P. Giuseppe Forlani era nato a Romano Lombardo, provincia di Bergamo, il 6 gennaio 1932. Entrato dai Missionari Comboniani, nel 1950, quando era ancora novizio, fu mandato negli Stati Uniti per continuare la sua formazione a Cincinnati, Ohio, dove studiò filosofia e teologia al seminario di St. Mary of the West. Fu ordinato sacerdote il 25 maggio 1958 nella cappella del Seminario del Sacro Cuore (attualmente, Comboni Mission Center) per mano del vescovo comboniano di Esmeraldas (Ecuador), Mons. Angelo Barbisotti. Dopo l’ordinazione, P. Giuseppe insegnò nel seminario e lavorò nelle parrocchie comboniane del West End, a Cincinnati, mentre conseguiva il Master in Storia presso la Xavier University.
Etiopia-Eritrea e Stati Uniti
Dopo quattro anni di ministero negli Stati Uniti, nel 1963 P. Giuseppe fu assegnato alla provincia dell’Etiopia-Eritrea. Insegnò al Comboni College di Asmara, in Eritrea, prima di trasferirsi al Sud dell’Etiopia, al servizio del vicariato di Hawassa come sovrintendente delle scuole cattoliche e amministratore e segretario del vescovo. P. Giacomo Bellini, che aveva studiato con lui a Cincinnati e lo aveva incontrato di nuovo come compagno missionario in Etiopia, ricorda P. Giuseppe come un missionario brillante, sincero e deciso, su cui si poteva contare per la sua determinazione e lealtà.
Ecco come lo stesso P. Forlani descriveva quel periodo: “Nell’anno 1963 fu aperto il seminario minore comboniano a Decamere. Tra i primi studenti c’erano P. Tesfamariam e l’Eparca di Asmara, Mons. Mengesteab Tesfamariam. L’anno dopo fummo invitati dal Nunzio Apostolico a prendere la vecchia missione di Negelli con sede a Hawassa, capitale della provincia Sidamo. Per dieci anni mi dedicai alla direzione e all’insegnamento: sette anni in Asmara e tre in Hawassa, sempre sostituendo P. Ravasio. Una successione facile perché P. Ravasio è sempre stato un buon organizzatore. Il mio compito era quello di migliorare i risultati degli esami governativi dopo il sesto e l’ottavo grado. Negli ultimi due anni, sia in Asmara che in Hawassa, tutti gli studenti presentati superarono bene tali esami. Da notare che il buon nome della scuola dipendeva dai risultati di questi esami. Naturalmente i miei metodi erano un poco dittatoriali...”.
Ci fu poi l’anno di aggiornamento. P. Forlani era pronto per ripartire quando P. Tarcisio Agostoni decise di rispedirlo negli Stati Uniti per riaprire il noviziato a Yorkville, nell’Illinois. Fece di tutto per sottrarsi a quell’incarico, ben consapevole di essere intransigente e quindi poco adatto a stabilire un rapporto di amicizia con gli studenti. Lavorò come maestro dei novizi per due anni; era severo ma giusto e ottenne anche ottimi risultati. Nei due anni seguenti fu vice-parroco di S. Alberto Magno, a Compton, in California, una numerosa e complessa comunità parrocchiale afro-americana a sud di Los Angeles, in una zona di conflitti razziali, tesa e divisa. Il suo atteggiamento pratico, lo aiutò a inserirsi nella difficile situazione.
Vent’anni in Ecuador
Ben presto rispuntò in lui il desiderio di servire nelle missioni e così, prima della fine del 1980, si trovò in Ecuador. Vi rimase per 20 anni, servendo in luoghi primitivi ed esigenti lungo la costa del Pacifico, nella diocesi di Esmeraldas. Era al servizio della popolazione afro-ecuadoriana e dei gruppi indigeni che vivono lungo i fiumi e nei boschi di quella zona remota.
Ha scritto P. Rafael Ponce, provinciale: “I vent’anni di vita missionaria di P. Giuseppe in Ecuador e Colombia (all’epoca costituivano una provincia) possono essere riassunti in tre parti: servizio pastorale, animazione missionaria ed economo provinciale.
