In Pace Christi

D’Olimpio Riziero

D’Olimpio Riziero
Data di nascita : 25/10/1935
Luogo di nascita : Petrella Salto (Italia)
Voti temporanei : 09/09/1962
Data ordinazione : 30/03/1963
Data decesso : 02/06/2012
Luogo decesso : Milano-Italia

P. Riziero D’Olimpio era un “missionario alquanto singolare. Eppure, com’è stato riconosciuto al suo funerale, la Chiesa, l’Istituto e la missione gli devono molto” – dice P. Umberto Rainoldi, suo compagno di missione.

La formazione e i primi anni come missionario
P. Riziero D’Olimpio era nato il 25 ottobre 1935 a Petrella Salto (Rieti), quarto di sette fratelli. Dopo i primi anni di studio nel Seminario Vescovile di Rieti, frequentò il liceo e i primi tre anni di Teologia nel Pontificio Seminario Regionale Pio XI di Assisi. Quando fece domanda per entrare nell’Istituto comboniano, fu presentato, in data 10 settembre 1960, con queste parole: “Il giovane D’Olimpio Riziero ha tutti i requisiti per un’ottima riuscita. Non vedo in lui alcun segno negativo… Domani potrà essere un fervente missionario”. Entrò nel Noviziato di Firenze anche se – come ha lasciato scritto – “nella mia famiglia sono tutti contrari, ma adesso cominciano a rassegnarsi”: era il 22 settembre 1960, con un ritardo di soli due giorni sulla data concessagli da P. Leonzio Bano. Emise i primi voti il 9 settembre 1962 e fu destinato a Verona per continuare gli studi del quarto anno di Teologia nel Seminario Vescovile. Ordinato sacerdote da Mons. Giuseppe Carraro il 30 marzo 1963, fu subito destinato a Gozzano con l’incarico di economo e animatore missionario.

Missionario in Ecuador
Durante l’estate del 1965, P. Riziero si trovava a Firenze, dov’erano giunti alcuni studenti dalla Spagna, e gli fu chiesto di insegnare loro l’italiano. Ne approfittò per imparare un po’ di spagnolo. Così, quando il Superiore Generale si recò in visita e P. Riziero lo salutò in spagnolo, il Generale replicò: “Vedo che te la cavi bene in spagnolo; ti manderò in America Latina, dove c’è tanto bisogno”. Così fu destinato all’Ecuador.
“Fu a quel tempo – scrive P. Rainoldi – che lo vidi per la prima volta: una grande barba, attivissimo, sorridente, non sapevo che di lì a poco avrebbe preso il mio posto nella partenza per l’Ecuador, a causa di una mia malattia. L’anno dopo, comunque, ci ritrovammo nella curia della missione di Esmeraldas: P. Riziero venne a piedi da Muisne, la missione alla quale era stato assegnato”. In Ecuador, P. Riziero è rimasto per ben 43 anni, interrotti solo da due periodi in Spagna (1971-1973 e 1986-1990).

L’isola di Muisne
La parrocchia di Muisne, dove P. Riziero trascorse i primi sei anni di missione in Ecuador, era un banco sabbioso sulla sponda del Pacifico, poco sopra il livello del mare. La differenza tra l’alta e la bassa marea era di sei metri, per cui la laguna, a cinquecento metri dalla casa dei missionari, scompariva e il mare arrivava sotto la casa. Per spostarsi, si viaggiava sui fiumi, pericolosi soprattutto perché il livello dell’acqua cambiava spesso, a causa delle numerose e improvvise piogge. Per raggiungere la terraferma, si faceva uso dei bananieri (piccoli battelli che trasportavano banane), che spesso si bloccavano in mezzo al mare per il motore in avaria o per mancanza di carburante. Sul clima della zona, nei registri di missione dell’epoca, precisamente il Venerdì Santo dopo l’arrivo dei Comboniani, nel 1956, si legge: “Alle 15, predica sulla Passione. Alla sera, Via Crucis e processione. La luce delle candele attirò nugoli di zanzare e moscerini. Fu impossibile proseguire”.

