In Pace Christi

Rodorigo Angelo

Rodorigo Angelo
Data di nascita : 05/03/1924
Luogo di nascita : Avezzano
Voti temporanei : 19/03/1948
Voti perpetui : 19/03/1951
Data ordinazione : 06/06/1948
Data decesso : 07/11/2005
Luogo decesso : Cairo

Alla fine di agosto 2005 P. Angelo era stato ricoverato qualche giorno nell'Ospedale Italiano del Cairo a causa di una caduta non traumatica. Questo episodio lo lasciò molto debole e la debolezza aumentava col passare delle settimane, accompagnata da altre lievi cadute. P. Angelo però continuava a celebrare la Santa Messa facendosi assistere da un confratello, fino alla domenica 30 ottobre, quando volle ancora fare l'omelia.

La sera di lunedì 7 novembre non si era sentito di andare a cena e aveva chiesto solo un po’ di latte. Era seduto sul letto quando cominciò a mancargli il respiro. Il fedele Taddaus Hakim che era presente lo distese sul letto e corse a chiamare P. José Arellano Hernandez che era ad una riunione. Questi accorse subito ma non gli rimase che constatare la morte, confermata da un medico presente nei locali attigui alla chiesa. Così, serenamente, P. Angelo ha concluso la sua lunga vita missionaria ed è andato ad incontrare Gesù Salvatore, alla cui chiamata aveva risposto con generosità. Erano circa le 20.15: aveva 81 anni, 8 mesi e 2 giorni.

Infanzia
P. Angelo Rodorigo era nato il 5 marzo 1924 ad Avezzano, in provincia dell'Aquila, in Abruzzo. Era il terzo figlio di Raffaele e Rosaria Massari. Dopo di lui nacquero ancora un fratello e due sorelle. La famiglia era di condizioni modeste, sostenuta dal papà che era coltivatore diretto e proprietario di qualche piccolo pezzo di terra nella piana del Fucino, il famoso lago prosciugato.

La mamma si occupava della famiglia ed era abbastanza esigente: in casa non c'era acqua potabile e quando le ragazze andavano a prenderla alla fontana, la mamma controllava il tempo che impiegavano perché non dovevano trattenersi con nessuno. Fu sopratutto lei a dare un’impronta veramente cristiana all’educazione dei figli; il piccolo Angelo fu mandato presto al catechismo e, con sua grande gioia, fu accettato tra i chierichetti della parrocchia di San Giovanni.

Però, come tutti i ragazzi, era anche vivace e amante del gioco e qualche birichinata la faceva volentieri. È rimasta famosa la reazione di un bue tenuto al pascolo che, disturbato o provocato, assalì Angelo e la cugina Emilia, sua coetanea, che abitava nell'altra parte dello stesso fabbricato. L’assalto del bue lasciò ad entrambi una cicatrice sul volto che si portarono per tutta la vita.

Vocazione
Angelo era molto bravo a scuola e molto preciso, e per questo era un po’ coccolato da tutti, dicono le sorelle. Ma il parroco vide in lui dei segni, sia pur iniziali, di vocazione, e lo fece entrare nel seminario minore di Avezzano, per quella che allora si chiamava la prima ginnasio: era il 1935, Angelo aveva 11 anni. La famiglia dovette fare notevoli sacrifici per mantenere in seminario questo “pretino” che secondo l'uso del tempo aveva indossato subito la veste talare (la zimarra, come la chiamava la gente). Il papà fu anche costretto, cogli anni, a vendere qualche pezzo di terra per pagare la retta.

Finito il ginnasio, nel 1941 Angelo passò al pontificio seminario regionale di Chieti per la filosofia e la teologia. Nel frattempo la guerra si avvicinava anche al territorio italiano e, in vista di un’eventuale chiamata alle armi, nel 1943 Angelo prese il diploma di “infermiere del regio esercito”.

Si considerava “figlio della guerra” sia per le privazioni di quel tempo, sia per i bombardamenti che portarono alla chiusura temporanea del seminario; anche la famiglia dovette sfollare nel paesino di Luco dei Marsi, fuori degli obiettivi militari: c’era tanta paura e tanta fame!

