Il Vangelo di oggi ci racconta l’esperienza missionaria dei settantadue discepoli inviati da Gesù “a due a due davanti a sé, in ogni città e luogo dove stava per recarsi”. Dopo aver già inviato i Dodici (cf. Lc 9,1-6), ora Gesù ne invia altri settantadue. San Luca è l’unico evangelista a riportare questo episodio.

Agnelli in mezzo ai lupi

Vi mando come agnelli in mezzo a lupi”.
Luca 10,1-12.17-20

Il Vangelo di oggi ci racconta l’esperienza missionaria dei settantadue discepoli inviati da Gesù “a due a due davanti a sé, in ogni città e luogo dove stava per recarsi”. Dopo aver già inviato i Dodici (cf. Lc 9,1-6), ora Gesù ne invia altri settantadue. San Luca è l’unico evangelista a riportare questo episodio. Soffermiamoci su cinque aspetti del racconto.

1. Non più solo i dodici, ma i settantadue

Il Signore designò altri settantadue”.
Il numero 72 ha un significato simbolico: allude all’universalità della missione. Secondo la cosiddetta “tavola delle nazioni” (Genesi 10, nella versione greca dei LXX), 72 erano i popoli della terra. Alcuni manoscritti e la tradizione ebraica riportano invece il numero 70. I rabbini affermavano che Israele era come un agnello circondato da settanta lupi e ogni anno, nel Tempio, si immolavano settanta buoi per la loro conversione.

I Dodici rappresentano il nuovo Israele, le dodici tribù; i Settanta(due), invece, raffigurano la nuova umanità. Inoltre, 72 è un multiplo di 12: rappresenta quindi anche la totalità dei discepoli. La missione non è compito esclusivo degli apostoli, ma di tutto il popolo di Dio.

La Chiesa non smette di sottolineare l’urgenza dell’annuncio missionario. Ma, purtroppo, spesso con scarsi risultati. In un’epoca di rapida e drammatica scristianizzazione dell’Occidente, sembriamo preoccupati solo di conservare l’unica pecorella rimasta nell’ovile, dando per perse le altre novantanove.

2. Precursori

Li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi”.
Gesù li manda a due a due: la missione è un compito comunitario. Ma perché inviarli davanti a sé? Non dovrebbe essere Lui a precederci? Sì, il Signore ci ha preceduti, ma ora, conclusa la sua missione, inizia la nostra: preparare il suo ritorno.

Come Giovanni Battista preparò la sua prima venuta, oggi siamo chiamati a preparare la sua seconda. Non a caso, San Luca utilizza qui il titolo “il Signore”, di connotazione pasquale, e non semplicemente “Gesù”.

“Il suo nome sarà Giovanni”, disse Zaccaria. Oggi, simbolicamente, il Signore dice a ciascuno di noi: “Il tuo nome sarà Giovanni/Giovanna”. Il nome indica la missione. Questa missione si fonda su due compiti essenziali:

– Annunciare un messaggio breve e conciso: “È vicino a voi il regno di Dio”;
– “Battezzare”, non con acqua come Giovanni, ma immergendo le persone nell’amore di Dio, attraverso relazioni fraterne e cura dei più fragili: “Guarite i malati”.

Forse oggi dobbiamo invertire l’ordine: prima “battezzare” la realtà quotidiana – famiglia, lavoro, scuola, società – con l’amore di Dio; poi, a tempo opportuno, annunciare il Regno. Come suggerisce San Pietro: “Siate sempre pronti a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi” (1Pt 3,15).

3. Lupi e agnelli

Ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi”.
Le istruzioni di Gesù sulla missione sono sconcertanti. Comprendiamo l’invito alla preghiera – anima di ogni missione –, ma perché tanta insistenza sullo spogliamento del missionario?