Nel 1968 P. Riziero avrebbe dovuto fare la professione perpetua. Il 17 luglio scrisse a P. Gaetano Briani, Superiore Generale: “Sono contento dell’Istituto e lavoro molto volentieri. È mio desiderio spendere tutta la mia vita per il bene della Chiesa e dell’Istituto. Feci i miei primi voti circa 6 anni fa e non è che mi spaventino i voti perpetui. Però a me sembra che, rinnovando i voti anno per anno, io possa vivere con più entusiasmo e fervore la vita dell’Istituto e allo stesso tempo lavorare con più impegno e responsabilità”. P. Riziero è rimasto per tutta la vita irremovibile in questo suo atteggiamento, con ‘buona pace’ dei vari provinciali e confratelli designati a ricevere ogni anno i suoi voti. Ed è rimasto sempre incardinato nella sua diocesi originaria di Rieti. Nonostante queste due “incongruenze”, ha sempre dimostrato grande dedizione e amore verso l’Istituto. Ricordiamo che nel 1980, a proposito della sua decisione di rinnovare ogni anno i voti religiosi, la Sacra Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, dapprima, gli concesse di rinnovarli annualmente per un altro triennio, poi, emise un rescritto che diceva: “non est inquietandum” e così P. Riziero è andato avanti, rinnovando i voti, fino alla morte.

Spagna e ritorno in Ecuador
Dal 1971 al 1973 P. Riziero prestò il suo servizio alla provincia di Spagna. Ritornato in Ecuador, dal 1973 al 1985 fu incaricato del Vicariato Apostolico di Esmeraldas per l’educazione cattolica. A quel tempo era membro della comunità di La Merced con P. Rainoldi. Nel suo lavoro di economo, procuratore e costruttore di scuole elementari e superiori, nelle relazioni con i ministeri statali a Quito, dove andava molto spesso per sbrigare faccende e ottenere qualche favore per la missione, era… abilissimo. Portava sempre con sé conchiglie, medagliette, caramelle di cocco e altre piccole cose da regalare per ottenere “comprensione” per ciò che chiedeva.

Secondo periodo in Spagna e di nuovo in Ecuador
Nel 1986 fu mandato nuovamente in Spagna. Nel 1990 rinnovò i voti in Italia, davanti a P. Lorenzo Gaiga, e fece alcuni accertamenti medici. Poi ritornò nella provincia dell’Ecuador, alla quale è appartenuto fino al 2004. Un grave incidente stradale, subito nella città di Quito, assieme a P. Giuseppe Ricchieri, gli provocò l’affondamento dello sterno e questo, fu per lui l’inizio di un declino fisico.

Rimase alcuni anni nella comunità di El Carmen (Manabi), dove “si sentiva ancora un leone” – diceva – pur essendo limitato nei movimenti, anche a causa del Parkinson. La sua ultima, grande impresa fu la costruzione del ‘Colegio’ nell’isoletta di Chamanga, al confine sud di Esmeraldas, per la quale dovette superare, oltre ai numerosi pareri contrari, molte difficoltà economiche (continuava a escogitare mille modi per autofinanziarsi) legate soprattutto al trasporto del materiale.

Intanto, le sue condizioni di salute andavano peggiorando e aveva bisogno di una continua assistenza per cui, nel 2001, il provinciale, P. Enea Mauri, scrisse che P. Riziero si era convinto a rientrare in Italia. Nel 2004, mentre si trovava già a Milano, fu assegnato definitivamente alla provincia italiana con una lettera di P. Teresino Serra che gli diceva: “Caro P. Riziero, sei presente nel mio cuore e nella mia mente e la mia preghiera è solo un piccolo segno di quella gratitudine che la Chiesa e l’Istituto ti devono”.

Comunque, P. Riziero non si rassegnava. Scriveva, infatti, ai suoi carissimi compagni di seminario, Don Giacomo Napoleoni e Don Cesare Salvi, che erano stati missionari fidei donum a Esmeraldas: “Con il Parkinson traumatico che ho addosso c’è poco da scherzare. Solo se succedesse un miracolo, potrò ritornare in Ecuador. E anche questo può succedere, se abbiamo fede! Nel frattempo vorrei tentare un’alternativa… Potrei fare qualcosa pastoralmente, senza stancarmi troppo: celebrare la S. Messa, predicare, confessare, ecc. Naturalmente, come potete immaginare, avrei bisogno di una persona che mi facesse da infermiere. Ne parlerei con i miei superiori, dopo aver sentito il vostro illuminato giudizio”. Non se ne fece nulla, ma anche queste parole ci aiutano a capire lo spirito indomabile di P. Riziero.