Angelo, come sempre durante le vacanze, anche in quel periodo fu estremamente fedele ai suoi doveri e alle sue pratiche di pietà. Nel 1944 la mamma Rosaria fu chiamata al premio della sua vita laboriosa e della sua fede: papà Raffaele rimase solo con i sei figli. Morirà nel 1950, quando P. Angelo era già in Egitto da dove arrivò una settimana dopo i funerali.

Il Comboni chiama
Nel seminario regionale c'era un gruppo missionario piuttosto vivo che organizzava le visite degli animatori mandati dalla Pontificia Unione Missionaria del Clero. Uno di questi, il Comboniano P. Egidio Ramponi, andò a Chieti dove parlò pieno di ardore, di fede e di entusiasmo della sua esperienza missionaria in Uganda. Angelo rimase molto colpito dalle sue parole, così, con l’aiuto della preghiera e del suo padre spirituale, maturò la vocazione comboniana. Ma appena il papà lo seppe scoppiò la tragedia, forse perché sognava che un giorno Angelo, diventato sacerdote, lo avrebbe ricompensato dei sacrifici fatti per mantenerlo in seminario. Arrivò persino a dire di non volerlo più riconoscere come figlio e le sorelle di P. Angelo ricordano, con sofferenza, che ebbe anche un periodo di depressione per questo.

Il parroco, nella lettera con cui lo accompagnava al noviziato (4 settembre 1946) scriveva: “Angelo ha, con bei modi ma con fermezza, superato tutti gli ostacoli che abbiamo frapposti alla sua vocazione missionaria”. Anche il vescovo di Avezzano, Mons. Bagnoli, si opponeva; così Angelo dovette proseguire gli studi in seminario fino alla fine della terza teologia. Finalmente, il nuovo vescovo gli diede il consenso e Angelo entrò in noviziato a Firenze nel settembre 1946, dove trovò come padre maestro il “santo” P. Stefano Patroni.

Il novizio intraprese subito con impegno il nuovo cammino. Scrive, infatti, di lui P. Patroni (8 dicembre 1946): “È un uomo che ragiona, quindi non facile agli entusiasmi, ma diligente e generoso nell'osservanza della vita comune. Un po’ attaccato alle sue idee... riflessivo, un po’ flemmatico con qualche tendenza alla lentezza”. E ancora (15 giugno 1947): “Schietto coi superiori.... si adatta volentieri a qualsiasi lavoro. Tendenza alla durezza di giudizio”.

E P. Giovanni Audisio, subentrato a P. Patroni, scrive (19 gennaio 1948): “Fa un po’ di difficoltà ad adattarsi ai diversi caratteri dei confratelli, specie i più giovani e leggeri, ma sopporta per esercizio di virtù”. Come vedremo questi giudizi illuminano la personalità di Angelo e trovano riscontro nella sua vita.

Prima professione e sacerdozio
Mentre studiava privatamente il programma di quarta teologia, i superiori gli suggerirono di anticipare la prima professione per poter essere ordinato sacerdote assieme agli altri. Così, il 12 gennaio 1948 scrisse nella domanda per essere ammesso ai voti: “Conosco, Reverendissimo Padre, la mia debolezza, la pochezza del mio spirito, la mia indegnità di appartenere alla Congregazione dei Figli del S. Cuore di Gesù, della quale tanto desidero di far parte, ma confido assai nella bontà e misericordia del Signore”.

Fece la sua prima professione con consacrazione alle missioni il 19 marzo 1948, festa di San Giuseppe, e subito si trasferì a Verona in Casa Madre, per unirsi ai suoi compagni di 4° teologia, fare gli esami finali e gli esercizi spirituali. Fu con loro ordinato sacerdote il 6 giugno 1948 nella cattedrale di Verona dal vescovo diocesano Mons. Girolamo Cardinale, ma con le “dimissorie” del Vescovo di Avezzano, non avendo ancora i voti perpetui. Ad Avezzano vi fu una grande festa, nella parrocchia di San Giovanni. Anche il papà di Angelo ne fu felice, come aveva già dimostrato in una visita a Firenze qualche mese prima.

