P. Luigi Parisi aveva preparato lui stesso una “cronistoria” della sua vita. In questa biografia, ne seguiremo le linee principali.
Gli anni della formazione
Era nato il 4 luglio 1920 a Bleggio (provincia di Trento) e, il 10 luglio, aveva ricevuto il battesimo. Il 19 settembre 1931, a undici anni, entrò nella scuola apostolica di Trento con il vivo desiderio di diventare missionario in Africa. Nel 1937 iniziò il noviziato a Venegono Superiore: “Ho sempre sentito, nonostante fossi piuttosto vivace e birichino, il desiderio di migliorare la mia condotta. I miei superiori – scriveva, nel 2000, nel giornalino Missionari Comboniani di Trento – mi hanno sempre incoraggiato a perseverare nei buoni desideri della vita missionaria. Tuttavia, quando a diciassette anni entrai nel Noviziato per provare seriamente la mia vocazione, non ebbi più nessun incoraggiamento, ma mi trovai solo con me stesso. Allora il Noviziato aveva una disciplina assai austera: riflessione, silenzio, preghiera e lavoro. Ognuno veniva a trovarsi a riflettere davvero sulle proprie scelte. Così sperimentai una duplice angustia: consideravo la grandezza dell’ideale missionario che mi attirava, e le sue esigenze, come pure la necessità di una manifestazione chiara della volontà di Dio; d’altra parte vedevo la mia povertà e i miei limiti. Passai i miei due anni di noviziato tormentato da questa tensione. Quando ebbi la risposta favorevole dei superiori per la mia scelta di missione, non provai più alcun dubbio o timore”.
Il 7 ottobre 1939, festa della Madonna del Santo Rosario, P. Luigi emise la prima professione. Poi passò a Verona per proseguire gli studi di filosofia. All’inizio dell’anno scolastico 1941-1942 fu mandato dai Superiori a Roma per studiare Teologia all’Università Urbaniana. Nel 1943 ottenne il baccalaureato. Nello stesso anno, a causa della guerra, preferì rimanere con gli scolastici di Verona, trasferiti a Rebbio di Como, per continuare con loro gli studi di Teologia. Il 7 ottobre 1944 emise la professione perpetua e il 29 giugno 1945 fu ordinato sacerdote nella chiesa di Rebbio da Mons. Alessandro Macchi, Vescovo di Como. Subito dopo fu mandato a Sulmona per l’assistenza agli aspiranti missionari della scuola apostolica. Vi rimase cinque anni come prefetto dei ragazzi e poi insegnante. Fu anche addetto all’animazione missionaria ed ebbe così occasione di percorrere tutta la regione degli Abbruzzi e Molise predicando giornate missionarie nelle varie parrocchie.
In Sud Sudan
Nel quinquennio 1946-1950, forze nuove furono destinate alla prefettura di Mupoi, in Sud Sudan, tra cui P. Luigi, che trascorse nove anni a Mupoi e quattro anni a Naandi tra gli Azande che a quel tempo erano aperti all’annuncio del Vangelo. In un’intervista a P. Cirillo Tescaroli del 1980, P. Luigi ricordava: “Vi lavorai per quasi tredici anni consecutivi, studiando la lingua, gli usi, i costumi, il carattere e la mentalità di quel popolo Azande, tra i quali la Divina Provvidenza mi aveva destinato. Il mio lavoro consisteva nell’annuncio del Regno, nella formazione dei catechisti, nella promozione delle vocazioni locali e nell’aiutare, per quanto possibile, le fasce più deboli, come gli anziani, i lebbrosi e gli ammalati”. Mupoi, il centro della prefettura, divenne presto una grande stazione con 200 fabbricati e scuole di ogni specie e livello, centri di formazione per i vari mestieri, officine, tipografia, ecc. Nel 1955 tutti i nuovi arrivati furono assegnati all’apostolato diretto. P. Luigi iniziò la formazione dei primi aspiranti allo stato religioso.
A Naandi, la missione era iniziata da poco. C’era “un popolo Azande di circa 100.000 anime da condurre a Cristo prima che altri lo seducessero per altre strade”. Questa preoccupazione era motivata dal fatto che nel Sud Sudan vi erano svariate realtà desiderose di conquistarsi le simpatie di un’etnia che attraverso la sua tradizione già credeva in un solo Dio (il “signore dei campi e della pioggia”) e nell’immortalità dell’anima. Questo popolo di pacifici agricoltori, che parlava una lingua propria, manifestava una promettente attitudine allo sviluppo. Era una delle etnie principali dell’Africa Centrale e, oltre al Sud Sudan, occupava aree dello Zaire e della Repubblica Centrafricana. L’anno prima dell’arrivo di P. Luigi, erano arrivate anche le suore. “A Natale gli Azande, venuti per la celebrazione – si legge nel diario della missione – sono una fiumana. Non ci sono più posti per dormire, perché molti sono venuti da lontano ed è tradizione che restino alla missione per alcuni giorni. Uomini e donne si sono fatti delle capanne provvisorie con erba secca raccolta nei dintorni. La novità consolante è che molti sbandati, ora ravveduti, portano le loro mogli al battesimo”. Nel 1951, Naandi aveva la sua scuola elementare maschile completa (sei classi) e quella femminile con due sole classi. Nelle scuolette c’erano 500 scolaretti in otto villaggi, con ventisette maestri.
