In Pace Christi

Coronella Pietro

Coronella Pietro
Data di nascita : 02/07/1936
Luogo di nascita : Casal di Principe/I
Voti temporanei : 09/09/1958
Voti perpetui : 09/09/1960
Data ordinazione : 18/03/1961
Data decesso : 04/05/2019
Luogo decesso : Castel d'Azzano/I

P. Pietro era nato a Casal di Principe (Caserta), diocesi di Aversa, il 2 luglio 1936, quarto di otto fratelli e due sorelle. A 12 anni entrò nel seminario minore di Aversa, poi passò al seminario maggiore di Salerno e, dopo la terza liceo, decise di farsi missionario.

Entrato fra i Comboniani, emise i primi voti a Gozzano il 9 settembre 1958 e i voti perpetui nello Scolasticato di Venegono il 9 settembre 1960. Fu ordinato sacerdote a Milano il 18 marzo 1961.

Nell’agosto del 1962 partì per il Libano per studiare arabo a Bikfaya, presso i Gesuiti. Nel settembre del 1963 fu destinato al Sudan, alla scuola di Khartoum North, come insegnante. Nel 1965 andò a Wad Medani come coadiutore, addetto a Kosti, dove qualche anno dopo si trasferì come superiore e parroco.

A Kosti

“Nel febbraio 1964, dopo una perquisizione della polizia e la proibizione di qualsiasi tipo di riunione in casa, P. Adamini ritiene saggio andare a Khartoum. Da Wad Medani, capoluogo della provincia, P. Castagnetti chiede spiegazioni al Town Clerk (segretario municipale) di Kosti il quale, fingendo di non sapere nulla dell’accaduto, riconosce appieno il diritto dei cristiani a radunarsi per pregare. Finalmente, nel gennaio 1965, P. Castagnetti riapre la casa e il suo coadiutore, P. Pietro Coronella, comincia a compiere visite che si protraggono per 4-5 giorni; poi vi si trasferisce definitivamente come parroco, accolto trionfalmente. Egli visita gruppi di cristiani in città e nei villaggi più vicini. Suo aiutante è il catechista David Kilonga. Nel 1971, nel quartiere di Redif, che è il più povero, P. Coronella apre una scuola di tre classi. Attorno a Kosti stanno sorgendo industrie: a Rabak, sulla sponda opposta, un cementificio e un oleificio; ad Assalaya uno zuccherificio; a Kenana un altro zuccherificio gigantesco, alimentato da un comprensorio di mezzo milione di ettari coltivati a canna da zucchero. Anche là si formano presto nuclei di cristiani. Coronella viaggia incessantemente: prende in affitto una o anche due case a Dueim, a Gebelein e a Tendelti. Dappertutto il numero di cristiani del Sud è in aumento. In novembre gli viene in aiuto il confratello José Parladé Escobar e in dicembre una comunità di tre suore comboniane. Kosti diventa una città sempre più grande e importante, e anche la comunità cristiana è in continuo aumento. Nel 1972 P. Coronella inizia e segue per un anno intero le pratiche per ottenere un nuovo terreno, un lotto di 10.000 metri quadrati nel quartiere Qoz. Gli danno buone speranze, ma all’ultima firma il lotto viene ridotto a 5.400 metri quadrati. Fr. Girolamo Fortuna, noto come ‘Momi’, costruisce tutti i fabbricati. Il 22 aprile 1973 il nunzio apostolico Mons. Ubaldo Calabresi pone la prima pietra della chiesa; a Natale già vi si celebra la festa, anche se manca il pavimento. Fr. Ragnoli decora la chiesa con pitture che alcuni definiscono astruse. Il 28 aprile 1974 il vicario apostolico Baroni la consacra. Quell’anno Kosti ha un nuovo parroco, P. Mario Castagnetti” (da La missione del cuore, Giovanni Vantini, EMI 2005).

Infatti, P. Coronella era stato richiamato in Italia, a Pesaro, dove rimase tre anni come superiore locale e incaricato dell’animazione missionaria.

Ritornato in Sudan nel 1977, fu nominato rettore del seminario minore S. Agostino e superiore della comunità del Welfare Centre di Khartoum e più tardi parroco di Omdurman. Rimase a Khartoum fino al 1989, anno in cui rientrò in Italia e fu mandato a Casavatore, per tre anni.