P. Angelo approfittò delle vacanze per una visita al seminario regionale di Chieti dove parlò ai seminaristi; incontrò anche alcuni suoi compagni di corso, ordinati l'anno prima.

Prima destinazione missionaria
Prima ancora di andare a casa per la prima Messa solenne, P. Angelo ricevette dai superiori la destinazione: Egitto, preceduto da un periodo di studio della lingua araba. Così, nel luglio del 1948, partì per il Libano dove studiò al centro dei Gesuiti a Bikfaya, sulle montagne a nord-est di Beyrouth, dove fece anche pratica di francese. Lì si formò solide basi per una conoscenza e un uso corretto della lingua araba, per cui divenne uno dei Comboniani più esperti in questo campo.

Il 15 gennaio 1949 chiese al Superiore Generale di poter fare i voti perpetui subito, cioè alla scadenza del primo anno di voti, scrivendo “fidando nella benedizione del S. Cuore di Gesù e della Vergine Immacolata onde perseverare come figlio sempre devoto e fedele della Congregazione”. La domanda non fu accolta perché non si vide la necessità di chiedere la dispensa per ridurre i tre anni di voti temporanei previsti dal diritto canonico. Farà la professione perpetua nella chiesa di Hélouan (Egitto) il 19 marzo 1951 tra l'esultanza dei confratelli e delle Suore Comboniane.

In questo periodo accadde anche un fatto curioso: il distretto militare di Sulmona da cui dipendeva, non voleva rinnovargli, non si sa perché, l'esenzione dal servizio militare e stava per dichiararlo “renitente alla leva” con le relative conseguenze penali. Fu salvato da un intervento della “Associazione Nazionale per soccorrere i missionari Italiani”.

Nel paese dei faraoni
Dopo poco più di un anno di studio dell'arabo, P. Angelo arrivò in Egitto e fu assegnato alla comunità di Hélouan come economo e insegnante nel “Collegio della Sacra Famiglia”, istituzione molto stimata, fondata nel 1887 da P. Casimiro Giacomelli, Missionario del Comboni. Naturalmente P. Angelo doveva anche prestare il suo servizio nella attigua chiesa pure dedicata alla Sacra Famiglia.

Divenne presto direttore della scuola, ufficio che ricoprì con impegno, competenza ed… energia. Rimase ad Hélouan per circa 26 anni, interrotti solo da un anno in cui fu incaricato come parroco della parrocchia di Assuan nell'Alto Egitto.

Sotto la sua guida, la scuola si sviluppò sia per il numero degli alunni, sia per il grado di istruzione che copriva il ciclo completo, dalla scuola materna alla fine della scuola secondaria superiore. Alcune foto lo mostrano nel suo ufficio, dignitoso e molto ben organizzato.

In questa scuola si stava formando un giovane egiziano cristiano, Elias Sadek, che P. Angelo aiutò a completare gli studi universitari, così che quando, dopo la rivoluzione, uscì la legge che il direttore delle scuole doveva essere un cittadino egiziano, il professor Elias Sadek ne assunse ufficialmente il titolo, ma praticamente la scuola continuava a essere diretta da P. Angelo.

Nonostante la sua energia, che lo portava spesso ad essere molto esigente, P. Angelo si faceva stimare per la sua competenza e per la sua rettitudine. In questo periodo fu anche, per qualche anno, superiore della comunità e parroco; del resto, attraverso la scuola aveva acquisito una vasta conoscenza della popolazione e non solo dei pochi cattolici, ma anche dei numerosi ortodossi e di diversi mussulmani.

Anche i confratelli Comboniani lo stimavano, tanto che nel 1972 fu eletto superiore della delegazione dell’Egitto, pur continuando le sue responsabilità nella scuola. Nel 1975 fu anche eletto delegato al Capitolo Generale: di questo ricordava, con piacere e con un certo orgoglio, il famoso trasferimento di tutti i membri capitolari a Ellwangen, in Germania, per le sessioni congiunte con il Capitolo Generale straordinario dei Missionari Figli del Sacro Cuore (ramo comboniano di lingua tedesca separatosi nel 1923), quando fu votata, con la gioia di tutti, la riunificazione dei due Istituti. Una bella foto da lui conservata lo ritrae vicino ai due Superiori Generali, P. Tarcisio Agostoni e P. Georg Klose, nel momento in cui piantano la “quercia della riunione”.