Le immagini forti usate da Gesù mostrano che la missione si compie nella debolezza e nella povertà, sull’esempio del Maestro che “svuotò se stesso, assumendo la condizione di servo” (Fil 2,7). La missione richiede di rinunciare a ogni forma di potere umano, perché sia chiaro che è Dio ad agire. Forse è proprio la tentazione del potere all’origine dei più gravi scandali e peccati della Chiesa.

Gesù ci manda poveri – ricchi solo della fiducia in Dio – come agnelli tra i lupi. È forte, però, la tentazione di diventare noi stessi dei lupi, usando le stesse armi del nemico quando ne abbiamo l’occasione.

Le letture odierne ci mostrano il contesto spesso drammatico della missione. Isaia parla di lutto prima della consolazione; Paolo parla di croce e delle stigmate del Signore; il Vangelo parla di lupi, serpenti, scorpioni, della potenza del nemico, e del possibile rifiuto del messaggio e dei messaggeri.

Eppure, Gesù non ci invia al massacro. Ci conferisce il suo potere: “Vi ho dato il potere di camminare sopra serpenti e scorpioni e sopra tutta la potenza del nemico: nulla potrà danneggiarvi”. Così l’apostolo anticipa i tempi escatologici in cui “il lupo dimorerà insieme con l’agnello” (Is 11,6).

4. La pace

In qualunque casa entriate, prima dite: ‘Pace a questa casa!’”.
Nel contesto difficile della missione, Gesù ci invita a offrire pace. È un tema centrale in tutte le letture di questa domenica.
Dio, attraverso Isaia, promette: “Ecco, io farò scorrere verso Gerusalemme, come un fiume, la pace”. Purtroppo, oggi questo fiume sembra prosciugato. La pace è dono e responsabilità. Oggi più che mai, abbiamo bisogno urgente di “figli della pace”, come dice Gesù. Ma noi, suoi discepoli, lo siamo davvero nei nostri sentimenti, nelle parole e nelle azioni?

5. La gioia

I settantadue tornarono pieni di gioia”.
La gioia è l’altro grande tema che accomuna le letture di oggi. Essa è frutto della pace. La gioia cristiana non è quella effimera e ingannevole del mondo, né è una leggerezza superficiale che ignora il dolore e l’ingiustizia.

La gioia del cristiano convive spesso con la sofferenza e la persecuzione. Tale gioia delle beatitudini è un dono che richiede però “il coraggio della gioia” (Benedetto XVI). Si manifesta nella pace profonda del cuore, simile alla calma del mare in profondità, anche quando in superficie infuria la tempesta.

È questa la “gioia piena” che Gesù ci ha lasciato in eredità durante la cena del Suo congedo. Una gioia assicurata: “Nessuno potrà togliervi la vostra gioia” (Gv 16,22).

P. Manuel João Pereira Correia, mccj

Messi alla prova
Lc 10, 1-12.17-20

Gesù dice ai settantadue di andare nel mondo sommessamente, in particolare di non causare fastidio o disturbo alle famiglie generose che li inviteranno a entrare. Ci sono quelle che sono più che disposte ad ascoltare la Parola che questi apostoli porteranno. Ogni straniero può essere un “figlio della pace” che accoglierà volentieri una pace più perfetta. Gesù parla di messe.

Nella Bibbia si parla spesso della vita del mondo che continua come di un tempo di semina e di raccolto, di coloro che seminano e coloro che mietono, accudendo entrambi la prosperità donata da Dio. Alcuni non sono ancora pronti a ricevere la Parola e sono addirittura infastiditi dal solo menzionarla. In entrambi i casi, la vera santità si è avvicinata a loro, li ha messi alla prova e ha fatto scoprire loro chi sono. Nessuno può esentarsi dall’esistere in una relazione rivelatrice con il Regno dei Cieli e il suo lavoro paziente e deliberato in mezzo a noi. Si sa che accogliere la sua presenza mette a tacere molti demoni.
Marilynne Robinson – L’Osservatore Romano