In Italia e Spagna
Il 20 dicembre 1963, dopo aver ottenuto dal Governo di Khartoum il permesso di andata e ritorno per un periodo di vacanze in Italia, partì per Roma. Era la prima volta che rivedeva l’Italia dopo quasi quattordici anni di lavoro missionario. Purtroppo il permesso di far ritorno nel Sudan fu illusorio perché il 26 febbraio 1964 fu decretata dal governo sudanese l’espulsione generale di tutti i missionari stranieri dal Sudan meridionale. “Così anch’io rimasi espulso definitivamente, mi furono solo risparmiate le tribolazioni sofferte dai confratelli nell’espulsione”.
P. Luigi fu mandato in Spagna per dieci anni. Il 25 agosto arrivava a Madrid, assegnato alla provincia iberica per l’animazione missionaria. Il giorno dopo era a Corella, cittadina in provincia di Pamplona, come padre spirituale degli aspiranti missionari e addetto all’animazione missionaria. A Corella rimase cinque anni fino al 1970.
Poi fu destinato al noviziato di Moncada, addetto all’animazione missionaria con conferenze e incontri nei seminari, nei collegi e nelle parrocchie mediante giornate missionarie. “Rimasi a Moncada quattro anni. Furono anni d’intenso lavoro che provvidero vocazioni e un necessario sostentamento al noviziato che ospitava tre comunità con un complesso di centoventi persone tra novizi, studenti di filosofia e di teologia. Nel mese di giugno 1974, ebbi finalmente la tanto sospirata grazia e la viva gioia di far ritorno alla missione in Africa, ma nello Zaire. Il 30 giugno 1974, lasciai Moncada per recarmi a Parigi per un breve corso di lingua francese, la lingua ufficiale nello Zaire”.
Sogno i miei Azande
Intanto, il 29 giugno 1970 era tornato al suo paese natale per celebrare il 25° anniversario di ordinazione sacerdotale. In quell’occasione aveva scritto: “Sono passati venticinque anni di sacerdozio! Troppo veloci. Quali i più fecondi? Il Signore lo sa. Umanamente parlando, i miei anni più belli furono quelli trascorsi tra gli Azande, nella Prefettura di Mupoi. Vissi gli anni più ricchi di consolazione tra i miei Azande, quando passava con la sua forza conquistatrice la grazia del Signore. La mia stazione di Mupoi, al momento della nostra espulsione, era per il 95% già battezzata e la Prefettura per il 62%.
Ho visto nascere e fiorire gli Istituti indigeni delle Suore di Nostra Signora delle Vittorie (che si sono comportate eroicamente nella persecuzione araba) e dei Fratelli di San Giuseppe Operaio; ho visto prosperare il seminario che ha dato vari sacerdoti, la Legione di Maria, l’Azione Cattolica e il Piccolo Clero. Miei amici particolari furono i lebbrosi, gli infermi, i ciechi e gli anziani; queste persone sofferenti mi attiravano e andavo spesso a visitarle portando loro i Sacramenti per avvicinarle sempre più al Signore. I miei Azande mi hanno sempre amato e tuttora – a sei anni di lontananza – mi scrivono perché ritorni tra loro. Li penso sempre e li sogno. Il mio più vivo desiderio sarebbe di celebrare il 25° tra i miei Azande nel Congo o nella Repubblica Centrafricana, per terminare poi il resto della vita al loro servizio”.
In Zaire e Sud Sudan
Il 2 novembre 1974 giunse a Kinshasa, capitale dello Zaire. Dopo due mesi a Gombari, arrivò nella missione di Ngilima, fra gli Azande, dove rimase poco più di un anno ed ebbe la gioia di partecipare alla costruzione di una bella chiesa che fu inaugurata solennemente per Natale. Nel 1976 fu destinato alla missione di Duru, anche questa fra gli Azande, la più vicina al Sudan, molto più estesa e poco evangelizzata. Vi rimase poco più di un anno e mezzo. Nel 1977, fu richiamato a Ngilima. Il suo apostolato, per tre anni, fu dedicato alle visite alle cappelle della missione e all’assistenza e istruzione dei catecumeni.