Nuovi orizzonti
Verso la fine del Capitolo Generale, il 16 ottobre 1975, il Superiore Generale comunicò a P. Angelo il trasferimento alla regione di Khartoum, Sudan, ringraziandolo per i 25 anni di servizio in Egitto: “un lavoro difficile, con poche soddisfazioni, che tu però hai saputo riempire (sic!) con profonda adesione alla volontà del Signore, manifestata attraverso la Congregazione... Il tuo passato è di incoraggiamento per il buon successo del tuo futuro lavoro in Sudan...”.

Dopo un breve periodo di riposo e di rientro in Egitto per il passaggio delle consegne, P. Angelo arrivò in Sudan nel luglio 1976 e fu mandato ad El Obeid, capitale del Kordofan, come direttore della “Comboni School”.

Da lì, scrive al Superiore Generale (11 agosto 1976) ringraziandolo per le condoglianze per la morte di suo fratello Franco in un incidente stradale: “A El Obeid mi trovo bene, ottimamente ambientato, in buona salute e felice del.... grado in più di missionarietà”.

E poteva ben dirlo perché, oltre al lavoro strettamente scolastico, si interessava anche della formazione religiosa dei giovani: abbiamo una foto di quel tempo che lo ritrae felice, con un gruppo di 17 studenti neo-battezzati.

Durante le vacanze scolastiche, faceva anche delle visite alle missioni periferiche, specialmente a Dilling tra i Monti Nuba, dove si fermava un po’ ad aiutare. Il suo desiderio di un’esperienza di vita missionaria “in prima linea” venne soddisfatto nel 1980, quando fu inviato a El-Nahud nel Darfur come parroco e responsabile delle scuole cattoliche.

Lettere dal fronte
Del periodo di El-Nahud ci sono rimaste diverse fotografie e lettere. Ne riportiamo alcuni stralci interessanti. In quella del 13 giugno 1980, al nuovo Superiore Generale, P. Salvatore Calvia, con cui aveva condiviso il lavoro in Egitto, descrive a vivaci colori il viaggio compiuto per accompagnare P. Giuseppe Zoppetti a Babanussa (km. 230): “Dopo metà percorso la strada era diventata impossibile. Il giorno prima era piovuto il diluvio e la strada-pista, affossata rispetto alla comune superficie del terreno, era un fiume. A passo di formica, colla macchina che rischiava di rovesciarsi a destra o a sinistra, col motore che si spense molte volte per l'acqua nelle candele del motore, così a mosca cieca facciamo oltre un centinaio di km; miracolosamente (è il caso di dirlo) avvistammo il porto. Un giorno e mezzo con la notte a dormire à la belle étoile”.

L’8 luglio 1980, scrive ancora a P. Calvia: “qui l'ambiente è veramente povero... e io con esso... il primo mese è stato piuttosto duro, sopratutto per il mangiare. Mi sono indebolito fino a buscarmi una malaria con febbre a 40°. Mi sono curato e ho aperto gli occhi: o si mangia o si crepa, mi sono detto!”

Il 25 agosto 1980, scrive ancora a P. Calvia: “dopo circa tre mesi di mia permanenza a El-Nahud posso dire di essere ormai ambientato e... happy!”

Una svolta inattesa
Nell'estate del 1981 tornò in Italia con un programma che prevedeva una permanenza di un mese in Egitto “per la cura dei denti”, visto che a Hélouan aveva un amico dentista, un po’ di vacanze, un corso di esercizi e un breve corso di rinnovamento organizzato dagli Istituti missionari Italiani. Ma...”l'uomo propone e Dio dispone...”.