La ‘carta di ingaggio’ per una missione senza frontiere

Isaia 66,10-14; Salmo 65; Gàlati 6,14-18; Luca 10,1-12.17-20

Riflessioni
Gesù è in viaggio: cammina con ferma decisione verso Gerusalemme (Vangelo di domenica scorsa). Si tratta di un viaggio missionario e comunitario, carico di insegnamenti per i discepoli. Gesù aveva già inviato in missione i Dodici (Lc 9,1-6). A breve distanza di tempo, Luca (Vangelo) narra la missione dei 72 discepoli: “Il Signore designò altri settantadue discepoli e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi” (v. 1). La ‘carta di ingaggio’ e le istruzioni per i due gruppi di missionari -per i 12 apostoli e i 72 discepoli - sono praticamente le stesse. Sorprende quindi questa vicinanza e duplicità, come a sottolineare l’urgenza e la vastità della missione.

Chi erano e chi rappresentano i 72? Questo numero ha un significato simbolico, che riporta alla totalità della missione: 72 (o 70, a seconda dei codici) erano i popoli della terra, secondo la ‘tavola delle nazioni’ (Gen 10,1-32); altrettanti erano gli anziani di Israele. Inoltre, 72 è un numero multiplo di 12, per cui viene ad indicare la totalità del popolo di Dio. La missione, quindi, non è compito solo di alcuni (i 12 apostoli), ma anche dei laici. Questi numeri parlano di una missionarietà diffusa, un coinvolgimento di tutti: perché la missione è universale nella sua origine, estensione e destinatari.

Le istruzioni sono molteplici e tutte significative, nello stile della missione nuova che Gesù ha inaugurato. Sono istruzioni sempre valide, anche per noi e per i futuri evangelizzatori.

- “Li inviò” (v. 1): l’iniziativa della chiamata e dell’invio è del Signore, padrone della messe; ai discepoli corrisponde la disponibilità nella risposta.

- A due a due: a gruppetti; occorre essere in comunione almeno con un’altra persona, perché la testimonianza sia credibile. Così andarono Pietro e Giovanni (At 3-4; 8,14); Barnaba e Saulo, inviati dalla comunità di Antiochia (At 13,1-4). L’annuncio del Vangelo non è lasciato all’inventiva solitaria di una persona, ma è opera di una comunità di credenti. Sia pure piccola, come nel caso dei genitori, primi educatori della fede dei loro figli. L’impegno di annunciare il Vangelo assieme ad altri non è solo una questione di maggiore efficacia, ma perché il farlo assieme è evento, espressione di comunione e garanzia della presenza del Signore: “Dove sono due o tre… lì sono io in mezzo a loro” (Mt 18,20).Si crede e si testimonia la fede assieme. La tua fede aiuta la mia fede, e viceversa.

- Li inviò davanti a sé...: sono portatori del messaggio di un’altra persona; non sono proprietari o protagonisti, sono precursori di Qualcuno che è più importante, che verrà dopo, per la cui venuta essi devono preparare le menti e i cuori dei destinatari, che sono ovunque.

- “La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai!” (v. 2) Ci vogliono più operai! Oggi la situazione è la stessa di ieri. Le sfide della missione variano secondo i tempi e i luoghi, ma sono sempre ugualmente esigenti. E quindi valgono anche oggi le stesse soluzioni che Gesù proponeva allora.

- “Pregate...andate...” (v. 2-3): la soluzione che Gesù offre è duplice: “Pregate... e andate...”. Pregare per vivere la missione in sintonia con il Padrone della messe, perché la missione è grazia da implorare per sé e per gli altri. E andare, perché in ogni vocazione, comune o speciale, il Signore ama, chiama e invia. “Pregare e andare”: due momenti essenziali e irrinunciabili della missione. (*)

- Il messaggio da portare è duplice: il dono della pace (Shalom) nel senso biblico più completo, per le persone e le famiglie (v. 5); e il messaggio che “è vicino a voi il regno di Dio” (v. 9.11). Il Regno di Dio si costruisce e si sviluppa nella storia; il Regno è anzitutto una persona: Gesù, pienezza del Regno. Chi Lo accoglie trova la vita, la gioia, la missione: Lo annuncia a tutta la famiglia umana.