Il primo gennaio 1980, lasciò la missione per un periodo di vacanze in Italia, dove partecipò a un viaggio in Terra Santa. Si recò anche in Inghilterra per rinfrescare la lingua inglese, in vista del suo ritorno in Sudan, ma poiché i permessi ritardavano, ritornò nuovamente nello Zaire, dove trascorse alcuni mesi nelle missioni di Duru e Ndedu. Nel maggio 1981 andò a Nairobi, in Kenya, dove ottenne il sospirato permesso dell’ambasciata sudanese per entrare in Sudan. Giunse felicemente a Nzara, accolto benevolmente da Mons. Yosefo Gasi, vescovo della Diocesi di Tombura-Yambio, il quale gli affidò la cura della parrocchia.
Nel mese di giugno 1982, avvertì una spossatezza generale che gli toglieva le forze fisiche per applicarsi all’apostolato. Da un controllo fatto a Nairobi, risultò che il rene sinistro era quasi del tutto fuori uso. Rientrò in Italia per l’intervento che ebbe un buon esito. Poco dopo fece ritorno a Nzara pienamente ristabilito.
“Di P. Luigi – scrive P. Pietro Ravasio – si potrebbe introdurre la causa di canonizzazione: i cristiani Azande lo consideravano un santo! La mia conoscenza e appartenenza alla stessa comunità di Nzara è limitata agli anni 1981-1987. Arrivò in agosto, io ero da solo dal 1° marzo 1980. Subito Mons. Gasi lo fece parroco di Nzara, con la responsabilità di quaranta cappelle. Nel 1980 avevo iniziato a organizzare il “Palica” (Pastoral Liturgical Catechetical Centre) diocesano. Il suo contributo fu grande perché conosceva bene la lingua e la cultura della gente.
Aveva un programma ordinato, seguiva le persone anziane, amministrava i sacramenti e animava i catechisti prima di partire per queste visite. Quando il Centro Palica fu pronto, cooperò con noi alla preparazione dei catechisti. Era un missionario senza alcun hobby o altro interesse che non fosse la missione: solo ministero e preghiera. A Nzara visitava anche l’ospedale. Aveva un solo “punto debole”, se così si può dire: un’innata ingenuità. Così i “furbi” approfittavano della sua generosità ma fortunatamente i catechisti – che conoscevano questa sua debolezza – lo tutelavano. Rimase a Nzara fino al 1990, quando insieme andammo come profughi in Centrafrica”.
Infatti, la situazione politica in Sud Sudan si era molto deteriorata a causa della guerriglia da parte del SPLA nella parte orientale dell’Equatoria. Nel novembre 1990 con un’avanzata improvvisa i guerriglieri avevano raggiunto Yambio. La gente era fuggita con ogni mezzo possibile verso la Repubblica Centrafricana. Presto anche i missionari avevano dovuto lasciare la parrocchia di notte con i mezzi che avevano a disposizione, dirigendosi prima verso Tombura e poi verso il Centrafrica.
Mentre si trovava in Italia per i Corso di Rinnovamento, P. Luigi ebbe la fortuna di partecipare al pellegrinaggio in Terra Santa, “il regalo più bello dell’anno di Grazia”, come ebbe a dire. Infatti, il 7 maggio 1995, poté celebrare la Messa del suo 50° di sacerdozio nel luogo più vicino a quello in cui Gesù aveva istituito l’Eucaristia e il Sacerdozio: il piccolo Cenacolo di Gerusalemme. Il 9 luglio celebrò l’anniversario nella chiesa della sua parrocchia e dieci giorni dopo ritornava nello Zaire, destinato alla missione di Dakwa, ancora una volta tra gli Azande. A Dakwa rimase poco più di un anno.
Tra i rifugiati sudanesi
Seguiamo ancora ciò che P. Luigi scriveva nel 1995, mentre era in Italia, sulla persecuzione in Sudan e sulle migliaia di Azande costretti ad abbandonare il loro paese per rifugiarsi nello Zaire.
