In Pace Christi

Pasquali Carlo

Pasquali Carlo
Data di nascita : 25/01/1925
Luogo di nascita : Verona
Voti temporanei : 15/08/1946
Voti perpetui : 20/09/1951
Data ordinazione : 07/06/1952
Data decesso : 18/05/2008
Luogo decesso : Verona/I

P. Carlo arrivò in Uganda nel 1965, con un gruppo di confratelli che, per la maggior parte erano stati espulsi dal Sudan nel 1964. Venne mandato nel sud del paese, nella diocesi di Kabale, per iniziare una nuova missione in quella regione che, tradizionalmente, era territorio dei Missionari d’Africa o Padri Bianchi. Per quasi un anno visse con loro per imparare la lingua, essere introdotto alla cultura dei Banyankole e ai metodi pastorali della diocesi.

P. Carlo era nato il 25 gennaio 1925 a Verona dove entrò dai Missionari Comboniani. Fece la prima professione a Venegono nel 1946 e fu prefetto a Rebbio e a Troia. Completò gli studi teologici a Venegono dove fu ordinato sacerdote nel 1952.

Subito dopo l’ordinazione fu mandato nel Sud Sudan per quasi dieci anni (Palotaka, Lafon, Tali e Kwörejik); nel 1961, fu richiamato in Italia dove rimase cinque anni. Quando venne il momento di tornare in missione, a causa dell’espulsione dei missionari dal Sudan, fu mandato in Uganda e lì, tranne un breve periodo di rotazione in Italia (1990-1992), ha trascorso quasi tutto il resto della sua vita, lavorando a Makiro, Nyamwegabira, Pakwach, Kambuga, Kyamuhunga, Kigumba e nell’ospedale di Lacor.

La vita nella diocesi di Kabale era piuttosto dura agli inizi. Le sue lettere sottolineano la mancanza di strutture e dei mezzi essenziali per aprire una nuova missione, in un luogo completamente sconosciuto ai Missionari Comboniani. C’era anche una certa tensione, dovuta alla presenza sia di missionari provenienti dal Sudan che di altri, assegnati direttamente all’Uganda. Dopo le prime vacanze in Italia (1971), P. Carlo andò come parroco nella comunità di Makiro e quando questa fu consegnata alla diocesi, manifestò la sua disponibilità ad andare ovunque fosse stato inviato. Fu quindi assegnato alla missione di Nyamwegabira dove rimase fino al luglio 1980, data in cui anche questa fu consegnata alla diocesi. P. Carlo ritornò per un altro breve periodo di vacanze in Italia. Nel frattempo, nella zona del West Nile a causa della guerra, parte della popolazione fuggì nello Zaire e i Missionari Comboniani la seguirono per assisterla. Nonostante l’insicurezza della zona e la difficoltà di dover affrontare una nuova diocesi, un nuovo popolo e una nuova lingua, incoraggiato dall’esempio di Comboni, accettò di andare a lavorare nella missione di Pakwach, tra gli Alur.

Alla fine del 1982, P. Carlo era a Roma per il Corso di rinnovamento. Al suo ritorno fu assegnato al Kigezi, nella parrocchia di Kambuga aperta di recente. Nominato superiore, dovette risolvere tensioni e contrasto che influirono profondamente su di lui. Tuttavia, anche se sentiva il peso della costruzione della nuova casa, rimase fino alla sua inaugurazione.

Nella seconda metà del 1985, la guerra civile era stata particolarmente cruenta e le comunità del Kigezi erano rimaste tagliate fuori dall’Uganda. Così, finita la guerra, P. Carlo poté fare un po’ di vacanze per recuperarsi dallo stress accumulato in quegli anni. Dopo il Corso di rinnovamento a Roma, fu di nuovo assegnato all’Uganda (1992) nella nuova comunità di Kyamuhunga, anche questa nella diocesi di Mbarara. Nel gennaio 2001, all’età di 76 anni, P. Carlo fu trasferito a Kigumba: ancora una volta, nuova comunità, nuovo popolo, nuova lingua, nuove tradizioni e nuova metodologia pastorale. La sua salute però cominciò a deteriorarsi e gli fu chiesto di occuparsi dell’ospedale di Lacor come cappellano.

Nell’aprile 2003 ebbe problemi al cuore e gli fu consigliato di sottoporsi ad un intervento chirurgico in Italia. Il viaggio fu faticoso e accompagnato dal dolore di dover lasciare la missione.

A Verona ha trascorso i suoi ultimi anni lottando contro la malattia e rendendosi conto che non sarebbe più ritornato in Uganda, la missione a cui il suo cuore era tanto legato. (P. Giuseppe Filippi)

P. Carlo è morto così come è vissuto. La sua passione è stata la vita missionaria portata avanti in mezzo a enormi difficoltà. Fu davvero un innamorato del Cuore di Cristo e figlio del Comboni, di cui ha voluto assaporare l’insegnamento, i sacrifici e l’immolazione.

Pochi giorni prima di essere ricoverato in Casa Madre aveva chiesto al provinciale di passare un po’ di tempo a S. Tomio, per rimettersi in salute, diceva, ma, pensandoci bene, forse era per un motivo superiore, passare cioè un po’ di tempo in preghiera, davanti a Gesù esposto per l’adorazione. I tempi, però, precipitarono e non ebbe la gioia di passare quei preziosi momenti con Gesù: li ricuperò più tardi nei momenti della sofferenza.

P. Carlo sapeva ridere ed essere amico di tutti, mostrava una pietà vera, sincera, ma sapeva anche appartarsi per incontrare l’Amico che l’aveva chiamato alla vita missionaria, che gli avrebbe riservato tante gioie, tante sorprese e anche delusioni: basti pensare alla missione in Sudan che affrontò con fede e coraggio, dandosi anima e corpo alla popolazione povera e minacciata.

Durante la stagione delle piogge per mesi e mesi la sua missione in Sudan era isolata dal resto della provincia, eppure P. Carlo accettò quella situazione con generosità e con spirito di fede, pur di essere di aiuto alla popolazione che considerava la sua famiglia. Venne purtroppo il giorno dell’espulsione e ne soffrì tremendamente. In Uganda, nel Kigezi, ricominciò da capo con altra gente e altre lingue. P. Carlo era sempre pronto, nella sua semplicità e umiltà, convinto che solo Dio può cambiare i cuori. La grinta del Comboni non appariva sul suo volto e nel suo programma, ma lo spirito del Fondatore era ben presente in lui. Una vita serena, apparentemente tranquilla, tutta immersa in Dio. Di queste anime ha bisogno oggi l’Istituto. Ricorderò a lungo il caro P. Carlo, cresciuto alla scuola di P. Angelo Abbà, P. Egidio Ramponi e, soprattutto, di P. Bernardo Sartori, da cui ha attinto tutto il suo ardore missionario e mariano.
(P. Luigi Varesco)

Da Mccj Bulletin n. 239 suppl. In Memoriam, ottobre 2008, pp. 17-21