- Lo stile della missione di Gesù e dei discepoli è l’opposto di quello dei potenti di turno, degli agenti di commercio o delle multinazionali. L’efficacia della missione non dipende dai soldi e dall’organizzazione, non si basa sulla volontà di dominio e la cupidigia (cose da lupi: v. 3), ma sulla proposta umile, rispettosa, disarmata, nonviolenta, libera da sicurezze umane (borsa,sandali, v. 4). La missione si prende cura dei deboli (malati, v. 9); è offerta nella gratuità, senza ricercare ricompense (v. 20) o adesioni forzate.

- Il Vangelo di Gesù è messaggio di vita vera, perché invita a affidarsi soltanto a Dio, che è Padre e Madre (I lettura); e a fidarsi di Cristo crocifisso e risorto (II lettura) per la salvezza di tutti.

- Gli operai sono pochi, poveri e deboli di fronte a un mondo immenso; Paolo trova forza solo nella croce di Cristo (v. 14). Sono segni e garanzia che il Regno appartiene a Dio, che la missione è Sua.

Parola del Papa

(*)“Gesù non è un missionario isolato, non vuole compiere da solo la sua missione, ma coinvolge i suoi discepoli. Oltre ai Dodici apostoli, chiama altri settantadue, e li manda nei villaggi, a due a due, ad annunciare che il Regno di Dio è vicino… Forma subito una comunità di discepoli, che è una comunità missionaria. Subito li allena alla missione, ad andare… Lo scopo è annunciare il Regno di Dio, e questo è urgente! e anche oggi è urgente!... Bisogna andare e annunciare… Quanti missionari fanno questo! Seminano vita, salute, conforto alle periferie del mondo. Che bello è questo!... Vivere per andare a fare il bene!... A voi, giovani, a voi ragazzi e ragazze vi domando: avete il coraggio di sentire la voce di Gesù? È bello essere missionari!”
Papa Francesco
Angelusdi domenica 7 luglio 2013

P. Romeo Ballan, MCCJ

Rallegratevi perché i vostri nomi sono già scritti nei cieli

Is 66,10-14; Salmo 66; Gal 6,14-18; Lc 10,1-12.17-20

Domenica scorsa abbiamo ascoltato Gesù che rispondeva a chi lo voleva seguire e chiamava altri a stare con lui. Oggi lo contempliamo mentre manda coloro che gli hanno risposto a preparare il suo arrivo in altri luoghi. Chi ha accettato di stare con lui accetta pure di allontanarsi da lui per aiutare altri ad accoglierlo. A chi lo voleva seguire o accettava la sua chiamata egli raccomandava di non desiderare null’altro che lui. Ora, quando li manda, dice ancora che devono essere liberi da qualunque desiderio, sia di ricchezza, che di comodità e di considerazione da parte degli uomini. Il compito che egli affida loro è nuovo: lo devono realizzare in comunione, a due a due, in modo da esercitarlo impegnati ad amarsi l’un l’altro, offrendo così la Parola di Dio contemporaneamente alle orecchie e agli occhi di chi li incontrerà.