Testimonianza di P. Lino Spezia
P. Riziero era un uomo semplice e aveva il dono di parlare al cuore della gente. Era preparato, sensibile e capace di far breccia nella vita delle persone con la sua attenzione e preghiera, coinvolgendole con le lettere che mandava in occasione del Natale e della Pasqua.
Era un uomo innamorato della missione. Ha sempre cercato di coinvolgere altri nella sua attività missionaria, come i due sacerdoti della sua diocesi che hanno prestato servizio in Ecuador per oltre 15 anni prima di ritornare “a casa”. Don Cesare Salvi, uno dei due, è sempre rimasto in contatto con P. Riziero e, quando poteva, veniva a trovarlo nella nostra casa di Milano. Conserva un foglio con due fotografie che li ritraggono insieme – una, da giovani, e l’altra più recente – su cui ha scritto: “San Paolo, che P. Riziero ha cercato di imitare nello zelo, era un apostolo pieno di gioia. ‘Niente può separarmi dall’amore di Cristo, né la sofferenza, né la persecuzione, proprio nulla. Non sono più io che vivo ma Cristo vive in me’. Ecco perché san Paolo era così pieno di gioia, come il nostro carissimo amico, P. Riziero”.

La malattia e la morte
Con la malattia, si apre un capitolo della vita di P. Riziero interessante e complesso. Egli ha guardato con speranza e fiducia la “grazia” di questa “compañera de la vida” dei suoi ultimi anni di missione, fino a quando si è fatta sentire imponendogli di rientrare in Italia e di farsi curare. E anche negli anni trascorsi al Centro Ammalati di Milano, ha continuato a informarsi sulla sua malattia, a leggere, a scrivere a ricercatori per trovare il modo di rallentarne il decorso. Poi l’infermità ha fatto prevalere la sua forza mortale… ma lui l’ha vinta mettendo la sua vita nelle mani di Dio e cercando di fare sempre la volontà del Padre. In una lettera circolare del Natale 2006, riportava questa preghiera di un Gesuita che aveva fatto sua:

Il mio penare è una chiavina d’oro/Piccola, ma che m’apre un gran tesoro.
È croce, ma è la croce di Gesù:/quando l’abbraccio non la sento più.
Non ho contato i giorni del dolore:/so che Gesù li ha scritti nel suo cuore.
Vivo momento per momento, e allora/il giorno passa come fosse un’ora.
Mi han detto che guardata dal di là,/la vita un attimo parrà.
Passa la vita, vigilia di festa:/muore la morte… il Paradiso resta.
Due stille dell’amaro pianto/e di vittoria poi l’eterno canto” (P. Giovanni Bigazzi, sj)

Ricordiamo anche che nella vita di P. Riziero, accanto al posto speciale riservato a san Daniele Comboni, ce n’era uno riservato a santa Filippa Mareri (com’è conosciuta comunemente, pur essendo ancora beata), sua concittadina. Contemporanea di Francesco d’Assisi, dopo un incontro con il santo, aveva dato inizio a Borgo San Pietro, suo paese natale, a una comunità contemplativa francescana di cui fa parte la sorella di P. Riziero, Suor Assunta, missionaria per diversi anni e attualmente Superiora generale della congregazione. Così, P. Riziero, crescendo all’ombra di questa santa che viveva la povertà e l’abbondano in Dio, ha coniugato questi elementi con la forza missionaria e dinamica di Daniele Comboni.
P. Riziero è deceduto il 2 giugno 2012 nella nostra Casa di Milano. La salma è stata vegliata dalle suore Francescane del Monastero di Borgo S. Pietro. I solenni funerali si sono svolti il 5 giugno, nella chiesa parrocchiale di Borgo S. Pietro presso il Santuario di Santa Filippa Mareri. Oltre a diversi Comboniani, hanno partecipato numerosissime persone, parenti, amici, il sindaco di Petrella Salto, rappresentanti dell’Arma dei Carabinieri e della Polizia Urbana, tutte le suore del monastero e di altre Case della Congregazione, religiosi e sacerdoti. P. Riziero riposa nel suo paese natale.
Da Mccj Bulletin n. 254 suppl. In Memoriam, gennaio 2013, pp. 16-22.