Cominciò a sentire degli strani disturbi al centro del petto, a Verona, dove l'accurata visita medica scoprì un tumore alla vena cava proprio al centro del petto. Venne operato felicemente, ma si rese necessaria l'applicazione di una protesi in sostituzione del tratto di vena asportato. Era il 17 luglio 1981: P. Angelo lo ricordava ogni anno come il giorno della sua “seconda nascita” e offriva a questa intenzione la Santa Messa. In una lettera scritta pochi mesi dopo si legge: “sono qui per prepararmi ad una buona morte”; e in una lettera dell'anno seguente parla della “croce che porto addosso” e ancora: “ora che do a tutti l'impressione di una Vergine Addolorata o di un San Bartolomeo scorticato vivo (talmente gli scossoni subiti dalla mia salute hanno lasciato il segno e le tracce...)”... Eppure lavorò ancora con coraggio per altri 23 anni!

Ritorno in Egitto
Mentre era ancora in convalescenza e, nel frattempo, partecipava al corso di rinnovamento nella casa generalizia di Roma, il Superiore Generale gli comunicò di averlo di nuovo assegnato all'Egitto a causa della sua malattia con la promessa di inviarlo di nuovo ad Hélouan “dove per la scuola la tua presenza è insostituibile… nessuno di noi può vantare un'esperienza così grande come la tua”.

Tornò quindi in Egitto ma subito (3 agosto 1982) scrisse a P. Camillo Ballin, allora superiore della delegazione, poi provinciale e ora vescovo e vicario apostolico in Kuwait: “Per me tutti gli uffici sono uguali quando sono utili alla gloria di Dio e si possiede salute fisica e competenza per assolverli sia che tali uffici piacciano sia che no”. Viene così di nuovo incaricato della Scuola di Hélouan e nominato superiore e parroco.

Saranno però anni difficili. Infatti già le prime impressioni sulla scuola non sono positive, come si legge in una lettera scritta a P. Calvia (25 agosto 1982): “La scuola sembra a me che sia diventata troppo grande e c'è un reale rischio che vada fuori dalle mani”. Infatti durante gli anni di assenza di P. Angelo, il direttore egiziano che prima era alle sue dipendenze, ora aveva assunto tutta la responsabilità e dirigeva la scuola in maniera molto personale. Era evidente che “due galli in un pollaio” non potevano starci. Così ci furono notevoli tensioni che portarono anche ad incomprensioni col Superiore Generale che non aveva mai cessato di seguire personalmente e, a volte, di prendere decisioni sul “suo” Egitto.

Tra alti e bassi (più bassi che alti...), periodi in cui P. Angelo era “invitato” a lavorare più in parrocchia che nella scuola, si arrivò, non senza nuove crisi, al suo trasferimento alla parrocchia di San Giuseppe di Zamalek, sull'isola di Ghezira in Cairo, dove giunse nell'ottobre 1988.

Ultime tappe
A Zamalek prese in mano l'economia della comunità e della parrocchia: sono rimaste proverbiali le notti dopo le feste, in cui P. Angelo contava personalmente il denaro delle offerte.
Anche in questa sede trovò difficoltà nei rapporti col confratello parroco e superiore e, ancor più, nel periodo in cui vi erano anche i postulanti, della cui formazione criticava fortemente il metodo.

Durante questi anni diresse i lavori per ridipingere la chiesa e rifare l’impianto elettrico. A volte, per il suo carattere, dava l'impressione di essere lui il parroco... e, di fatto, lo sostituì per un anno intero. Si arrivò all'estate del 1996, quando il nuovo superiore di delegazione decise che la casa annessa alla parrocchia dovesse essere anche la residenza dei giovani sacerdoti e Fratelli Comboniani che studiavano presso l'attiguo centro di studi di arabo e islamologia “Dar Comboni”. Dato che le stanze erano tutte occupate dagli studenti e anche per evitare... difficoltà di coabitazione, P. Angelo fu trasferito alla comunità addetta alla chiesa “Cordi Jesu” con l'incarico di rettore della medesima ed economo della comunità. In quella fase diede un ottimo esempio di obbedienza e di fedeltà al lavoro: infatti, nonostante fosse un incarico provvisorio, diresse diversi lavori in casa anche per renderla più adatta ai confratelli più giovani.

Nuovi gravi problemi di salute
Nel 1998 andò in Italia per celebrare il suo 50° di sacerdozio ad Avezzano nella parrocchia della Santissima Trinità, smembrata da quella di San Giovanni, e nel cui territorio era passata, ora, la casa paterna. Prima, però, si fermò al Centro Ammalati di Verona dove gli fu riscontrato un “basiloma” al naso di natura maligna.