“Voglio descrivere l’avventura che ho vissuto in questi ultimi quattro anni passati tra i rifugiati sudanesi nell’Alto Zaire, a circa 150 km dalla frontiera col Sudan, e precisamente in un campo che ospita circa 50.000 profughi, a quasi 15 km da Dungu. Lo Zaire, un paese in piena decadenza a causa di un governo che pensa solo ad arricchirsi e non fa nulla per il popolo, non offriva nulla a questi poveri profughi che si riparavano sotto le tettoie delle case abbandonate dagli europei o sotto gli alberi, esposti al freddo della notte e alle intemperie, e nella mancanza più assoluta di servizi igienici. Chiederete: e gli aiuti dell’ONU? Gli aiuti internazionali? Arrivano, ma quando sono a disposizione, molta gente ha avuto già il tempo di morire. È la Chiesa, sono i missionari, che si preoccupano e soccorrono in tempo utile. I nostri superiori avevano disposto una suora missionaria per il dispensario, un Fratello missionario per scavare pozzi, costruire capanne e altri luoghi di riparo per chi non poteva lavorare, come per esempio le vedove, i vecchi, e altre persone invalide. Il governo zairese aveva destinato ai rifugiati un terreno di 10 km di lunghezza per 1 km di larghezza, ma era tutto ricoperto da vegetazione, un vero e proprio bosco. Così i rifugiati si misero subito al lavoro e costruirono le capanne e i servizi igienici; cominciarono anche a coltivare i campi prima che arrivassero gli aiuti delle Nazioni Unite. I profughi erano circa 50.000; con loro c’era un sacerdote sudanese, una suora infermiera, un Fratello missionario addetto ai lavori ed io, destinato alla pastorale.
Il 16 giugno 1991 fu benedetta la prima cappella (prima si celebrava all’ombra degli alberi). In seguito furono costruite altre tre cappelle, a distanza di·3 km una dall’altra, così tutti potevano pregare e continuare a vivere la loro fede così come avevano fatto nelle missioni del Sudan. I primi due anni furono molto laboriosi, soprattutto durante la stagione delle piogge, cioè da giugno a novembre. Quasi quotidianamente visitavo i nostri rifugiati, in bicicletta, a causa delle pozzanghere. Facevo circa 30 km al giorno. Non erano ‘fatica’, ma movimento salutare e buon esercizio fisico”.
Ritorno definitivo in Italia
All’inizio di ottobre 2001, P. Luigi fu colpito da una forte malaria celebrale, per cui gli fu consigliato di curarla in Italia. Arrivò a Verona, dove cominciò la cura. Fu poi mandato ad Arco, nella nostra casa per anziani autosufficienti: “Ora mi trovo ad Arco, e continuo a essere missionario con la preghiera e l’accettazione quotidiana della volontà del Signore nella pace e di buon grado, rimanendo sempre, con il cuore e con lo spirito, in mezzo al caro popolo Zande”.
Nel febbraio del 2006 scriveva a P. Ravasio: “Accetto la volontà del Signore che mi vuole ad Arco, ma il mio spirito e il mio cuore vivono sempre nel Sudan e nel Congo e continuo il mio apostolato con la preghiera sempre più fervida e le pene di ogni giorno accettate volentieri per la salvezza della povera gente e la prosperità di quelle giovani Chiese africane”. Nel 2008 fu trasferito a Verona. P. Luciano Perina, che ebbe modo di incontrarlo, ricorda una sua frase ricorrente di quel periodo: “Questo è il tempo della preghiera, affinché il Signore continui a benedire il lavoro che abbiamo fatto quando eravamo giovani”.
P. Luigi è morto a Verona il 14 dicembre 2013.
Testimonianza di P. Alfredo Ribeiro Neres
Ho avuto la fortuna di lavorare con P. Luigi Parisi per quasi tre anni, a Ngilima. Ho un gran bel ricordo di lui. Innanzitutto, era una persona “comunitaria”. Sempre presente agli atti comunitari, gli piaceva, la sera dopo cena, stare con i confratelli e raccontare quello che aveva fatto durante la giornata, sia le cose belle, divertenti, sia le difficoltà incontrate con la gente, ecc.
Era un uomo di preghiera. Era quasi sempre il primo ad arrivare in cappella, alle sei del mattino, per la meditazione personale cui seguivano le lodi in lingala con le suore, i catechisti e altri; poi, c’era la Messa con la comunità parrocchiale, che celebravamo in lingua Zande: P. Luigi parlava e scriveva perfettamente questa lingua. Era un grande apostolo. Così lo definiva il vescovo della diocesi, ripetendo spesso: “Se avessi dieci missionari come P. Luigi in poco tempo tutti i pagani della diocesi diventerebbero cristiani”.
Non perdeva tempo: quando non pregava o non riposava, andava a parlare con la gente, con i ragazzi della scuola, a portare la comunione ai malati, a far visita alle persone anziane. Si spostava sempre in bicicletta. Gli piaceva molto andare nella foresta per la visita alle cappelle; appuntava sul suo quaderno il nome di tutti i cristiani di ogni cappella, i catecumeni, i catechisti, ecc. e, quando arrivava sul posto, faceva l’appello. Se qualcuno era assente perché ammalato, andava a trovarlo.
Da Mccj Bulletin n. 258 suppl. In Memoriam, gennaio 2014, pp. 146-154..