In Pace Christi

De Bertolis Giacomo Francesco

De Bertolis Giacomo Francesco
Data di nascita : 01/10/1927
Luogo di nascita : San Martino di Castrozza/TN/Italia
Voti temporanei : 15/08/1945
Voti perpetui : 22/09/1950
Data ordinazione : 24/03/1951
Data decesso : 01/03/2012
Luogo decesso : Verona/Italia

Una vita consacrata alla missione, soprattutto in Sudan. Ha investito tutte le sue energie nella crescita umana e spirituale delle persone. Il suo cammino personale e missionario è stato caratterizzato da grande dedizione e determinazione.

La formazione

P. Francesco Giacomo De Bertolis era nato a S. Martino di Castrozza il 1° ottobre 1927. Entrò nell’Istituto comboniano a Muralta (Trento) nel 1938, in prima ginnasio, forse per le “preghiere” della zia, Suor Giusta Scalet, comboniana. Dal 1941 al 1943 rimase a Brescia e nell’agosto del 1943 entrò in noviziato a Firenze, dove il 15 agosto 1945 emise i primi voti. Fece i corsi di Filosofia nello scolasticato di Rebbio e la Teologia a Roma. Il 22 settembre 1950, a Venegono, emise i voti perpetui e fu ordinato sacerdote a Roma il 24 marzo 1951.

Khartoum: la sua missione

Nel settembre successivo fu mandato a Zahle, in Libano, per lo studio della lingua araba. Assegnato alla provincia di Khartoum, giunse a destinazione nel 1952 e da allora rimase sempre nel Nord Sudan, ad eccezione di un periodo di quattro anni (1976-1980) a Roma.

A Khartoum arrivò come insegnante al Comboni College. Come sappiamo, in Sudan, padri, fratelli e suore per molto tempo hanno aperto e gestito scuole e dispensari. Il loro generoso impegno ha prodotto frutti prestigiosi, come appunto il Collegio Comboni, fondato nel 1929, simbolo e sinonimo di una buona preparazione scolastica e morale, dove hanno studiato generazioni di giovani, in maggioranza musulmani, diventati poi professionisti e protagonisti della storia e dello sviluppo del Paese, indipendente dal 1956.

P. Francesco, nel 1953, divenne direttore del convitto, nel 1963 vice-superiore ed economo, nel 1967 superiore, direttore e consigliere regionale. Amava stare con gli studenti per i quali organizzava anche molte attività ricreative come sport, cinema, passeggiate. Per diversi anni si è occupato anche del personale docente e delle materie di insegnamento. Nel 1966 il ministro dell’educazione impose al Comboni College di assumere solo insegnanti sudanesi, decisione che comportò la partenza degli insegnanti stranieri (tutti qualificati) con la conseguente difficoltà di trovare personale locale adeguatamente preparato.

Dal 1970, fino al 1975, P. Francesco fu parroco della Cattedrale. Nel 1976 fu chiamato a Roma, nella Casa Generalizia, dove rimase quattro anni come superiore della comunità locale e formatore degli scolastici.

Il 1° settembre 1980 fu assegnato nuovamente a Khartoum, dove continuò ad insegnare; l’anno seguente fu eletto superiore provinciale per il periodo 1981-1984.

Intanto, nonostante l’atteggiamento di sospetto e le restrizioni da parte del governo musulmano, le istituzioni scolastiche, sanitarie e sociali della Chiesa acquistavano sempre più autorità morale e la comunità cristiana cresceva anche di numero. Il conflitto armato che opponeva il Sud Sudan al governo di Khartoum, pur rendendo ancora più difficile e delicato il lavoro missionario nel Nord Sudan, aveva provocato anche un grande afflusso di sfollati, fra cui molti cristiani, che avevano abbandonato il Sud e si erano rifugiati nelle periferie di Khartoum, Kosti, El Obeid e altre città del Nord, dove non c’erano mai stati i cristiani. E la Chiesa accoglieva tutti, li aiutava, li istruiva ed evangelizzava.

Damazin

Fu in questo contesto che, nel 1984, P. Francesco arrivò a Damazin, sul Nilo Azzurro, a cinquecento chilometri da Khartoum. Aveva come coadiutori due giovani sacerdoti diocesani. La missione si prendeva cura di diciotto centri di preghiera: i più vicini a 10 km, i più lontani a 180 km. Il suo compagno di comunità, il comboniano P. José Javier Parladé Escobar, già da alcuni anni si era spinto a più di cento chilometri di distanza fra tribù assolutamente nuove e nel 1980 aveva ottenuto il permesso di risiedere a Bung. P. Francesco, qualche anno dopo il suo arrivo, riuscì ad avere nella parrocchia le suore egiziane del Sacro Cuore che furono di grande aiuto nella pastorale, tanto più che conoscevano l’arabo “meglio di tutti i missionari”. Tuttavia, la richiesta fatta da P. Francesco alle autorità, di poter costruire una chiesa in città, è rimasta sempre senza risposta. Inizialmente, fu addotto un “motivo ufficiale”, e cioè che i cristiani dovevano essere almeno diecimila per avere diritto ad una chiesa. Allora fu fatto un censimento dal quale risultò che i cristiani erano ben 12.500, ma il dato non fu mai reso pubblico e la chiesa non fu mai costruita.