Fu necessario asportarlo e P. Angelo non si vergognò di farsi fotografare con la “proboscide” (una fasciatura speciale del naso). Ma un problema più grave gli fu riscontrato al cuore, per cui dovette sottoporsi ad un intervento urgente con cui gli furono impiantati tre “by-pass”. Tutto ciò richiese un lungo periodo di convalescenza, dopo il quale volle tornare in Egitto e riprese i suoi impegni. Anche il diabete gli dava qualche problema, ma veniva aiutato a controllarlo costantemente da una coppia di medici che gli erano molto affezionati e lo visitavano regolarmente. L’ultima volta che venne in Italia fu nel 2004, per celebrare il suo 80° compleanno.

Caratteristiche personali
P. Angelo era noto per la profonda conoscenza della lingua araba, sia classica che dialettale, di quella egiziana e di quella sudanese. Era attento a tutti i particolari: accenti, toni, aspirate, e... correggeva volentieri chi sbagliava!

Conosceva molto bene il francese e abbastanza bene anche l'inglese; inoltre, era molto attento anche alla fraseologia italiana che controllava spesso con il suo “amato” Zingarelli!

Quanto al suo carattere, Fr. Aldo Benetti, che lavorò con lui diversi anni, così lo descrive: “Aveva un carattere riservato a tratti signorili e amabili; anche se a volte appariva un po’ scontroso e pignolo, seppe farsi amare... Gli ‘sfoghi di rabbia’ passeggera duravano pochi minuti e riprendeva subito il suo abituale atteggiamento sereno. Egli stesso se ne stupiva e noi lo si attribuiva alla malferma salute e alla malattia”.

Non possiamo passare sotto silenzio questi famosi “sfoghi”, ma è doveroso sottolineare che in lui non restava alcun rancore né amarezza... anche se per i confratelli e sopratutto per i dipendenti non era facile riprendere con lui un rapporto normale.

Anche Mons. Camillo Ballin scrive: “P. Rodorigo si auto-proteggeva con una scorza esterna burbera e rigida, che a volte rendeva difficile vivere con lui... lo stare in comunità con lui aveva dei momenti di calda familiarità ma anche tanti interventi suoi molto pesanti. A volte ci meravigliavamo come una persona così potesse avere intessuto tanto profonde e durature amicizie, sopratutto con gli ex-allievi e le loro famiglie.

Era commovente vedere gli incontri con persone che venendo dall'estero in visita, non mancavano di venire a trovare P. Angelo e portargli qualche regalo. E quante lettere riceveva da amici sparsi nel mondo... e per queste amicizie fece anche un viaggio in Australia e uno in California USA”. Anche con alcune famiglie di Hélouan ha sempre mantenuto forti legami, tanto che quasi ogni mese andava a trovarle.

Una caratteristica di P. Angelo fu anche il “tifo” per la sua squadra di calcio tanto amata, la Roma. Amava comunque guardare in televisione un po’ tutti gli sport! Da El-Nahud chiese in regalo l'abbonamento al “Corriere della Sera” per poter avere la pagina sportiva e per lo stesso motivo andava ogni settimana a Cordi Jesu a prendere un giornale italiano in vendita a Zamalek. Durante gli ultimi campionati di calcio ebbe il coraggio di assistere, in TV, a ben 4 partite in un giorno! Ma era pronto ad interrompere subito se il servizio in chiesa o gli atti comunitari lo richiedevano.

A volte faceva degli interventi orali o scritti che dimostravano la sua originalità e la sua libertà, come, ad esempio, quando scrisse due pagine intere, indirizzate al vescovo e al consiglio episcopale di El Obeid per confutare l'ordine a tutti i sacerdoti di celebrare la Santa Messa...”con le scarpe ai piedi”! E, a sostegno della sua tesi, si servì di argomenti biblici, psicologici e pratici.

