovinarla». [LS 101] In sostanza, consiste nel pensare «come se la realtà, il bene e la verità sbocciassero spontaneamente dal potere stesso della tecnologia e dell’economia». [LS 105] Come conseguenza logica, «da qui si passa facilmente all’idea di una crescita infinita o illimitata, che ha tanto entusiasmato gli economisti, i teorici della finanza e della tecnologia». [LS 106]. (LD 20)

In altre parole, una transizione giusta non è solo una questione di passare all’energia rinnovabile, ma anche di vivere entro i limiti planetari cambiando stili di vita e modi di produzione e consumo. Qui l’appello del giubileo biblico a lasciar riposare la terra arriva pienamente a proposito. Il presupposto che la combinazione del potere della finanza e della tecnologia possa risolvere tutti i problemi e creare profitti – senza mettere in questione il modello di sviluppo fondamentalmente sbagliato che ha creato la crisi climatica, con il suo approccio estrattivo e l’uso intensivo dei combustibili fossili (LS 23) – è palesemente falso. Come ha affermato la Laudato si’,

La tecnologia che, legata alla finanza, pretende di essere l’unica soluzione dei problemi, di fatto non è in grado di vedere il mistero delle molteplici relazioni che esistono tra le cose, e per questo a volte risolve un problema creandone altri. (LS 20)

4. Fissare obiettivi concreti per sviluppare un sistema globale di sovranità alimentare basato su pratiche agroecologiche

L’agricoltura industriale danneggia la natura e il clima. Le Congregazioni religiose chiedono di sostenere i piccoli e medi agricoltori — in particolare le donne — che praticano l’agroecologia. Ciò contribuirà a creare sistemi alimentari sostenibili che proteggano l’ambiente e forniscano cibo sano, promuovendo metodi di produzione, trasformazione, distribuzione e consumo alimentare culturalmente adattati. Tutto questo è in sintonia anche con il sostegno dei vescovi del sud del mondo all’agricoltura familiare, che rappresenta la maggior parte della produzione alimentare nei loro Paesi. I vescovi insistono affinché il lavoro di milioni di famiglie sia protetto e promosso, incoraggiando la cooperazione nella gestione sostenibile dell’acqua e del suolo, e dando priorità al ripristino delle terre degradate.

Questo appello è in profonda risonanza con i richiami del Giubileo biblico alla restituzione della terra e alla liberazione dal lavoro schiavizzante, che oggi si manifesta in forme di rapporti lavorativi sfruttatori, i quali tengono in ostaggio persone prive di mezzi propri di sussistenza.

Anche la Laudato si’ sostiene con vigore sistemi agricoli sostenibili, a piccola scala e diversificati che rispettano la natura e promuovo giustizia per i poveri. Critica il modello industriale dominante di agricoltura per i suoi impatti ambientali e sociali. Questa critica si allinea con l’opposizione della agroecologia alle monoculture, alla dipendenza dagli additivi chimici, al dominio delle grandi imprese agroalimentari. L’enciclica afferma anche l’importanza dell’agricoltura a scala familiare dei saperi tradizionali, che sono fondamentali per le pratiche agroecologiche:

Perché continui ad essere possibile offrire occupazione, è indispensabile promuovere un’economia che favorisca la diversificazione produttiva e la creatività imprenditoriale. Per esempio, vi è una grande varietà di sistemi alimentari agricoli e di piccola scala che continua a nutrire la maggior parte della popolazione mondiale, utilizzando una porzione ridotta del territorio e dell’acqua e producendo meno rifiuti, sia in piccoli appezzamenti agricoli e orti, sia nella caccia e nella raccolta di prodotti boschivi, sia nella pesca artigianale. Le economie di scala, specialmente nel settore agricolo, finiscono per costringere i piccoli agricoltori a vendere le loro terre o ad abbandonare le loro coltivazioni tradizionali. I tentativi di alcuni di essi di sviluppare altre forme di produzione, più diversificate, risultano inutili a causa della difficoltà di accedere ai mercati regionali e globali o perché l’infrastruttura di vendita e di trasporto è al servizio delle grandi imprese. Le autorità hanno il diritto e la responsabilità di adottare misure di chiaro e fermo appoggio ai piccoli produttori e alla diversificazione della produzione.

Come partecipare alla campagna

Siamo tutti invitati a partecipare a questa campagna, in vista della COP30, per mettere pressione ai governi di tutto il mondo per un’azione climatica efficace, a scala globale e tempestiva. Per questo è stata avviata una campagna di raccolta firme online, che ha due aspetti: la raccolta delle firme a sostegno della dichiarazione dei religiosi per dare visibilità alla nostra posizione rispetto agli interventi necessari per affrontare la crisi climatica; e l’invio della dichiarazione ai negoziatori del proprio Paese, per fare pressione affinché prevalga il bene comune sugli interessi egoistici. Senza una forte spinta dal basso, è difficile che la COP possa produrre risultati all’altezza della situazione.

La campagna continuerà per tutto il Tempo del Creato (1 settembre – 4 ottobre) e come comboniani la assumiamo come impegno giubilare concreto.

Partecipare è molto semplice: attraverso il link https://www.ecojesuit.com/ndcs-for-cop30/ si accede ad un’interfaccia dove si danno le proprie generalità, in questo modo firmando la petizione, e indicando a quale governo mandarla.

Conclusione

Questi appelli sono strettamente relazionati ai negoziati che avranno luogo alla COP30 a Belém (10-21 novembre 2025). Le Congregazioni religiose, ispirate dal magistero sociale della chiesa. Invitano tutte le persone di buona volontà – altri gruppi religiosi e comunità, società civile, individui – ad unirsi a questa campagna per la giustizia climatica. Assieme, i nostri sforzi condivisi possono contribuire a proteggere il nostro pianeta, difendere i più vulnerabili e assicurare una speranza per il futuro per le generazioni a venire. Come ha dichiarato papa Francesco alla fine della Laudate Deum (LD 60):

Speriamo che quanti interverranno [alla COP] siano strateghi capaci di pensare al bene comune e al futuro dei loro figli, piuttosto che agli interessi di circostanza di qualche Paese o azienda. Possano così mostrare la nobiltà della politica e non la sua vergogna. Ai potenti oso ripetere questa domanda: «Perché si vuole mantenere oggi un potere che sarà ricordato per la sua incapacità di intervenire quando era urgente e necessario farlo?

Fr. Alberto Parise MCCJ
Segretariato Generale della Missione
Roma