Dalle sponde del Nilo… al golfo più bello

Era il titolo della lunga lettera che nel 1991 P. Pietro scriveva sulle pagine di Azione Missionaria: “Sono rientrato, non senza grande nostalgia, dal Sudan dove in diverse missioni ho speso quasi 25 anni della mia vita missionaria… Fino a 20 anni seminarista diocesano di Aversa, poi, assecondando la chiamata del Signore, completai la mia formazione missionaria tra i Comboniani… Ordinato sacerdote nel 1961, dopo un anno di pastorale in Italia, dal porto di Napoli partimmo in quattro per il Libano, dove con i P. Gesuiti seguimmo il corso di lingua araba. Fu un’esperienza molto impegnativa che ci aiutò a capire tradizioni e cultura del mondo orientale con la sua originale diversità e dove si rende più comprensibile il mondo della Bibbia. Dopo aver messo la basi della cultura e lingua araba, un anno dopo fummo chiamati dai Superiori a proseguire per la missione del Sudan. Lungo il Nilo tanti missionari avevano viaggiato e sacrificato la loro vita… Noi, al nostro rientro abbiamo avvertito l’urgenza di donare il nostro servizio missionario anche alle nostre Chiese, quelle dalle quali eravamo partiti”.

P. Pietro lasciò nuovamente l’Italia per il Sudan nel 1994 e vi rimase fino al 2010. Rientrato in Italia per problemi di salute, dopo un anno a Lucca, nell’animazione missionaria, andò prima a Milano e poi, dal 2015, a Castel d’Azzano, nel Centro Fr. A. Fiorini.

Missionario intrepido e intraprendente

P. Pietro è deceduto il 4 maggio 2019 nella comunità di Castel d’Azzano, dopo una dozzina di giorni trascorsi in terapia intensiva. Aveva 82 anni. Martedì 7 maggio c’è stato il funerale e il giorno seguente è stato seppellito al suo paese, Casal di Principe (Caserta). La celebrazione del funerale è stata presieduta da P. Carlo Plotegheri che lo conosceva dai tempi del Sudan.

P. Carlo lo ha definito un “missionario intrepido e intraprendente”. Durante l’Eucaristia altri gli hanno reso omaggio sottolineando diversi aspetti della sua vita e attività missionaria. Ne è venuto fuori un bel bouquet di caratteristiche tipicamente comboniane. Cerchiamo di accennarne alcune.

1. Amico dei poveri. Aveva un’attenzione particolare per i poveri, cercava di aiutarli e di coinvolgere altri in questo servizio. Quando era parroco a Omdurman, questa sensibilità verso i più bisognosi lo portò a prendere l’iniziativa di invitare le suore di Madre Teresa a venire a stabilirsi in Sudan. Riuscì nell’impresa, malgrado lo scetticismo di molti e dello stesso vescovo, che dubitavano del fatto che Madre Teresa avrebbe accettato un tale invito. Dopo Omdurman, le fece venire anche a Port Sudan e a El Obeid. Lui stesso si occupò di preparare la casa per le suore e si diede da fare perché stessero bene e potessero svolgere la loro missione nelle migliori condizioni. Anni dopo Madre Teresa venne in Sudan a visitare queste comunità.

P. Carmine Calvisi ricorda che P. Antonio Valdameri gli aveva inviato un’offerta per un progetto in favore delle ragazze madri. P. Pietro l’accettò e costruì per loro una casa a Omdurman, cosa che suscitò un po’ di critiche.

2. Missionario intraprendente. Per questo, veniva regolarmente inviato a cominciare nuove missioni o a ridare vita a quelle un po’ deboli. Da una sola parrocchia a Omdurman ne sono nate altre cinque… frutto del suo lavoro e della sua dedizione. A Omdurman creò moltissimi centri di preghiera: ad un certo punto erano 18. Vi era un catechista, una casa, un pezzo di terra e la gente intorno che veniva a pregare.

3. Uomo di preghiera. P. Calvisi dice che nelle sue attività “P. Pietro si preparava prima con la preghiera, poi scriveva, lavorava e presentava le sue richieste al governo, che in genere accettava le sue proposte. E così collaborava all’estensione del Regno di Dio”. Amava la Madonna. Qui a Castel D’Azzano portava sempre con sé il rosario.

