Lunedì 9 giugno 2024
«Nella Festa del Sacro Cuore di Gesù di quest’anno, vogliamo farci “pellegrini di speranza”: un titolo che riassume il cuore della nostra vocazione comboniana. Il Cuore di Gesù – di cui ci vantiamo di essere “figli” – ci parla di un amore che è insieme dono gratuito e forza dinamica, capace di trasformare le nostre vite e le nostre comunità». (Il consiglio generale)

La speranza è un cuore trafitto

Il mondo può cambiare a partire dal cuore
«Solo a partire dal cuore le nostre comunità riusciranno a unire le diverse intelligenze e volontà e a pacificarle affinché lo Spirito ci guidi come rete di fratelli, perché anche la pacificazione è compito del cuore. Il Cuore di Cristo è estasi, è uscita, è dono, è incontro. In Lui diventiamo capaci di relazionarci in modo sano e felice e di costruire in questo mondo il Regno d’amore e di giustizia. Il nostro cuore unito a quello di Cristo è capace di questo miracolo sociale». (Dilexit nos, 28)

Carissimi confratelli,
nella Festa del Sacro Cuore di Gesù di quest’anno, vogliamo farci “pellegrini di speranza”: un titolo che riassume il cuore della nostra vocazione comboniana. Il Cuore di Gesù – di cui ci vantiamo di essere “figli” – ci parla di un amore che è insieme dono gratuito e forza dinamica, capace di trasformare le nostre vite e le nostre comunità.

La Parola di Dio ci dice che l’amore di Dio è versato nei nostri cuori dallo Spirito Santo (Rm 5,5). La speranza – che è anche il messaggio centrale del Giubileo 2025 – nasce dall’amore e si fonda sull’amore che scaturisce dal Cuore di Gesù trafitto sulla Croce: «Se infatti, quand’eravamo nemici, siamo stati riconciliati con Dio per mezzo della morte del Figlio suo, molto più ora che siamo riconciliati, saremo salvati mediante la sua vita» (Rm 5,10).

È questo amore che ci rende missionari: non una scelta esterna, ma una forza interiore che sostiene il nostro servizio. Siamo chiamati a prendere a cuore le sofferenze degli altri, a condividere il pane della speranza con i poveri, i malati, gli esclusi. Quando il mondo sembra sopraffatto dalla guerra, dall’ingiustizia, dal cambiamento climatico o dall’indifferenza, il Cuore di Gesù ci ricorda che la vera rivoluzione parte dal cuore di chi crede.

San Daniele Comboni vide nel Cuore trafitto di Cristo la sorgente del suo impegno per l’Africa. Nella «divina vampa» che riscalda il cuore dell’apostolo troviamo il modello del missionario: umile nell’accogliere la guida dello Spirito, coraggioso nel proporre la Buona Notizia, generoso nel lasciare ogni «miserabile interesse umano» per abbracciare tutta l’umanità e fare «causa comune» con ogni persona emarginata (cf. Scritti, 2742-2753).

Essere “pellegrini di speranza” non è un titolo di facciata, ma un cammino continuo. La speranza che non delude (cf. Rm 5,5) si rinnova ogni giorno nello sguardo di chi incontra il Signore nei fratelli. Anche nelle grandi crisi – guerre che non finiscono, fame, migrazioni forzate, crisi ambientale – possiamo seminare tenerezza, costruire ponti, accogliere l’altro come dono.

I simboli dell’acqua e del sangue che sgorgano dal costato di Cristo (Gv 19,34) richiamano il Battesimo e l’Eucaristia, i sacramenti che plasmano la Chiesa. Da questo Cuore trafitto nasce una famiglia più grande a cui siamo uniti. Nel mistero pasquale troviamo la forza per rinnovare il nostro impegno: «Chi ha sete venga a me e beva… fiumi d’acqua viva sgorgheranno dal suo seno» (Gv 7,37-39).

Come san Tommaso, che toccando le piaghe di Cristo esclamò: «Mio Signore e mio Dio!» (Gv 20,28), anche noi siamo chiamati ad andare oltre la nostra abilità umana. La debolezza diventa forza quando è attraversata dall’amore redentore. Questa esperienza kerigmatica – prima, unica e fondante – è la radice dell’annuncio comboniano.

Viviamo in un’epoca segnata da divisioni e paure. Crescono i nazionalismi, si costruiscono muri, si criminalizzano i migranti. Eppure, il Cuore di Gesù ci insegna a tessere legami fraterni, a riconoscere la dignità di ogni persona e a prenderci cura del creato. Non è un’utopia: è la via concreta della carità che trasforma.

Questo Cuore non è un concetto astratto, ma una realtà da vivere. Ci invita a scelte radicali a favore dei «più poveri e abbandonati», alla corresponsabilità, a una fraternità che diventi segno di una umanità nuova. Ogni gesto di accoglienza, ogni progetto di sviluppo integrale, ogni preghiera di intercessione parte da quel Cuore e torna a lui.

Lasciamoci guidare dalle “ragioni della speranza” che sgorgano dal Cuore di Gesù per accettare con fiducia il compito di “pellegrini di speranza”, capaci di vivere il futuro come promessa e di realizzarlo come nuova fratellanza.

Il grande poeta e saggista francese Charles Péguy scrisse: «La fede che preferisco – dice Dio – è la speranza. Speranza è disabituarsi… non cadere nell’abitudine». Siamo chiamati a mantenere vivo lo stupore, a non dare per scontato il cammino di fede. Animate dallo Spirito, le nostre comunità diventino luoghi di rinascita, dove ognuno trova un senso nuovo alla propria vita. La nostra speranza è nel Cuore di Gesù. Da Lui impariamo a costruire relazioni sane e felici, e a contribuire alla nascita di un Regno di amore e di giustizia.

Carissimi confratelli, il Cuore di Gesù è sorgente inesauribile di amore e speranza. Facciamocene custodi, testimoni e operatori instancabili. Che questa festa riaccenda in noi il desiderio di essere pellegrini di speranza, capaci di costruire fraternità e giustizia, finché potremo celebrare insieme il banchetto del Regno.

Buona Festa del Sacro Cuore!
Uniti nella preghiera e nel servizio,

Il consiglio generale

Roma, 1 giugno 2025,
158° Anniversario Fondazione dell’Istituto