Leone XIV ad associazioni e movimenti dell’Arena di pace di Verona

Immagine

Venerdì 30 maggio 2025
«La nonviolenza come metodo e come stile deve contraddistinguere le nostre decisioni, le nostre relazioni, le nostre azioni»: lo ha sottolineato con fermezza Leone XIV incontrando stamane i rappresentanti di associazioni e movimenti che il 18 maggio 2024 parteciparono ad “Arena di pace” a Verona con Papa Francesco. Il Pontefice agostiniano ha auspicato in proposito un cammino che richiede «cuori e menti allenati» all’«attenzione verso l’altro» e capaci di «riconoscere il bene comune»: perché, ha spiegato, la strada che porta alla pace è «comunitaria» e passa per la cura di «relazioni di giustizia» tra tutti gli esseri viventi.

Di fronte a guerre, terrorismo, tratta di esseri umani e aggressività diffusa, Papa Prevost ha esortato a costruire una «pace autentica» a partire dall’ascolto della realtà, e a offrire alle giovani generazioni «testimoni di uno stile di vita diverso, nonviolento». Come quello dell’israeliano Maoz Inon, al quale sono stati uccisi i genitori da Hamas, e del palestinese Aziz Sarah, cui l’esercito israeliano ha ucciso il fratello, «e che ora sono amici e collaboratori», ha detto Leone XIV indicando i due presenti all’udienza: gli stessi che avevano coinvolto Papa Bergoglio in un abbraccio a Verona il 18 maggio 2024.

Testimoniare la nonviolenza
nelle relazioni nelle decisioni e nelle azioni

Il discorso del Papa

Cari fratelli e sorelle,
sono lieto di accogliere voi, membri dei movimenti e delle associazioni che un anno fa hanno dato vita al grande incontro “Arena di Pace”, a Verona, con la partecipazione di Papa Francesco. Ringrazio in particolare il Vescovo di Verona, Mons. Domenico Pompili, e anche i Padri Comboniani. In quell’occasione, il Papa ha ribadito che la costruzione della pace inizia col porsi dalla parte delle vittime, condividendone il punto di vista. Questa prospettiva è essenziale per disarmare i cuori, gli sguardi, le menti e denunciare le ingiustizie di un sistema che uccide e si basa sulla cultura dello scarto.

Non possiamo dimenticare l’abbraccio coraggioso fra l’israeliano Maoz Inon, al quale sono stati uccisi i genitori da Hamas, e il palestinese Aziz Sarah, al quale l’esercito israeliano ha ucciso il fratello, e che ora sono amici e collaboratori: quel gesto rimane come testimonianza e segno di speranza. E li ringraziamo di aver voluto essere presenti anche oggi.

Il cammino verso la pace richiede cuori e menti allenati e formati all’attenzione verso l’altro e capaci di riconoscere il bene comune nel contesto odierno. La strada che porta alla pace è comunitaria, passa per la cura di relazioni di giustizia tra tutti gli esseri viventi. La pace, ha affermato San Giovanni Paolo II, è un bene indivisibile, o è di tutti o non è di nessuno (cfr. Lett. enc. Sollicitudo rei socialis, 26). Essa può realmente venire conquistata e fruita, come qualità di vita e come sviluppo integrale, solo se si attiva, nelle coscienze, «una determinazione ferma e perseverante di impegnarsi per il bene comune» (ivi, 38).

In un’epoca come la nostra, segnata da velocità e immediatezza, dobbiamo ritrovare quei tempi lunghi necessari perché questi processi possano avere luogo. La storia, l’esperienza, le tante buone pratiche che conosciamo ci hanno fatto comprendere che la pace autentica è quella che prende forma a partire dalla realtà (territori, comunità, istituzioni locali e così via) e in ascolto di essa. Proprio per questo ci rendiamo conto che questa pace è possibile quando le differenze e la conflittualità che comportano non vengono rimosse, ma riconosciute, assunte e attraversate.