4. Come animatore missionario, nel suo apostolato cercava di coinvolgere altre persone.

5. Coinvolto nella sofferenza. Come capita ad ogni missionario, anche P. Pietro ebbe i suoi momenti di sofferenza e sacrificio. P. Giancarlo Ramanzini ne ricorda uno particolarmente importante e significativo: “Nel 1983 il presidente Nimeiry aveva introdotto in Sudan la legge islamica, la sharia. Se due persone venivano sorprese insieme in una capanna e non erano sposate civilmente, venivano condannate secondo la legge islamica. Una coppia che P. Pietro aveva sposato in chiesa, fu scoperta e messa in prigione. Con l’aiuto di P. Pietro, portai il documento che testimoniava che i due erano sposati in chiesa, ma non servì a nulla e P. Pietro fu messo in prigione per tre giorni per falsa testimonianza. Nella prigione vi era un mistico musulmano, Mahmud Taha, contrario all’introduzione della sharia per i non musulmani e condannato a morte. L’ultima notte – è la testimonianza di P. Pietro – Mahmud Taha non fece altro che parlare di Dio Padre, Figlio e Spirito Santo. Parlava di Dio misericordia, Parola e Spirito. Pietro raccolse la testimonianza di questo mistico musulmano che nella sua ultima notte parlava della Santissima Trinità… Il mattino seguente fu impiccato sulla pubblica piazza…”. (P. Manuel João Pereira Correia)

La testimonianza di P. Rino Rufini

P. Pietro è stato un grande missionario, il suo nome può essere scritto a lettere maiuscole. P. Giovanni Vantini nel suo libro sui Comboniani in Sudan (La missione del cuore), gli ha dedicato una pagina.

Grande, perché ha saputo fare ed era santo lui stesso. Ha trascinato tanta gente dietro di sé per aiutarlo nelle sue opere missionarie. Se dovessi rappresentarlo come missionario, lo rappresenterei come una stella cometa. La punta è lui, seguito da innumerevoli benefattori e benefattrici. Grazie a loro ha potuto fare molte cose per la carità.

Ho lasciato il Sudan nel 2001 e ci siamo incontrati di nuovo qui a Castel d’Azzano. La prima volta che l’ho visto, era su una carrozzina, un po’ malmesso e mi sono detto: devo fare qualcosa per aiutarlo, per prendermi cura di lui. E da quel giorno ho fatto il possibile: un’ora insieme per pregare il breviario o leggere le letture della Messa. Attraverso il “tablet” potevamo leggere e ascoltare il breviario e le letture della Messa. Pretendevo da P. Pietro il maggiore sforzo possibile per migliorare la sua situazione sanitaria e le sue facoltà intellettive. Qualcosa siamo riusciti a fare.

Qui tutti sanno di un hobby di P. Pietro, la lettura. Quando era nella sala di animazione si metteva vicino allo scaffale dei libri e stava lì a leggere per ore. Non poteva stare senza far nulla. Anche in chiesa prendeva un libretto e continuava a leggere. Prendeva il libro dei canti, il “suo”, riconosciuto perché all’interno vi era come segnalibro l’opuscolo su P. Giuseppe Ambrosoli, “L’uomo di Dio che guarisce”. Mi aspettavo che in questi ultimi giorni P. Ambrosoli lo guarisse… mentre il Padre di tutti, il Padre nostro, che tutti ci ama, aveva un’altra idea particolare su di lui. Ringraziamo il Signore per quello che ha fatto e per come ha voluto portarlo nella sua casa. Vorrei dire una parola a Pietro direttamente: Tra poco ci incontreremo di nuovo nella casa del Padre. Sono più vecchio di te e vorrei farti una promessa e chiederti un servizio. La promessa è che in questo poco di tempo che mi resta di vita non ti dimenticherò. Ma tu devi farmi un servizio. Quando ti sei presentato alla casa del Padre avrai trovato S. Pietro, la Madonna, Gesù, il Comboni, santa Teresa di Calcutta e certamente anche P. Giuseppe Ambrosoli. Ti chiederei che in questo tempo che mi resta della mia vita, mi aiuti a salire quel poco che mi resta della santa montagna. Poi, quando mi presenterò anch’io alla porta, insieme a quelli che hanno accolto te, vorrei che anche tu sia lì per aiutarmi a dare l’ultima spinta per entrare anch’io nel regno dei cieli.
Da Mccj Bulletin n. 282 Suppl. In Memoriam, gennaio 2020 pp. 53-58
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