Spirito missionario
Come abbiamo visto, l'entusiasmo con cui andò a El-Nahud dimostra che viveva intensamente la sua vocazione missionaria. Lo dimostra anche la disponibilità per le confessioni, la sua fedeltà al servizio pastorale, ad assolvere con continuità, per nove anni, il servizio all’adorazione solenne del venerdì a “Cordi Jesu”, durante la quale dedicava sempre un’ora di adorazione personale.

Fino agli ultimi anni e anche la domenica precedente la morte, preparava per iscritto le sue omelie che poi pronunciava in arabo e in francese, senza leggerle, per cui qualche volta, anche se interessanti, risultavano un po’ lunghe!

Gli piaceva molto leggere, negli ultimi anni soprattutto biografie o libri di storia, e far sentire qualche frase interessante ai confratelli. Ebbe anche un’esperienza ecumenica: quando era a El-Nahud fece amicizia con il prete copto ortodosso, collaborando con lui ed aiutandolo; e aveva anche progettato di portarlo in Europa per una visita, ma il vescovo copto si oppose.

Anche con i mussulmani ebbe rapporti sereni e di collaborazione e, con qualcuno, anche di amicizia. Del resto solo il fatto che sia dopo la prima che dopo la seconda operazione volle tornare in Egitto, dimostra il suo attaccamento all'impegno preso “ad vitam”.

Il 13 giugno 1980, per esempio, scrive da El-Nahud al Superiore Generale: “Non è che io sia scontento, anzi. Ho tanta voglia e possibilità di dare testimonianza fra gli arabi e di dissodare tra i neri. Non mi spaventano le privazioni, purché la salute mi assista sempre”.

Era anche molto fedele alla preghiera del rosario e al breviario; anzi, quando la comunità decise di pregare in altra lingua, lui partecipava, ma poi, privatamente, ripeteva tutto col suo amato breviario italiano.

A proposito della sua disponibilità, ecco un esempio in una lettera scritta al Superiore Generale (17/08/82): “Io accetto tutti e non rifiuto nessuno. Sono tornato ad Hélouan per puro spirito di servizio e per prepararmi ad una buona morte. Non ho ambizioni né invidie né gelosie per chicchessia.... Non ho complessi né problemi, ne ambizioni, né sospetti né preoccupazioni per un avvenire che ho chiaro e limpido dinnanzi a me come non mai”.

Commiato
La notizia della sua morte si è subito diffusa tra i confratelli e le Suore Comboniane come pure in tutto l'ambiente cattolico del Cairo. Perciò, ai funerali celebrati solennemente nella chiesa del “Cordi Jesu” ha partecipato un buon numero di religiose di diversi Istituti e molti fedeli venuti anche da Hélouan, compreso l'ex-direttore e diversi insegnanti. La celebrazione, in lingua araba, si è svolta nel pomeriggio del 9 novembre ed è stata presieduta dal superiore della delegazione, P. Claudio Lurati, e concelebrata da circa 20 sacerdoti. A dimostrazione della stima di cui godeva P. Angelo, erano presenti i vescovi copo-cattolici Mons. Makario Tewfik di Ismaylia e Mons. Andraus Salama di Ghiza (chiamato a Dio dopo qualche settimana) e il vescovo maronita Joseph Dergham, nonché il Gesuita Nabil Gabriel, segretario generale delle Scuole Cattoliche. La salma è stata tumulata nel cimitero di Hélouan, vicina a tanti Comboniani e Comboniane. Secondo l'usanza egiziana di celebrare una commemorazione 40 giorni dopo la morte, sono state celebrate due Messe, una, il 15 dicembre, nella chiesa di Hélouan, e l’altra, il 16 dicembre, nella chiesa di “Cordi Jesu”. Per l'occasione erano venute dall'Italia le due sorelle Florinda e Anna e la cugina Emilia, nonché un secondo cugino, Giuseppe Fantozzi.

In Egitto si ricorderà a lungo questo generoso figlio di San Daniele Comboni che ha speso qui tutta la sua vita. Lui intanto, lo speriamo, gode del meritato premio nella pienezza dell'Amore.
(P. Giuseppe-Zeno Picotti, mccj)

Da Mccj Bulletin n. 230 suppl. In Memoriam, aprile 2006, pp. 42-52