P. Giuseppe Detomaso nasce il 31 gennaio 1942, primogenito della famiglia Detomaso, a Pieve di Livinallongo, sulle pendici settentrionali della Marmolada, la regina delle Dolomiti, montagne che, fin da ragazzo, ama ed è solito scalare. Lo farà anche da giovane seminarista, durante le vacanze in famiglia. È dalla sua famiglia e dall’ambiente montano che riceve – e coltiverà sempre – un grande amore e rispetto per la natura. Anche in Etiopia, continuerà a fare lunghe passeggiate tra le montagne di quello stupendo paese.
Allo scoppio della Seconda guerra mondiale, il padre di Giuseppe è chiamato a prestare servizio militare in Russia, lasciando mamma Caterina sola a curarsi della famigliola, costretta a vivere per anni nella più estrema povertà. Solo nel 1948, tre anni dopo la fine del conflitto, il papà farà ritorno a casa, molto provato nella salute. La famiglia si ricompone e cresce di numero, ma il padre rimarrà sempre malaticcio, durante i pochi anni che gli restano da vivere.
Terminate le scuole elementari, Giuseppe entra nel seminario comboniano di Trento, poi frequenta le scuole medie a Padova e le superiori a Carraia (Lucca). Nel 1962, entra in Noviziato a Gozzano, dove emette i primi voti nel 1964. Poi passa allo scolasticato di Verona, dove fa la professione religiosa perpetua nel settembre 1967. Il 26 giugno 1968 è ordinato sacerdote.
Vorrebbe spiccare subito il volo verso l’Africa, ma i superiori lo trattengono in Italia e lo assegnano alla comunità di Pordenone, per l’animazione missionaria. Lì approfondisce la sua preparazione per un futuro incarico africano, seguendo un corso di infermieristica di base. Nel 1970 è nel seminario minore di Asti come formatore.
Nel 1971, gli viene data la luce verde per l’Etiopia. Va in Inghilterra per apprendervi l’inglese. In ottobre 1972 è ad Addis Abeba dove frequenta un corso di lingua amarica. All’inizio del 1973 è assegnato alla missione di Dilla, dove si occupa principalmente della direzione della scuola cattolica.
Dal 1986 inizia per padre Giuseppe un periodo di più intensa attività pastorale in varie missioni, spesso come superiore della comunità comboniana e/o parroco, a volte responsabile della scuola cattolica. A un certo punto, sembra quasi che i superiori abbiano deciso di assegnargli il tacito incarico – più volte rinnovato – di aprire, preparare e consegnare missioni ad altri confratelli o sacerdoti locali. L’elenco è alquanto lungo: Hawassa, Dongora, Tullo, Arosa, Xexichcha, Daye… Nel 2020, ormai malato di cancro alla prostata, padre Giuseppe è di nuovo ad Hawassa.
Nella sua scheda figurano tantissimi nomi di missioni e altrettante date. Potrebbe sembrare una lunga e arida e lunga serie di nomi di luoghi e date. Ma non è affatto così. Dentro c’è tutta la passione di padre Giuseppe e il suo immenso desiderio di annunciare Cristo ai fratelli e sorelle etiopici, mostrando loro cosa accade quando Cristo diventa il centro della vita di qualcuno.
Ha fondato missioni, costruito scuole, aperto sale e centri parrocchiali, case per missionari e suore, cappelle, chiese, dispensari, ospedaletti… Ha portato cibo in zone colpite dalla siccità e carestia, e curato malati. Ha scavato pozzi e portato elettricità dove non c’erano. Ha diretto scuole, creato comunità cristiane, animato e battezzato migliaia di catecumeni, intessuto legami di amicizia con tutti, anche non vari leader non cattolici… e s’è fatto amare dalla gente. È riuscito perfino a continuare a insegnare religione e fare catechismo in una scuola di 2.000 scolari e studenti, anche sotto il regime Marxista-comunista del Derg, con il tacito assenso delle autorità locali.
Alla fine del 2022, padre José da Silva Vieira, comboniano portoghese, anch’egli in Etiopia, in occasione delle “nozze d’oro” di padre Giuseppe con la missione comboniana in Etiopia, gli chiede di raccontargli la sua vita. Giuseppe dà libero sfogo ai ricordi e racconta. P. Joe prende appunti, che poi digita tutto sulla tastiera di un computer e invia a Roma via e-mail. [Potrete leggerete le “gesta” di padre Giuseppe nel prossimo numero di MCCJ Bulletin].