In primo luogo ha dato il suo cuore e l’anima alla gente di Atacames, una pittoresca cittadina sulla costa del Pacifico non lontano da Esmeraldas, un luogo che ha sempre ricordato con affetto. Mentre era lì, a un certo punto gli è stato chiesto di diventare segretario del vescovo.
Nella sua seconda fase ha fatto esperienza della nostra presenza missionaria nella vicina Colombia, sia a Cali che a Bogotá. È ancora ricordato per la totale dedizione nel compito affidatogli, le sue visite ai gruppi parrocchiali e l’amicizia con molti parroci.
P. Giuseppe fu poi chiamato a Quito, capitale dell’Ecuador, per prendersi cura delle finanze della provincia. Erano momenti difficili, essendo stato chiamato a provvedere alle molteplici esigenze delle missioni tra i poveri in un paese in bancarotta. Riuscì a risparmiare il più possibile e a tenersi in stretto contatto con i benefattori.
Fu in quel periodo che P. Giuseppe cominciò a soffrire per i disturbi di una malattia che gli avrebbe causato costanti sofferenze ad un orecchio fino a danneggiargli le corde vocali. La sua lunga e paziente sofferenza e rassegnazione alla volontà di Dio sono state di esempio a tutti quelli che lo conoscevano”.
Gli ultimi anni
Ritornò negli Stati Uniti nel 2000 e, grazie alla sua conoscenza della lingua spagnola, fu una grande risorsa nelle parrocchie comboniane del South Side di Los Angeles. La sua salute, tuttavia, gli dava ancora problemi. Subì un intervento chirurgico, ma a poco a poco perse gran parte dell’uso delle corde vocali, fino a quando non poté più esercitare il ministero pubblico. Come sempre, accettò questo sacrificio senza lamentarsi e trascorse i suoi ultimi anni negli Stati Uniti, con la sua presenza allegra e attenta, nella comunità comboniana di Covina, California.
Non potendo più predicare, era sempre pronto ad ascoltare le confessioni, sia nelle parrocchie vicine che a casa, dove molte persone venivano a cercare un suo consiglio. Poi arrivò il momento in cui non si sentiva più sicuro di guidare e accettò serenamente di perdere gran parte della sua autonomia. Riportiamo il ricordo personale di Roxanne Schorbach, responsabile del Covina Mission Center e amico di lunga data dei Comboniani, che riassume le molteplici sfaccettature della personalità di P. Giuseppe. “Era nato il 6 gennaio, festa dell’Epifania. Ogni anno, quel giorno, i bambini della seconda elementare della scuola Sacro Cuore venivano a piedi al nostro Centro Missionario con i loro insegnanti, i genitori e un piccolo carro pieno di dolci e regali. I bambini avevano sulla testa delle corone di carta e ne facevano indossare una anche a P. Giuseppe. Alla fine, cantando “buon compleanno”, gli consegnavano un enorme biglietto disegnato da loro, sul quale avevano scritto tutti i loro nomi. Ogni anno P. Giuseppe aspettava con gioia quel momento e accoglieva tutti con un grande sorriso sul volto!”.
P. Giuseppe era famoso perché “diceva le cose come stavano” e, con un fare tranquillo, tirava fuori qualche battuta che spesso coglieva di sorpresa le persone. Era molto perspicace e attento. Da giovane, era stato piuttosto severo con gli studenti, ma negli ultimi anni si era molto addolcito. Era una gioia averlo attorno. È stato difficile, nell’ottobre 2014, dirgli addio… ma voleva tornare a “casa” per i suoi ultimi giorni. Quell’anno, infatti, P. Giuseppe aveva chiesto e ottenuto di ritirarsi nel suo paese natale.
Ha trascorso i suoi ultimi giorni nel Centro Ammalati di Milano, dove è morto il 30 novembre 2016, dopo una vita piena e gratificante da vero, laborioso e fedele figlio di san Daniele Comboni.
Da Mccj Bulletin n. 270 suppl. In Memoriam, gennaio 2017, pp. 180-184.