Per questo è particolarmente prezioso il vostro impegno di movimenti e associazioni popolari, che concretamente e “dal basso”, in dialogo con tutti e con la creatività e genialità che nascono dalla cultura della pace, state portando avanti progetti e azioni al servizio concreto delle persone e del bene comune. In questo modo voi generate speranza.

Cari fratelli e sorelle, c’è troppa violenza nel mondo, c’è troppa violenza nelle nostre società. Di fronte alle guerre, al terrorismo, alla tratta di esseri umani, all’aggressività diffusa, i ragazzi e i giovani hanno bisogno di esperienze che educano alla cultura della vita, del dialogo, del rispetto reciproco. E prima di tutto hanno bisogno di testimoni di uno stile di vita diverso, nonviolento. Pertanto, dal livello locale e quotidiano fino a quello dell’ordine mondiale, quando coloro che hanno subito ingiustizia e le vittime della violenza sanno resistere alla tentazione della vendetta, diventano i protagonisti più credibili di processi nonviolenti di costruzione della pace. La nonviolenza come metodo e come stile deve contraddistinguere le nostre decisioni, le nostre relazioni, le nostre azioni.

Il Vangelo e la Dottrina Sociale sono per i cristiani il nutrimento costante di questo impegno; ma al tempo stesso possono essere una bussola valida per tutti. Perché si tratta, in effetti, di un compito affidato a tutti, credenti e non, che lo devono elaborare e realizzare attraverso la riflessione e la prassi ispirate alla dignità della persona e al bene comune.

Se vuoi la pace, prepara istituzioni di pace. Ci rendiamo sempre più conto che non si tratta solo di istituzioni politiche, nazionali o internazionali, ma è l’insieme delle istituzioni — educative, economiche, sociali — ad essere chiamato in causa. Nell’Enciclica Fratelli tutti ritorna molte volte il richiamo alla necessità della costruzione di un “noi”, che deve tradursi anche a livello istituzionale. Per questo vi incoraggio all’impegno e ad essere presenti: presenti dentro la pasta della storia come lievito di unità, di comunione, di fraternità. La fraternità ha bisogno di essere scoperta, amata, sperimentata, annunciata e testimoniata, nella fiduciosa speranza che essa è possibile grazie all’amore di Dio, «riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo» (Rm 5, 5).

Cari amici, vi ringrazio di essere venuti. Prego per voi: perché possiate operare con tenacia e con pazienza. E vi accompagno con la mia benedizione. Grazie!

Quell’abbraccio tra l’israeliano Inon e il palestinese Sarah

Tra le circa 250 persone presenti oggi in Sala Clementina in occasione dell’udienza di Leone XIV ai movimenti popolari per la pace, c’erano l’israeliano Maoz Inon — i cui genitori sono morti per mano di Hamas nell’attacco del 7 ottobre 2023 — e il palestinese Aziz Sarah, al quale l’esercito israeliano ha ucciso il fratello. I due uomini, uniti da un vissuto drammatico che avrebbe facilmente potuto farli cedere alla rabbia e all’odio, sono invece amici e collaboratori. Papa Prevost, ringraziandoli, ha ricordato un gesto del quale sono stati protagonisti e che, ha detto, «rimane come testimonianza e segno di speranza»: l’«abbraccio coraggioso» fra i due, avvenuto poco più di un anno fa, il 18 maggio 2024 a Verona, in presenza di Papa Francesco che si trovava in visita nella città scaligera. Nel corso dell’incontro «Arena di pace», presieduto da Bergoglio nell’anfiteatro romano, Inon e Sarah, imprenditori e rappresentanti di due popolazioni in guerra, avevano dapprima condiviso la loro testimonianza davanti a 12.500 persone per poi abbracciarsi e includere nella stretta anche il Pontefice argentino, fratelli nella comune sofferenza e nel desiderio della pace.

L’Osservatore Romano