Anzi, nel 1991 un ufficiale di polizia si presentò alla missione con la comunicazione che “il sacerdote italiano” (cioè P. Francesco) doveva lasciare la missione entro tre giorni e tutti gli altri avevano il divieto di parlare di cristianesimo “perché a Damazin non c’era la chiesa!”. La voce si sparse e i cristiani, anche i soldati cristiani della guarnigione, si opposero coraggiosamente alla decisione delle autorità di confiscare i locali della missione, compresi quelli dell’asilo e della scuola. Anche l’arcivescovo Zubeir, in una lettera ai fedeli, scriveva: “Non abbiate paura delle sofferenze che stanno per venire su di voi. Anche se dovete morire, restate fedeli!”. Così le autorità, almeno momentaneamente, fecero un passo indietro. Poco tempo dopo, però, tornarono alla carica, rimuovendo P. Francesco da Damazin e vietando ai sacerdoti sudanesi di predicare il cristianesimo.

Di nuovo a Khartoum

Da Damazin, P. Francesco passò alla casa provinciale di Khartoum Nord. Nell’aprile del 1992 Mons. Zubeir lo nominò responsabile del dipartimento della pastorale della Conferenza Episcopale. Andò poi, ancora come insegnante, al Centro di Kobar. Dal 1993 al 1998 fu formatore dei postulanti studenti, nel postulato di Khartoum Bahri. Questi spostamenti non gli impedirono di portare avanti, fino al 1999, l’impegno preso con la Conferenza Episcopale.

Successivamente, chiese di andare nella parrocchia di Kosti che era rimasta senza missionari (P. Guido Zanotelli era morto e P. Ezio Bettini era stato eletto delegato del Sud Sudan). S’impegnò nel ministero e nel segretariato dell’evangelizzazione a livello provinciale. Nel corso degli anni si era sempre tenuto in contatto con amici e benefattori ai quali chiedeva di sostenere i vari progetti di aiuto alla parrocchia. Aveva molto a cuore le necessità della gente, in particolare, dei ragazzi orfani o abbandonati. Per i ragazzi di strada aveva realizzato un progetto che prevedeva anche la possibilità di dare loro un’istruzione. Aveva fatto costruire delle capanne per i poveri, che cercava di aiutare in molti modi, e dava assistenza ai malati. Era impegnato nel campo sociale, soprattutto in ciò che riguardava l’educazione e i problemi di giustizia e pace.

Gli ultimi anni

Nel 2004, dopo alcuni controlli medici fatti mentre era in vacanza in Italia, gli fu diagnosticato un cancro. Ma P. Francesco non se ne preoccupò molto, deciso a continuare il suo servizio in Sudan. Alla fine, però, la debolezza fisica e l’età lo costrinsero a rallentare l’attività e a rinunciare al lavoro parrocchiale. Nuovamente assegnato alla comunità del Comboni College, si prese cura della cappella del collegio fino al 2008.

Il suo amore per l’Istituto si è manifestato anche attraverso il suo costante interesse per la ricerca storica riguardo alla provincia. Così il consiglio provinciale gli diede l’incarico di riordinare e schedare i documenti dei Comboniani in Sudan e degli archivi provinciali. Per prepararsi meglio a questo lavoro, trascorse tre mesi a Roma, in Curia, nell’Archivio Storico. Durante questo suo periodo di assenza dal Sudan, la casa provinciale fu ristrutturata e fu scelto un locale da adibire ad archivio provinciale. È qui che ha svolto il suo ultimo incarico, portando a compimento un lavoro stupendo, attraverso un impegno quotidiano e nonostante il deterioramento della vista, svuotando scatoloni pieni di carte e documenti, mettendoli in ordine e catalogandoli adeguatamente.

Nel gennaio 2012, su suggerimento anche dei medici, fu trasferito a Verona, dove era più facile prendersi cura di lui. In una lettera di questo periodo a un confratello sudanese, P. Yousif William Idris El Tom, scriveva: “Sono consapevole che sono ammalato e senza speranza di ritornare in Sudan, ma Dio è più grande del Sudan. È mia volontà continuare ad aiutare nella preparazione del testo della storia dei Missionari Comboniani della Provincia di Khartoum; testo che potrà essere di beneficio ai nuovi missionari che vengono in provincia e ai giovani in formazione”.

Formatore “a tempo pieno” e fino alla fine dei suoi giorni, P. Francesco, come ha detto P. Giovanni Taneburgo nell’omelia per il funerale, “non investiva tanto nelle strutture materiali, quanto nella crescita umana e spirituale delle persone. Sapeva bene che quando si investe nelle persone, non si perde mai”.

P. Francesco è morto a Verona il 1° marzo 2012.

Le parole del provinciale

P. Francesco è stato un grande missionario in Sudan, intelligente, creativo e impegnato. Può essere ricordato per tante cose tra le quali il Direttorio cattolico del Sudan, il suo impegno nel lavoro e il suo modo di relazionarsi con la gente. Aveva un carattere forte come le rocce delle sue montagne, adatto ad un leader. Non scendeva a compromessi: la missione, la gente, i poveri, la Chiesa, l’Istituto e la comunità erano così importanti che per questi valori era sempre pronto a combattere con la sua dialettica incisiva che provocava dibattiti accesi. Tutto quello che riguardava il Sudan – geografia, storia, cultura, tradizioni e politica – lo interessava. Amava profondamente il Sudan e i sudanesi, sia del nord che del sud, sia cristiani che musulmani.

Testimonianze di ex-studenti

Nell’apprendere la notizia della sua morte, diversi suoi ex-studenti, da varie parti del mondo, hanno inviato dei messaggi di condoglianze e testimonianze. Ne estrapoliamo alcuni pensieri.

- Per l’educazione ricevuta al Comboni College, sotto la guida di P. Francesco, si sono formati molti imprenditori, professionisti e uomini politici.

- P. Francesco era un uomo sincero e sapeva dare consigli intelligenti senza mai imporre il suo punto di vista.

- Ricorderò sempre il suo sorriso cordiale e contagioso. Era un grande missionario, un grande leader e un grande uomo.
Da Mccj Bulletin n. 251 suppl. In Memoriam, aprile 2012, pp. 112-117