L’obbedienza a Gesù poi deve cominciare con la preghiera e svolgersi in preghiera. Il Signore esorta infatti i discepoli a pregare il Padre di inviare anche altri per svolgere lo stesso loro lavoro. In questo modo in essi rimane viva la coscienza di essere non protagonisti, bensì solo collaboratori di Dio; e non prenderà spazio nel loro cuore nessuna forma né di gelosia né di invidia verso chi venisse mandato ancora a lavorare nel Regno del Signore. La preghiera li terrà inoltre costantemente attenti alla propria vita interiore, per essere in rapporto con il Padre e dare il primato sempre a lui. La preghiera li aiuterà anche a non scoraggiarsi e nemmeno spaventarsi qualora incontrassero difficoltà. Questa infatti è la seconda cosa che Gesù dice loro: saranno “come agnelli in mezzo a lupi”. Non si aspetteranno successi immediati, anzi saranno pronti a dare testimonianza a Gesù crocifisso. Se apparirà all’orizzonte la croce, non si ritireranno dal loro compito, ma lo continueranno con fede, sapendo che è Dio che dà la vita ed è lui che salva gli uomini dalla condanna. “Come agnelli in mezzo a lupi”: quest’espressione prepara gli apostoli, e prepara noi, a ubbidire a Dio senza minimamente pensare a chiedere consiglio agli uomini su come si deve ubbidirgli. Serviamo gli uomini annunciando Gesù, e Gesù crocifisso, come ci testimonia San Paolo. Questo è un annuncio che agli uomini talora non piace, li scuote e li fa reagire anche con violenza. Noi annunceremo Gesù con verità e pazienza, e con la libertà di chi è pronto a soffrire senza resistere ad eventuali opposizioni.

Il Signore dà altre indicazioni ai predicatori del vangelo: dovranno essere poveri, e non sognare ricchezze: la Parola di Dio ha in se stessa la forza e la verità per donare vita a quanti l’ascoltano. Ciò che il mondo apprezza diviene impedimento all’accoglienza del vangelo, o lo fa ritenere qualcosa di umano: alla prima difficoltà sarà rifiutato o annacquato.

Finalmente Gesù dice qual è il compito dei suoi inviati: rivolgeranno la parola a chi incontrano, una Parola che sia quella di Dio. “Prima dite: Pace a voi”, dice Gesù. “Pace a voi” è lo stesso saluto con cui lui, risorto, incontrerà gli stessi apostoli. Ma non è solo un saluto: potremmo dire che è il riassunto di tutto quello che essi dovranno comunicare. Comunicheranno l’amore di Dio, con le parole sì, ma anche con l’attenzione e la cura agli ammalati e a quanti soffrono. Il loro compito è realizzazione delle profezie, anche di quella che oggi abbiamo ascoltato da Isaia: è un compito di amore in tutte le dimensioni, è portare Dio a contatto con gli uomini per donare loro vita e gioia in abbondanza. Per questo essi devono essere staccati da se stessi, noncuranti persino della propria soddisfazione, perché l’amore del Padre è sempre gratuito, libero, santo.

Noi stiamo attenti a quanto Gesù dice ai settantadue discepoli, perché questa esortazione sarà patrimonio di tutta la Chiesa, e noi tutti, membra del Corpo di Cristo, partecipiamo, in gradi e modi diversi, allo stesso ministero. Tutti siamo incaricati di rendere vero ed attuale, a parole e in opere, il saluto “Pace a voi”! La Chiesa non si diffonde e non si sviluppa per l’opera dei soli apostoli, dei vescovi e sacerdoti, ma per la testimonianza di tutti i cristiani. Tutti ascoltiamo perciò con attenzione anche questo insegnamento del Signore.

Gli inviati poi tornano a consegnare a Gesù quanto hanno compiuto in parole ed in opere. Gesù apprezza il loro operato, ma vuole che essi non siano contenti di quanto hanno fatto. Aveva già detto infatti che chi lavora all’aratro non deve volgersi indietro. Per questo dice loro: unico motivo di gioia e soddisfazione per voi è che siete amati dal Padre anche voi, e non solo coloro cui voi avete portato il suo amore. E voi siete amati dal Padre anche qualora tutto il vostro lavoro fosse svolto invano, anche non ci fosse stato nessuno che ha accolto il vostro annuncio per essere salvato.
Don Joseph Ndoum