La salute di padre Giuseppe si aggrava. Gli diagnosticano un cancro prostatico. Non si compone più di tanto: esegue controlli medici periodicamente e assume regolarmente le medicine prescritte. All’inizio di gennaio 2023, confida all’infermiera che si sta prendendo cura di lui che avverte che la sua vita sta terminando: il cancro si è esteso con numerose metastasi. Si sente molto debole. Padre Asfaha Yohannes Weldeghiorghis, il superiore provinciale, si reca ad Hawassa e lo convince ad andare alla capitale per ulteriori controlli. I due prendono un volo aereo lo stesso giorno, ma Padre Giuseppe non vuole andare subito all’ospedale: rimane nella comunità provincializia fino alla notte dell’11 gennaio, quando, nel tentativo di alzarsi dal letto, cade per terra. Lo soccorrono. Lui dice che non è nulla di grave, e che gli è capitato di cadere anche nella cappella di Morocho, mentre scendeva i gradini del presbiterio per andare ad offrire la Comunione ai fedeli. Viene però portato al Landmark Hospital di Addis Abeba. Due giorni dopo, il giorno 13 gennaio, il suo cuore si ferma.
Nel pomeriggio del 15 gennaio, immensa è la folla che partecipa ai funerali di padre Giuseppe, nella cattedrale di Hawassa. Sono presenti quasi tutti i sacerdoti e i religiosi del vicariato.
Il 29 gennaio, nella parrocchia di Pieve di Livinallongo, luogo natale di padre Giuseppe, è stata celebrata una messa funebre per lui, presieduta dal decano Rev. Andrea Costantini, grande amico di padre Giuseppe. L’ufficio missionario della diocesi di Brixen-Bolzano, invece, ha pianificato una grande celebrazione in ricordo di padre Giuseppe il 12 febbraio, a Oies, paese natale di San Josef Freinademetz (1852–1908), missionario della Società del Verbo Divino, missionario in Cina.
Alla notizia della morte di padre Giuseppe, padre Giacomo Bellini, altro grande pioniere delle missioni comboniane in Eritrea ed Etiopia (vi ha lavorato dal 1961 al 2017), oggi “a riposo” nella casa di Accoglienza per Confratelli anziani di Rebbio (CO), ha digitato sulla sua vecchia Olivetti 22 le seguenti parole: «La morte di padre Giuseppe Detomaso mi addolora molto. Ci siamo trovati insieme per vari anni nelle missioni del Sidamo. Lo ricordo come un confratello generoso, comprensivo e di valido aiuto in situazioni difficili, sempre attento alle esigenze di coloro che erano con lui, sia che fossero confratelli etiopici o di altre nazionalità, a prescindere dall’incarico che essi coprivano in missione. Era davvero di carattere buono e molto pratico. Mi piace raffigurarlo come uno scalatore che affronta per primo ripide pareti rocciose, piantando chiodi – uno dopo l’altro – per rendere la scalata più facile a chi verrà dopo di lui. In questo suo ruolo di apri-pista era sempre guidato da grande equilibrio, tanto da diventare un “provetto equilibrista” nelle situazioni più impervie. Il Signore, che lo ha chiamato, lo premierà di certo per il bene da lui compiuto per diffondere il Vangelo».
E il “record” di padre Giuseppe? Nell’ultimo Annuario Comboniano appare una “ET”, seguita dalla data (1972), e a questa è appoggiato un trattino (-), che è rimasto a lungo in attesa di una seconda data per indicare un passaggio a una nuova provincia. Che non c’è mai stato. Sta in quel trattino brevissimo, che però ha assunto la lunghezza di 50 anni senza interruzione, il “record” di padre Giuseppe. Arrivò in Etiopia nel 1972 e, per oltre mezzo secolo, non s’è mai mosso dall’Etiopia. Ci arrivò un giorno, si innamorò subito di “lei”, l’ha fatta sua, e non l’ha più lasciata. Se non per volare nella sua nuova “provincia” del Paradiso.